Quale giustizia in Israele?

Repressione delle manifestazioni di protesta, crimini di guerra e violazione dei diritti umani.


Quale giustizia in Israele?

GINEVRA. Il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha una decisione importante da sostenere, ovvero l’istituzione della commissione d'inchiesta che stabilisca se crimini di guerra siano stati compiuti nella repressione dei manifestanti a Gaza. Si ricerca verità e giustizia, quello che gli avvocati israeliani chiamati a difendere i diritti dei palestinesi tentano di discutere nelle corti israeliane e davanti all'opinione pubblica dello Stato ebraico. L'appello per l'istituzione della commissione d'inchiesta è stato proclamato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite dopo la prima manifestazione di Gaza denominata “grande marcia del ritorno” e il primo morto ucciso dai proiettili dei cecchini dell'esercito israeliano.

La dignità delle persone prima di tutto. Questo sembra sotteso alle iniziative diplomatiche in corso a New York per il Consiglio di sicurezza dell'ONU, una missione impossibile dopo il rifiuto di Washington al progetto di commissione di inchiesta che a Ginevra il Consiglio per i diritti umani ha valutato di istituire.

Da più parti è stata sottolineata la necessità di una seria revisione pratica della giustizia israeliana. Il ricorso alla Corte Suprema per conto di quattro organizzazioni che difendono i diritti umani (Yesh Din, Associazione dei Diritti Civili in Israele, Gisha, HaMoked) rappresenta un segnale di timida reazione della società israeliana. Per esempio, l’ONG Yesh Din (‘Volontari per i diritti umani’) ha lanciato una petizione contro le misure adottate dall’esercito in occasione della commemorazione per il 70° anniversario della creazione dello Stato di Israele.

Quali sono le principali accuse mosse al sistema giudiziario israeliano? I tribunali dovrebbero chiarire le attuali regole di ingaggio dell'esercito, in particolare le regole sull’uso delle munizioni vere, in gran parte illegale. È stato sostenuto, secondo il diritto internazionale e la legge israeliana, che l'uso di proiettili veri è consentito soltanto come ultima risorsa, quando sussiste una minaccia imminente per la vita. In teoria, dunque, l'attuale regolamentazione vieta ai militari di aprire il fuoco su civili disarmati che, come si può immaginare, è difficile che possano rappresentare un pericolo imminente. L’esercito ha a disposizione numerosi mezzi non letali che consentirebbero ai militari di disperdere le manifestazioni senza provocare un massacro. Tuttavia, questo tipo di azione viene qualificata dai militari come difesa da "agitatori chiave", cioè coloro che si trovano troppo vicini alla recinzione che separa Israele dalla Striscia di Gaza. In pratica, l’esercito ha carta bianca.

Il sistema giudiziario israeliano è oggetto di molte influenze. I partiti di destra, politici e gruppi illiberali e ultranazionalisti hanno avviato da tempo dure campagne contro i tribunali, considerati spesso come un ostacolo ai loro obiettivi politici.

Campagne che violano i diritti umani dei palestinesi nei territori occupati, ma anche dei cittadini israeliani contrari alla politica del governo o dei rifugiati dall'Africa.

Attualmente manca qualsiasi pressione politica efficace per dare potere al parlamento di cancellare una legge nel caso venga ritenuta incostituzionale dalla Corte Suprema, la più alta istanza della giustizia in Israele.

Nel frattempo cresce la reazione della popolazione israeliana all'elevato numero di morti e feriti palestinesi a Gaza. Rispetto al passato, esistono oggi più persone sfidano le opinioni e le azioni del governo in questi scontri. Rimane il fatto che, però, la maggior parte degli israeliani vede ciò che i media mostrano cioè informazioni sugli eventi di Gaza presentati a una sola dimensione: violenti militanti di Hamas che cercano di abbattere la recinzione per assalire centinaia di migliaia di persone in Israele e per massacrare i suoi abitanti.

Intanto il presidente USA Trump sposta l’ambasciata del suo Paese a Gerusalemme.

26/05/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Guido Capizzi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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