Le ipotesi di guerra tra Ucraina e Russia

Non è facile prevedere come finirà lo scontro tra Stati Uniti, Nato e Ucraina da una parte e Russia dall’altro, ma forse si possono capirne le ragioni.


Le ipotesi di guerra tra Ucraina e Russia

Per settimane, gli Stati Uniti e soprattutto il Regno Unito, con la Nato, hanno alimentato forti tensioni nel cuore dell’Europa, accusando la Russia di ammassare truppe e armi ai confini con l’Ucraina e di preparare un’invasione imminente della ex repubblica sovietica istituita nel 1922, in precedenza facente parte parzialmente dell’impero zarista. Invasione che, poiché non è avvenuta, ora è prevista da questi grandi strateghi per l’anno prossimo. Paradossalmente l’attuale presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il quale da attore si è assai rapidamente trasformato in politico sulla scia della fortuna del suo programma televisivo Servitore del popolo, ha negato che un’invasione russa sia imminente e ha invitato la Nato a non seminare il panico.

In una conferenza stampa, tuttavia, Zelensky ha ribadito la pericolosità della Russia, ma ha anche affermato che a suo parere quest’ultima non si è fatta più aggressiva che in passato e che il suo paese in questo momento deve affrontare la grave crisi economica in cui si trova.

Analogamente il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha respinto la possibilità di un’invasione russa, sottolineando che il numero di soldati russi ammassati lungo il confine con l’Ucraina è insufficiente per un’offensiva su vasta scala lungo l’intero confine ucraino, non essendo questi nemmeno dotati di adeguati sistemi militari per portare a termine un’operazione del genere. 

Se non capiamo male, gli stessi capi ucraini ci fanno intendere che la propaganda di guerra della Nato diffonde un mucchio di bugie per alimentare tensioni in un’Europa già stremata dalla pandemia (ad oggi 1.721.360 morti). Tuttavia, queste bugie gettano luce sull’aggressività degli Usa in declino. Per esempio, l’ex colonnello dell’esercito statunitense Alexander Vindman, coinvolto nei colloqui tra Stati Uniti e Ucraina, ha dichiarato al canale televisivo Msnbc che l’aggressione russa deve essere fermata con una guerra della Nato per difendere l’Ucraina. Insistendo irresponsabilmente su questo tema, ha aggiunto che stiamo per avere la più grande guerra in Europa dalla Seconda guerra mondiale. Ha addirittura previsto un massiccio dispiegamento di potenza aerea, artiglieria a lungo raggio, missili da crociera, nelle sue parole “cose che non si sono viste nel panorama europeo da più di 80 anni”. 

Ho trovato queste terribili informazioni nel sito del World Socialist Web Site che invito i lettori a consultare per la sua accuratezza e precisione. 

Come è noto, sono stati fatti vari passi per risolvere il conflitto: gli Stati Uniti hanno risposto in maniera insoddisfacente alle richieste russe di non espandere ulteriormente la Nato e c’è poi stata una riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu; aspettiamo ora la controrisposta russa, ma non sembra che gli yankee abbiano veramente voglia di dialogare, tenendo in conto le ragionevoli esigenze dell’avversario.

Tornando in medias res, da parte sua, Zelensky ha affermato di essere pronto anche a incontrare Putin nel tentativo di giungere a un compromesso, anche se – ricordiamo – è stata proprio l’Ucraina a non rispettare gli accordi di Minsk, come d’altra parte essa stessa riconosce, i quali prevedevano tra l’altro il rispetto dell’autonomia delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk. Ricordo che l’attuale regime ucraino è frutto di un un colpo di Stato di estrema destra, sostenuto da Washington, che ha rovesciato il precedente governo filorusso nel 2014.

In questa difficile situazione, in cui due potenze discutono del destino di un paese “sovrano”, come al solito l’Unione Europea, divisa e incerta, lascia che la sua sicurezza e gli interessi della sua popolazione vengano contrattati da due attori esterni in un patteggiamento destinato molto probabilmente all’insuccesso, data la radicale incompatibilità degli obiettivi della Russia e degli Stati Uniti. E ciò soprattutto per l’incapacità di svincolarsi dalla subordinazione agli Usa per stabilire relazioni pacifiche con la Russia, le cui materie prime sono indispensabili al funzionamento della sua economia. 

Per esempio, la Germania, maggiore potenza europea, per i suoi stretti rapporti economici e commerciali con la Russia si mostra alquanto titubante. Ha fatto sapere che non permetterà che attraverso il suo spazio aereo passino armi offensive da impiegare in un eventuale conflitto. Il suo ministro dell’economia, Robert Habeck, dei Verdi, si oppone a che la Russia – come vorrebbero gli Stati Uniti – venga fatta fuori dal sistema finanziario Swift usato in tutto il mondo dalle banche. A suo avviso occorre trovare nuovi spazi per il negoziato che possano favorire la soluzione del conflitto. Nel caso in cui fossero approvate tali sanzioni, il ministro degli esteri russo, Sergey Lavrov, ha già fatto sapere che la Russia romperà le relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti.

Più netti sono stati gli esponenti politici dell’Ungheria e della Croazia. Il ministro degli esteri ungherese ha affermato che non intende inimicarsi la Russia e che non appoggerà l’Ucraina, nel cui territorio la minoranza ungherese è fortemente discriminata. Il presidente della Croazia ha dichiarato, invece, che, in caso di conflitto, ritirerà le proprie truppe dai contingenti Nato stanziati nell’Europa orientale.

Molte sono le ragioni dell’aggressività della superpotenza americana, alla quale sarebbero graditi la frammentazione della Russia in vari stati, in modo da renderla più docile, e magari un ritorno alla fase precedente all’ascesa di Putin, quando i consiglieri economici, impregnati dell’ideologia neoliberista, e gli assessori militari statunitensi tenevano sotto sorveglianza il paese euroasiatico [1]. 

Inoltre, bisogna tener conto del fatto che, dallo scioglimento dell’Unione Sovietica nel 1991, la Nato ha esteso i suoi confini a 800 miglia a est, incorporando Polonia, Ungheria, Cechia, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia, Croazia, Montenegro e Nord Macedonia. Nel 2021, la Nato ha ufficialmente riconosciuto la stessa Ucraina come “aspirante membro” e anche Svezia e Finlandia stanno valutando la possibilità di aderire all’alleanza antirussa. Non si può negare, quindi, che la Russia si trovi a essere accerchiata.

L’indebolimento della Russia, la cui economia è in crescita nonostante la pandemia, è sollecitato dagli appetiti geopolitici degli Stati Uniti e della Nato, ma nello stesso tempo la crescita della tensione in Europa è utile anche per sviare l’attenzione della popolazione dai gravissimi problemi di questi paesi, i cui cittadini si stanno impoverendo, si sentono ingannati dalla classe politica e addirittura rinunciano a lavorare [2]. E ciò per le spaventose condizioni lavorative, per la progressiva eliminazione delle misure volte al contenimento della pandemia, che rendono sempre più pericoloso lavorare e che stanno fomentando manifestazioni e proteste ovunque. In definitiva, il sogno americano e quello europeo di un continente senza guerre (se mai esistito) è in frantumi e non credo che nessuno abbia voglia di raccoglierne i pezzi.

Alcuni analisti propongono una lettura più complicata del conflitto innescato dalla Nato, cui i paesi componenti, come gli stessi Stati Uniti e il Regno Unito, non parteciperanno, limitandosi a inviare aiuti come stanno già facendo. Essi dunque saranno coinvolti solo indirettamente, mentre l’Ucraina, infinitamente più debole militarmente, si troverà a competere faccia a faccia con la Russia. Invece, quest’ultima sarà gettata in una guerra che non vuole contro un popolo fratello, guerra che – nelle intenzioni dei suoi fautori – le creerà molti problemi interni ed esterni e che potrebbe addirittura mettere in discussione il regime di Putin

In questo nuovo ipotetico scenario l’alleanza, anche militare, russo-cinese sarebbe indebolita, giacché la Cina si troverebbe a fronteggiare da sola la vorace aggressività statunitense. Pertanto, non ci sorprende che i cinesi si siano immediatamente schierati con la Russia e in maniera aperta, soprattutto perché preoccupati che gli Stati Uniti fomentino analoghe tensioni tra la Cina e Taiwan. 

In un articolo di Hu Xijin, intitolato Se gli Stati Uniti provocano la Cina o la Russia, l’altro non sarà indifferente, il “Global Times”, un giornale vicino all’esercito cinese, ha reso noto che la Russia non si trova sola dinanzi all’attacco statunitense e che il popolo cinese la sosterrà, perché consapevole che la sconfitta della Russia non porterebbe nessun bene alla Cina. 

Mentre i negoziati continuano nell’ombra, gli Stati Uniti hanno proposto alla Russia un accordo secondo il quale entrambi paesi si impegnerebbero a non installare in Ucraina missili offensivi da terra e forze permanenti per missioni di combattimento, ma nello stesso tempo hanno comunicato che si rifiutano insieme alla Nato di bloccare l’ingresso di Kiev nel Patto Atlantico.

In questo scenario alquanto problematico i portavoce del Pentagono e del Dipartimento di Stato hanno annunciato il 3 febbraio che la Russia starebbe organizzando un attacco sotto falsa bandiera in Ucraina, ipotesi che i russi definiscono creativa. Intanto, Putin si è recato in Cina per rafforzare l’alleanza con il paese asiatico e per siglare un contratto per la vendita di 10 miliardi di metri cubi di gas nel corso dei prossimi 10 anni, oltre che ribadire insieme a Xi Jinping la scelta del multilateralismo. Chi farà la prossima mossa?

 

Note: 

[1] In una recente conferenza stampa Putin ha ricordato che nel 1918 un consigliere di Woodrow Wilson affermò che la sicurezza mondiale sarebbe stata assicurata se la Siberia si fosse staccata dalla Russia per costituire uno Stato autonomo, e se in Europa si fossero formati altri quattro Stati indipendenti dal grande paese euro asiatico. La frammentazione della Russia è, dunque, un disegno antico, ed è necessaria per saccheggiare liberamente i suoi territori.

[2] Questo fenomeno è noto con il nome di Great Resignation e sembri che finora ha riguardato negli Stati Uniti 20 milioni di persone. V. https://en.wikipedia.org/wiki/Great_Resignation.

 

 

11/02/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Alessandra Ciattini

Alessandra Ciattini insegna Antropologia culturale alla Sapienza. Ha studiato la riflessione sulla religione e ha fatto ricerca sul campo in America Latina. Ha pubblicato vari libri e articoli e fa parte dell’Associazione nazionale docenti universitari sostenitrice del ruolo pubblico e democratico dell’università.

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