Non è dato sapere, siamo al 19 marzo, quanto durerà, e con quali esiti, la guerra in Ucraina e se nell’arco di pochi giorni arriverà l'accordo tra i contendenti per tacitare le armi.
Ad oggi constatiamo, e non solo noi per fortuna, un fuoco incrociato propagandistico. Se le notizie provenienti dalla Russia sono tacitate dalla censura che ha colpito anche i corrispondenti a Mosca, dall’altra arrivano fiumi di informazioni molte delle quali infondate. È il caso del teatro di Mariupol. Sulle pagine de “Il Fatto Quotidiano” viene smentita la carneficina denunciata da agenzie di stampa ucraine. Non è dato sapere il numero dei morti civili e militari, i numeri diffusi sono da prendere con beneficio di inventario e andrebbero vagliati con l’analisi delle fonti che invece risultano a senso unico.
Questa premessa è indispensabile. Già Eschilo, nel V secolo a.C. scriveva “la prima vittima della guerra è la verità”.
La propaganda di guerra mira a indirizzare le posizioni dell’opinione pubblica nei paesi del capitalismo occidentale, farlo è da sempre fondamentale per vincere, o perdere, una guerra, per giustificare scelte economiche dietro alle quali si celano sacrifici, fiumi di denaro e scenari geopolitici in continua evoluzione.
Il governo Russo ha disposto il sostanziale blocco dei principali social media; il parlamento ha approvato, senza voti contrari, una legge che prevede fino a 15 anni di carcere per chi diffonda informazioni false sulle forze armate russe.
In Occidente sono stati rimossi corrispondenti sgraditi e intellettualmente onesti che onorano la loro professione giornalistica. Il blocco dei canali russi è la risposta a quelle che vengono definite fake news e informazioni false e tendenziose.
Occidente e Russia rispondono con armi analoghe, se un cittadino volesse comprendere gli avvenimenti dovrebbe trascorrere ore alla ricerca di fonti, vagliarle e confrontarle con altre, per questo l’informazione spicciola mainstream risulta efficace, snella e diretta, informazione funzionale al sostegno militare ed economico all’Ucraina.
I media giocano un ruolo nevralgico e i sondaggi diffusi in questi giorni preoccupano non poco i fautori della fly zone o della annessione alla Ue dell’Ucraina. Per questo l’informazione a senso unico diventa sempre più martellante per accrescere lo sdegno, condizione essenziale per suscitare nell’opinione pubblica la paura della guerra che poi si traduce nella supina accettazione dei sacrifici economici e delle ragioni di una parte (il fronte occidentale, la Nato e l’Ucraina)
Troppe le verità taciute. Per esempio l’interdipendenza tra Ucraina e Russia nel campo energetico: l’Ucraina prende dalla Russia gas naturale e carburante per le sue quattro centrali nucleari, dalle quali dipende oltre la metà della produzione nazionale di energia. Se l’Ucraina chiudesse i gasdotti di Gazprom non avrebbe la principale fonte di approvvigionamento energetico. La stessa Ue dipende dalle forniture di gas e petrolio russo. Il mondo multipolare e interdipendente sarà sicuramente stravolto da nuovi equilibri economici e geostrategici, ma da qui a ipotizzare cambiamenti repentini corre grande differenza.
Già in passato, tra il 2014 e il 2015 la Russia era stata esclusa dallo Swift, il sistema di regolazione delle transazioni globali basato sul dollaro ed ergo controllato dagli Usa. La guerra in Ucraina è iniziata proprio in quel periodo con le carneficine nel Donbass.
Negli scenari attuali a guadagnarci sono gli Usa che rafforzano la propria moneta ed economia. Non altrettanto potremmo dire della Ue che, in piena crisi, aumenta di oltre il 2% del Pil le proprie spese militari e dovrà acquistare a costi elevati i prodotti energetici nell’immediato futuro se persevereranno le sanzioni contro la Russia
La guerra attuale ha già cancellato, in poche settimane, l’1,4% del Pil europeo. Ci sarà bisogno di un nuovo Pnrr. Le misure per calmierare o contenere l’impennata dei prezzi non basteranno a fronteggiare una crisi economica e sociale che potrebbe avere impatti negativi sulle sorti politiche ed economiche dell’Ue. Questo lo sanno bene i capi di Stato del vecchio continente anche se la loro partecipazione al riarmo e alla guerra diventa una condizione essenziale per la loro stessa sopravvivenza politica.
Ma dalla guerra in corso l’Ue ha molto da perdere, come i paesi emergenti e a basso reddito proprio in virtù del rincaro delle tariffe energetiche.
L’euro come valuta di riserva sta perdendo colpi. L’economia americana crescerà in maniera maggiore di quella Ue e si acuirà il divario tra Usa e vecchio continente.
“Il Sole 24 Ore” spiega, il 18 marzo, gli impatti della guerra. Fra i Paesi dell’Ue, nel caso di una riduzione del 20% delle importazioni di energia dalla Russia, i più penalizzati sarebbero Lituania e Grecia (con una perdita di quasi 2,5 punti di Pil). Ungheria, Portogallo, Polonia, Austria potrebbero veder sfumare almeno l’1,4% del Pil atteso per quest’anno. Per Spagna e Italia l’impatto sarebbe superiore a un punto di Pil. Va leggermente meglio a Germania e Francia.
Ma altre conseguenze, ancor peggiori, riguarderanno i paesi meno sviluppati, per esempio le aree mediorientali, per le quali il grano proveniente da Russia e Ucraina rappresenta i tre quarti delle importazioni totali; se dovessero venire meno, saremmo davanti a un disastro umanitario e a una crisi sociale con ripercussioni negative sulla pax americana imposta in quell’area geografica. Per non dimenticare le conseguenze della guerra imposta da Ue e Francia e supinamente accettata dall'Italia, ricordiamoci la deflagrazione della Libia con conseguenze nefaste per quel popolo e per l’emergenza profughi e migranti sulle coste italiane.
Russia e Ucraina sono le principali esportatrici di mais e di grano. Se dovessimo indirizzare gli acquisti di questi prodotti al continente americano ci ritroveremmo davanti a prodotti Ogm e anche la tanto decantata autonomia dell’Ue entrerebbe in crisi.
Questi scenari fanno intendere come dietro a questa guerra si nascondano interessi economici e geostrategici di grande impatto e tali da cambiare gli equilibri fino ad oggi esistenti. Restiamo convinti che da questa guerra abbiano tutto da perdere non solo i popoli russi e ucraini ma anche le economie europee che soffiano sul fuoco bellico con il rifornimento delle armi.
Ma ancora più evidente è il fatto che a guadagnare da questa guerra siano gli Stati Uniti, il dollaro e la loro supremazia, tutto da dimostrare invece che la subalternità dell’Ue a Usa e alla Nato sia alla fine di aiuto per le economie del vecchio continente.