Golpe militare in Brasile?

In quest’articolo analizziamo i possibili scenari dell’attuale crisi istituzionale in Brasile, che potrebbe sfociare anche in un golpe.


Golpe militare in Brasile?

La situazione esplosiva che si vive in Brasile ha terremotato anche il governo, con ben sei cambiamenti all’interno della squadra di governo, che hanno riguardato anche diversi membri dell’alto comando delle forze armate. Tra gli altri a essere sacrificato è stato Ernesto Araujo, ormai ex ministro degli Esteri, trumpista della prima ora e che ha pagato sicuramente il disastro nell’acquisizione dei vaccini sul mercato internazionale. Si fa largo l’ipotesi di un impeachment che, limitandosi a sostituire Bolsonaro per il suo vice Mourao, permetterebbe di dare una soluzione istituzionale a una crisi che si preannuncia disastrosa sul piano sociale e che vede il Brasile essere leader nel numero di morti giornalieri ora prossimi ai 4.000, ma diverse previsioni suppongono che entro aprile si potrebbe arrivare a 5.000.

È lecito dunque chiedersi come reagirebbe l’estrema destra bolsonarista nel caso di destituzione del suo presidente. A tal proposito negli ultimi giorni è stata pubblicata un testo di un ex generale dell’esercito brasiliano, esperto nella guerra nella giungla, [1] dal titolo “avremo una guerra civile?”. Se ci si limitasse a leggere l’articolo superficialmente potrebbero sembrare solo parole di uno squilibrato, ma come detto non si tratta esattamente di uno sprovveduto. Egli, utilizzando un linguaggio apparentemente forbito, presenta la guerra come risultato del conflitto irrisolvibile tra forze diverse.

Tra queste forze egli individua il governo Bolsonaro come vittima di una macchinazione “comunista”, che vorrebbe mettere in discussione il grande risultato elettorale delle elezioni del 2018. In realtà come detto in altri articoli tale vittoria ben lungi dall’essere grandiosa, fu conseguita solo al secondo turno di un’elezione caratterizzata da altissima astensione, e oggi il suo consenso è indubbiamente molto inferiore. La vittoria di Bolsonaro secondo questo illustre stratega avrebbe distrutto il campo della sinistra, storicamente alleato della corruzione nel paese. Peccato si scordi di ricordare che nel 2019 furono trovati decine di chili di droga in un aereo presidenziale e che lo scorso anno uno scandalo ha riguardato l’acquisto massiccio da parte dell’esercito di carne e birra, mentre il resto della popolazione languisce tra fame e disoccupazione.

Riguardo alla pandemia questo illustre pensatore la definisce come una grande cospirazione mondiale, di cui la sinistra si è approfittata per incolpare Bolsonaro della crisi economica e sanitaria, e invita la popolazione di fatto a non rispettare le misure di distanziamento sociale, per non fare il gioco dell’opposizione, rischiando ancora di più di adesso di contagiarsi e dunque di morire.

La parte più interessante è quella però in cui sostiene che la sinistra si stia preparando alla lotta armata, aiutata in ciò dal Supremo Tribunale Federale (che tutto ci sembra meno stare facendo ciò, anzi storica è la sua subordinazione ai militari), che avrebbe liberato di proposito decine di migliaia di banditi, al fine di costituire il contingente necessario per la “guerriglia”. Anche qui il nulla più assoluto sulla serie di decreti con cui Bolsonaro ha reso più facile la compravendita di armi e l’ottenimento del porto d’armi, rendendo estremamente semplice creare milizie paramilitari un po’ ovunque nel paese.

Nella conclusione del suo discorso egli fa riferimento al fatto che ci sarebbero milioni di persone disposte a lottare per il Brasile e contro la sinistra, nel caso dovesse scoppiare una guerra civile, provocata dalla “sinistra”. Sebbene i precedenti non giustifichino tale fervore, vista la fine che hanno fatto diversi agitatori bolsonaristi nelle diverse reti sociali, rinnegando ciò che avevano minacciato in precedenza o messi in stato di accusa, è necessario non sottovalutare il pericolo.

Se infatti la crisi istituzionale in atto si risolverà appena in un cambiamento al vertice senza che nel frattempo esplodano rivolte contro la fame e la miseria, questi soggetti potrebbero finire facilmente nel dimenticaioio o essere progressivamente emarginati. Se invece dovessero esplodere questi sommovimenti, questi soggetti potrebbero essere in prima fila nella repressione.

Per questo motivo, anche se la soluzione “golpe di Bolsonaro” ci sembra la più improbabile al momento, visto anche il fracasso del tentativo parlamentare avvenuto in settimana di aumentare i poteri del presidente in caso di Stato di guerra, è necessario mantenere la guardia alta. La situazione sociale in Brasile non lascia ben sperare per un miglioramento nel breve-medio termine e dunque anche le ipotesi che possono sembrare più inverosimili vanno tenute sempre a mente per evitare di incappare in brutte sorprese.

 

Note:

[1] Egli ha scritto diversi libri di spionaggio e sul combattimento nella foresta amazzonica quando ancora faceva parte dell’esercito.

02/04/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Matteo Bifone

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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