La sinistra francese dopo il voto alle legislative

Il voto francese segna la sconfitta di Macron e l’emersione della coalizione guidata dalla sinistra radicale di Mélenchon.


La sinistra francese dopo il voto alle legislative

C’è un vento di sinistra in Francia. O quanto meno la coalizione di Macron, il quale solo pochi giorni fa aveva trionfato alle presidenziali, perde un terzo del proprio elettorato nelle elezioni per il rinnovo del Parlamento a vantaggio del Nupes di Mélenchon (socialisti, ecologisti, comunisti e France Insoumis), che ora lo uguaglia nei consensi e diviene il primo partito di opposizione, e della formazione di destra della Le Pen, che sale da 8 a 89 deputati. Altro dato significativo: più della metà dell’elettorato è rimasto a casa.

I dati della sconfitta restano incontrovertibili e il partito presidenziale, insieme agli alleati, raccoglie solo 246 seggi (ne aveva 341 e ne servivano 289 per avere la maggioranza assoluta). Per governare dovrà quindi scendere a patti con i Républicains neogollisti, che nelle prime ore successive al voto si sono dichiarati in opposizione e alternativa a Macron, oppure ottenere che le leggi vengano approvate di volta in volta con maggioranze a geometria variabile.

Macron non potrà ricandidarsi alle prossime presidenziali, non è in vista il delfino e questa sconfitta potrebbe gettare scompiglio nelle sue file, favorendo un ritorno alla tradizionale contrapposizione fra destra e sinistra.

La sua cocente sconfitta viene attribuita al ritorno dei populismi, una lettura tanto semplicistica quanto errata da parte di analisti che mostrano la loro rabbia per il deludente risultato.

Per alcuni giornali tedeschi Macron non conosce il paese che governa e il suo stile “di leadership” avrebbe  esautorato il Parlamento scoraggiando il radicamento del partito che lo sostiene.

Dopo la vittoria alle elezioni presidenziali Macron pensava di ottenere la maggioranza assoluta ma i raggruppamenti della sinistra radicale e della destra (89 deputati il massimo risultato storico) hanno raccolto consensi diffusi e così oggi la Francia si trova davanti allo spettro dell’ingovernabilità.

Ma è veramente colpa dei populismi se Macron non ha raggiunto la maggioranza assoluta?

Intanto è bene ricordare che la vittoria alle presidenziali è stata possibile per il voto in antitesi alla destra estrema che ha spinto molti elettori a turarsi il naso per scongiurare l’ascesa all’Eliseo della Le Pen. 

Le percentuali riscosse in quella occasione da Mélenchon e dalla Le Pen erano ragguardevoli tanto che in Italia hanno parlato di ritorno della sinistra radicale a consensi elevati. La coalizione della sinistra probabilmente non si riunirà in un unico gruppo parlamentare come leggiamo su “Le Monde” ma il patto di azione è in salute e questa apparente divisione non va letta come un segnale di crisi.

Alcuni commentatori, fra questi Laurent Joffrin su Micromega, cercano di mettere in dubbio la vittoria di Mélenchon e confrontano il risultato del 2022 con quello equivalente delle sinistre nel 2017, quando ogni partito si era presentato da solo. Viene quindi ignorata l’importanza dell’unità raggiunta, la cui tenuta ha consentito, visto anche il sistema elettorale francese, l’exploit in seggi. 

Sempre Laurent segnala che il successo sia soprattutto dei mélenchonisti, i più radicali, mentre “gli altri partiti del Nupes fanno la figura degli ausiliari”. La qual cosa gli fa prevedere che “un gruppo dominato dalla sinistra radicale” in luogo del Partito socialista “non è nella posizione migliore” per vincere alle prossime elezioni. Siamo cioè di fronte al solito refrain che per vincere bisogna conquistare il centro, ma si sottovaluta il grande malcontento popolare provocato dalla crisi del capitalismo e dalle politiche europee. Dopo due anni di pandemia e il sostegno attivo di Macron all’Ucraina il malessere sociale in Francia è assai diffuso come il rifiuto di politiche neoliberiste che hanno acuito la crisi dei settori popolari. 

Forse il popolo è un pò stufo del centrismo e vedrebbe bene un’alternativa. E se questa alternativa non la prepara la sinistra, lo spazio verrà occupato dalla destra che infatti sta crescendo vertiginosamente nel consensi. Verrebbe da dire che, al contrario di quanto ipotizza Laurent, servirebbe una dose maggiore di radicalità e di coerenza nel programma di Mélenchon.

Le elezioni sono spesso lo specchio di un paese, i tecnocrati europei non dormiranno sonni tranquilli dopo il risultati francesi e cercheranno di attenuare le politiche neoliberiste senza mettere in discussione i dettami di Maastricht, un compromesso assai fragile destinato a palesare innumerevoli contraddizioni. E al di qua delle Alpi non possiamo non vedere con interesse queste contraddizioni.

 

24/06/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Federico Giusti

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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