La Catalogna, la seconda Comunità autonoma più popolosa dello stato spagnolo e una delle più ricche, voterà il primo Ottobre per un referendum sull'indipendenza. Un referendum che lo stato spagnolo considera illegale.
Dal Patto al referendum
“Vuoi che la Catalogna sia uno stato indipendente nella forma di una repubblica?”, questo è il quesito su cui voteranno i Catalani, come annunciato dal presidente catalano Puigdemont, a capo di un governo di “grande coalizione per l'indipendenza”: fanno parte del governo i liberali conservatori di Convergenza Democratica per la Catalogna (CDC), i socialdemocratici di Sinistra Repubblicana Catalana (ERC) e gli indipendenti del Movimento di Sinistra. Il governo catalano è sostenuto dall'esterno dalla lista anticapitalista Candidatura di Unità Popolare (CUP).
Il processo verso il referendum non ha coinvolto però solo i partiti di governo. Un Patto Nazionale per il Referendum è stato sottoscritto tra i gruppi di CDC, ERC e CUP, insieme al gruppo parlamentare Catalogna, Sì che si Può (CSQP), l'alleanza a livello catalano di Izquierda Unida, Podemos e Verdi. Il Patto ha poi raccolto più di mezzo milione di firme tra i cittadini.
Negli ultimi anni il sentimento indipendentista è cresciuto in quasi tutti i settori sociali. Nel 2014 si era già tenuto un referendum consultivo in cui l'80% degli elettori si era espresso per l'indipendenza. Aveva però votato solo il 43% degli aventi diritto. Ora i sondaggi segnalano che più del 70% dei Catalani ritiene legittima la convocazione unilaterale del referendum. Quanto al voto nel merito, alcuni sondaggi riportano in vantaggio l'indipendenza, altri no. Rimane ovviamente una grossa quota di indecisi e la stessa natura legale o illegale del referendum potrebbe cambiare le posizioni.
Le sinistre e i comunisti
Nel complesso quadro politico catalano e dello stato spagnolo, le forze anti-sistema stanno prendendo posizione. Sono a favore del referendum le già citate ERC e CUP, che insieme lavorano nell'alleanze Sinistre per l'Indipendenza, al cui interno si trovano svariate organizzazioni locali e anche il coordinamento dei sindacalisti per l'indipendenza che operano all'interno delle Commissioni Operaie, lo storico sindacato comunista.
La convocazione unilaterale diventa però un problema per le forze di sinistra che avevano sottoscritto il Patto Nazionale a condizione che il referendum sarebbe avvenuto con tutte le garanzie democratiche. Cominciamo da Catalunya En Comú (CEC), la formazione di sinistra unitaria nata sulla scie dell'amministrazione di Ada Colau a Barcellona e del gruppo CSQP. Di CEC fanno parte Podemos, Sinistra Unitaria e Alternativa (EuiA, sezione locale di Izquierda Unida), l'Iniziativa dei Verdi Catalani e una serie di personaggi indipendenti.
La reazione di Catalunya en Comú al referendum è stata specificare che il referendum è legittimo, ma deve essere svolto con tutte le garanzie democratiche. Secondo Domenech, il coordinatore di CEC, “il referendum si deve fare, ma deve essere fatto bene”, e chiede che ci sia il giusto tempo per dare delle forme di garanzia, “altrimenti non è un referendum, è una mobilitazione”. Secondo Domenech, le garanzie democratiche possono essere garantite o dal Tribunale Supremo della Catalogna oppure dalla Commissione di Venezia, un organo del Consiglio d'Europa, e sarebbe opportuno rinviare la data del voto per ottenere almeno una delle due garanzie.
Tra le forze politiche dello stato spagnolo, Podemos segue la linea dei suoi alleati catalani, ma con toni molto più aspri. Secondo Errejon, braccio destro di Iglesias, è legittimo che la Catalogna consulti i suoi cittadini, aggiunge però che “perchè sia un referendum, bisogna che ci sia il riconoscimento internazionale” e che “ci sia l'accordo con il governo spagnolo, e che si riesca a portare alle urne una larghissima maggioranza del popolo catalano”. Senza queste condizioni Errejon dubita che “la consultazione unilaterale che è stata convocata possa essere un referendum”.
Sulla questione catalana esistono posizioni molto diverse all'interno di Podemos, alle elezioni catalane del 2015 il partito seguì una linea strettamente anti indipendenza, orientandosi verso un tentennante “diritto a decidere” solo in seguito. La corrente trotzkista di Podemos si è smarcata e appoggia esplicitamente il referendum unilaterale.
Secondo il Partito Comunista Spagnolo (PCE), che comincia ora la seconda sessione del suo XX Congresso, la convocazione unilaterale del referendum è una conseguenza del rifiuto del dialogo da parte del governo spagnolo guidato dal conservatore Rajoy. Il PCE rivendica di aver aderito al Patto Nazionale ma critica la convocazione unilaterale, giudicata una strada senza uscita. I comunisti rimarcano la posizione di rottura con la costituzione vigente nello stato spagnolo e sostengono la necessità di un processo costituente per la formazione di una repubblica federale.