Interni
Dopo decenni di processi farsa e depistaggi, parlano i familiari delle vittime di una tragedia che grida ancora giustizia. E denunciano: “andiamo a cercare i soldi, e troveremo la verità su questa strage”.
Lo sciopero generale dell’11 ottobre dovrebbe essere l’inizio di un percorso conflittuale nei luoghi di lavoro e nella società. Una prima riflessione sulla giornata di lotta.
I massimi esperti in materia affermano che non abbiamo affrontato in maniera adeguata la pandemia e che se non cambiamo rotta fenomeni di questo genere potrebbero ripetersi.
Nel capoluogo piemontese la Sinistra si presenta compatta, proponendo un esempio di coalizione a cui guarda tutto il resto d’Italia.
Mentre i pasdaran confindustriali tornano a licenziare imperversa il dibattito sul green pass. Norme confuse e contraddittorie con il diritto sempre più lontano dall’obiettivo di salvaguardare la salute pubblica e invece assai attento alle ragioni del profitto.
L’offensiva di classe del padronato e la ritirata precipitosa dei sindacati consociativi (Cgil-Cisl-Uil) producono la macelleria sociale funzionale a ripresa e resilienza. Necessario un fronte di classe contro la repressione del capitale.
L’idea di una città senza barriere di classe, con non solo i servizi, ma anche la bellezza che arriva nelle periferie; l’opposizione a Tav e grandi opere; la lotta alla precarietà del lavoro: Angelo D’Orsi si candida a sindaco di Torino per riportare la sinistra alla guida della città e salvare Torino dal “Sistema Torino”.
La rimozione del blocco dei licenziamenti è il presupposto per ridefinire un modello più efficiente di capitalismo; pubblica amministrazione “on demand”: la migliore offerta di Brunetta per il padronato; la predisposizione politica di Draghi e la volata alle destre, l’elmetto in testa: l’euroatlantismo è Nato.
La proposta di Letta: riformare la sovranità costituzionale per adeguarla al polo subimperialistico europeo; la dichiarazione di obbedienza euroatlantica e l’allineamento al sionismo; l’egemonia confindustriale: da settembre la fine del blocco dei licenziamenti e l’accelerazione di riforme antipopolari; una alternativa è possibile? Va costruita sul piano sociale sul piano politico.
Il capitalismo in crisi nel XXI secolo abbandona il pensiero liberaldemocratico, che aveva costituito l’ideologia prevalente nei paesi capitalistici più avanzati, per volgersi verso una ideologia elitaria in cui la vita di ciascuno è tenuta sempre più sotto controllo.
L’applicazione dei criteri del capitalismo al mondo dell’istruzione e della cultura ha prodotto quella che Adorno chiamava la Halbbildung, la formazione decapitata, ovvero riprodotta in catena di montaggio e venduta come qualsiasi altra merce.
In Toscana i poteri economici dettano alla Regione le leggi in loro favore. Ma talvolta c’è dietro la ‘ndrangheta. I motivi della contiguità tra mafia, politica e capitale.
La dura realtà della lotta di classe non scompare ideologicamente, se chi è storicamente più debole la nega, perché questo non può che favorire il più forte, che potrà portare avanti la lotta di classe in modo unilaterale e indisturbato.
Si chiariscono gli obiettivi del nuovo presidente del Consiglio: oltre a gestire l’emergenza sindemica (sanitaria e sociale), il “lavoro sporco” consiste nell’avviare profonde riforme “istituzionali” per rimuovere le residue resistenze a difesa delle tutele sociali costituzionalmente garantite
Non appena eletto, Letta ha immediatamente messo la pietra tombale sulla proposta di legge democratica proporzionale, rilanciando il maggioritario uninominale liberale, che consegnerà la maggioranza assoluta del prossimo governo a Lega, post fascisti e berlusconiani.
Si sono svolti nei giorni scorsi gli espropri che la franco-italiana Telt ha messo a segno per l’allargamento del cantiere in Val Clarea, a due passi dal borgo di Chiomonte, alta Val Susa.
La ripresa della lotta di classe dal basso verso l’alto facilita da sempre l’unificazione dei marxisti, ma nell’attesa va praticata una comune linea d’azione e la lotta contro i gruppi dirigenti autoreferenziali.
I caratteri fondamentali marcati dal governo Draghi sono soprattutto in politica estera, con una forte sottolineatura europeista e con il rafforzamento della collocazione atlantista; si sta costituendo un blocco sociale modernizzatore e reazionario, che può consolidarsi attraverso le riforme annunciate dal presidente del Consiglio.
Tutti i principali demagoghi e populisti che hanno caratterizzato la seconda repubblica italiana sono divenuti i più convinti sostenitori del governo tecnico di Mario Draghi, da Silvio Berlusconi a Matteo Renzi, da Beppe Grillo a Matteo Salvini.
La crisi aperta da Renzi e Italia Viva, con la soluzione dell’incarico a Draghi ha permesso il ritorno di esponenti della borghesia padronale rappresentata da Forza Italia e dalla Lega; Draghi ha costruito un esecutivo con un doppio livello, in cui le leve strategiche economiche e dell’innovazione e delle infrastrutture sono nelle mani di uomini fedeli a Draghi, mentre la gestione dell’esistente è affidato a ministri politici su cui si scaricheranno le tensioni tra le forze politiche. Non si tratta di ricostruire la “sinistra”, ma un progetto di transizione al socialismo con la costituzione di un fronte di lotta sociale e politico.
Il nuovo governo nasce attraverso un ulteriore scardinamento dello spirito democratico della Costituzione, in continuità con la deriva bonapartista e il commissariamento delle politiche economiche da parte dei poteri forti al fine di implementare, con una nuova controriforma dell’istruzione, la precarizzazione del lavoro.
Un governo al servizio degli interessi del grande capitale che metterà in atto un’aggressione violenta alle condizioni già critiche della classe lavoratrice. Una tecnocrazia al potere che sta ipotecando la sovranità popolare. Se non ora, quando unire le forze di tutta la sinistra di classe per organizzare un ampio fronte di opposizione?
Il confronto dell’attuale emergenza pandemica con la passata emergenza “morale” della vicenda Mani Pulite fa capire come, al di là della narrazione mistificata e nell’appiattimento acritico dello scenario politico anche di campo “progressista”, i governi tecnici rappresentano l’intervento diretto delle oligarchie finanziarie ed economiche per indirizzare a loro vantaggio, in momenti cruciali, le scelte economiche e sociali fondamentali del paese.
Biagio Agnes, figlio di un capotreno delle Ferrovie dello Stato, è stato giornalista, dirigente pubblico e dirigente d’azienda italiano. Nel 2002, per la precisione l’11 dicembre, è chiamato a deporre dinanzi alla Commissione parlamentare di inchiesta sull’affare Telekom-Serbia in qualità di presidente pro tempore di Stet. Il colloquio tra il presidente della Commissione e Agnes, segnalatomi dal compagno Angelo Ruggeri e disponibile online, è illuminante su chi sia il nostro futuro presidente del consiglio, il dott. Mario Draghi. Ne riporto le parti salienti.
Il mondo della finanza, ufficialmente al potere col governo Draghi, tenta di salvare il sistema capitalistico morente, in contraddizione con la distruzione del genere umano e del pianeta stesso che tale sistema implica strutturalmente.
Mario Draghi potrebbe essere l’uomo con il profilo e la reputazione per chiedere una sorta di “pieni poteri”, sottraendosi agli agguati e ai velenosi intrighi di “palazzo”: l’anticamera per la ristrutturazione in chiave presidenzialista del sistema democratico parlamentare. La situazione che si è creata ha tutte le caratteristiche della destabilizzazione del sistema politico-istituzionale, mentre è del tutto assente una sinistra di classe, strutturata in un blocco sociale alternativo, costituita in un fronte politico anticapitalista.
La costituzionalista Alessandra Algostino illustra una serie di perplessità sullo Stato di emergenza in cui ci troviamo e sul suo prolungamento, trasformando la sua eccezionalità in normalità.
L’avventurismo politico del leader di Italia Viva non si spiega solamente con motivi psicologici, ma con l’interesse a gestire le risorse proveniente dall’Unione Europea e toglierle dalle mani di Conte e del Movimento Cinque Stelle.
Da dove nasce il revisionismo storico e come si materializza la perdita della memoria collettiva a partire dalla lettura distorta del presente. Non liberarsi dal peso del passato ma riattualizzarlo dentro la odierna contraddizione tra capitale e lavoro.
A dominare incontrastato è ancora una volta il trasformismo, al punto che l’attuale classe dirigente di maggioranza e opposizione non appare nemmeno in grado di fare i reali interessi della classe dominante nel suo insieme.