Il 2022 è stato forse l’anno più nefasto di questa nostra epoca oscura, di restaurazione liberista, dopo l’affermazione delle forse controrivoluzionarie in sostanzialmente tutto il blocco ex sovietico. L’anno si è aperto con una escalation di provocazioni anglo-americane nei confronti della Russia, la quale a sorpresa nel mese di febbraio ha deciso, inopinatamente, di rispondere alle provocazioni, finendo così per cadere, di fatto, nella trappola che i suoi più pericolosi nemici gli avevano teso. La mossa è stata del tutto inattesa in quanto sostanzialmente nessuno aveva realmente previsto che, dopo decenni in cui aveva, con la significativa eccezione dell’Afghanistan, resistito stoicamente alle continue provocazioni della Nato, la Russia sarebbe caduta così “ingenuamente” in un trappolone così evidente. Si tenga presente che lo stesso presidente Zelensky ha cercato, praticamente fino all’ultimo, di evitare che la Russia cadesse nella trappola anglo-americana invadendo il suo paese. Tanto che l’esercito ucraino, tolte le sue componenti più radicali di destra, si è fatto trovare sostanzialmente impreparato dinanzi all’invasione russa. Allo stesso modo, di fatto tutti i commentatori antimperialisti hanno dato fino all’ultimo per scontato che le accuse di spostamento di truppe russe verso il confine, non fossero altro che una ennesima provocazione dell’imperialismo americano, al quale la Russia, già ampiamente vaccinata da questo punto di vista, non avrebbe certamente risposto.
Purtroppo si è rimasti un po’ tutti prigionieri della cattiva rappresentazione per cui la Russia sarebbe l’erede naturale dell’Unione sovietica, per cui sembrava impossibile che potesse fare una mossa tanto falsa quanto deprecabile, passando dopo tanti anni dalla parte della ragione, nella parte del torto. Del resto, come sanno tutti, dare avvio a una guerra di aggressione mette il proprio paese in una situazione estremamente difficile da gestire sul piano militare e sul piano altrettanto importante della lotta per l’egemonia.
La mossa del governo russo è stata così spericolata, arrischiata e avventurista, da apparire in un primo momento quasi geniale, una mossa alla Napoleone. Tanto che, persino i commentatori italiani più filoimperialisti e russofobi davano, inizialmente, per scontata, una rapidissima sconfitta degli ucraini. Ci si immaginava che sfruttando il fattore sorpresa i russi potessero arrivare in tempi rapidi a Kharkiv, Kiev e Odessa. Al punto che inizialmente, il governo ucraino sembrava costretto ad accettare pesantissime condizioni pur di arrivare subito alla fine delle ostilità, tanto che ci sarebbero stati scontri anche violenti fra Zelensky e il grosso dell’esercito ucraino di contro alle fazioni più di estrema destra che non intendevano in nessun modo arrendersi.
Le cose, naturalmente, sono andate così come dovevano necessariamente andare, smentendo anche in questi casi tutti i pronostici iniziali, basati su giudizi che si fondavano sulle apparenze. L’Ucraina che appariva un paese estremamente debole, diviso si è rapidamente trasformato in un paese in grado di portare avanti una guerra sostanzialmente di popolo, in grado di sbarrare la strada al secondo esercito più potente del mondo, che negli ultimi anni aveva ottenuto significativi successi contro la Georgia, nell’occupazione della Crimea e nella difesa dell’alleato siriano dall’aggressione dell’imperialismo. Anche perché, ben presto, è stato evidente che nonostante le apparenze la Russia non poteva condurre nei confronti dell’Ucraina la ormai classica guerra totale sul modello del blitzkrieg tedesco ripreso e sviluppato dalle più recenti aggressioni imperialiste. Troppo forti e stretti erano i legami che univano i due popoli per permettere al governo russo, per quanto potesse apparire spietato, e allo stesso esercito di condurre una guerra di rapina. Ben presto è apparso chiaro che l’unica possibilità per i russi di sfuggire alla trappola nella quale si erano ficcati, sarebbe stata una rapida resa del governo ucraino. Tale esito è stato di fatto reso impossibile dalla forza militare delle formazione ucraine di estrema destra, dalla rapidità, coesione e decisione con cui l’imperialismo si è schierato a sostegno dell’Ucraina, dalla rinascita del popolo ucraino dinanzi all’aggressione, dal compatto schierarsi dell’opinione pubblica occidentale dalla parte dell’aggredito.
Del resto, dopo aver per anni stigmatizzato le aggressioni militari delle potenze imperialiste, diveniva davvero difficile per le forze antimperialiste opporsi al compatto sostegno dei paesi occidentali all’Ucraina, dal momento che la Russia era palesemente, almeno in questa nuova fase del conflitto, l’aggressore. Così, ben presto, la guerra di movimento lanciata dai russi è stata arrestata e la guerra si è trasformata in una lunga e penosissima guerra di logoramento, di trincea. In questa nuova forma di guerra il deciso sostegno compatto da parte della Nato non può che creare gravi problemi alla Russia. D’altra parte il tentativo da parte delle potenze imperialiste di isolare sul piano internazionale la Russia può dirsi in buona parte fallito.
Questa resta certamente la sorpresa più gradita in questo anno così oscuro. Il nuovo conflitto per procura fra la Russia e la Nato ha in qualche modo ridato senso al concetto e al progetto di un Terzo mondo e dell’imponente movimento dei Non allineati. In qualche modo, tale terzo protagonista ha acquistato nuovo vigore e ciò lascia ben sperare per una situazione internazionale almeno in parte multipolare.
Peraltro, un ulteriore aspetto interessante e, in qualche modo, inatteso è il fatto che intorno alla Russia hanno iniziato a fare blocco tutti i principali paesi non in grado di tenere testa autonomamente all’aggressività dell’imperialismo e della Nato. In terzo luogo si sono, tutto sommato, rinsaldati i legami fra Russia e Cina, decisivi per tenere testa al potere, altrimenti sostanzialmente incontrastato della Nato. Si tratta dell’ultima novità positiva in un quadro internazionale per il resto sempre più oscuro.
D’altra parte, oltre alla guerra in Ucraina vi sono decine e decine di altri conflitti armati a livello internazionale, che vedendo meno direttamente coinvolti i paesi della Nato, sono del tutto omessi dall’informazione dei grandi mezzi di comunicazione occidentali. Questo rilancio su scala sempre più ampia della guerra è naturalmente dovuto alla crisi sempre più strutturale del modo di produzione capitalista, nei paesi in cui è giunto nella sua fase di sviluppo imperialista. Ciò sta provocando, come non manca di sottolineare persino il papa, una vera e propria terza guerra mondiale, divisa in tanti conflitti apparentemente separati.
Ciò ha favorito i paesi dominanti in crisi, che sono riusciti, mediante le guerre e le attività speculative, a scaricare gli effetti più nefasti della crisi da loro prodotta sui paesi dominati. Allo stesso modo con l’inflazione le classi dominanti stanno scaricando gli effetti negativi della crisi sulle classi sociali subalterne. La guerra, da questo punto di vista, ha fatto da volano per quanto riguarda l’inflazione a un processo già in atto, dovuto alla guerra, che inizia sempre dal punto di vista commerciale, degli Stati uniti e dei suoi alleati occidentali contro la Repubblica popolare cinese. Si tratta di una guerra, portata avanti in modo unilaterale dalle potenze imperialiste, che ha definitivamente chiuso la fase di globalizzazione che tanto era stata propagandata dopo la fine della guerra fredda. Siamo così giunti al paradosso che sono paesi guidati da partiti comunisti come la Cina a battersi per la globalizzazione e il libero mercato, la libera circolazione di merci e capitali in vista della costituzione di un mercato mondiale, sempre più avversati dalle potenze a capitalismo più avanzato a cominciare da Stati uniti, Gran Bretagna e Australia.
Tutte queste problematiche si fanno sentire in modo particolarmente forte nel nostro paese, in quanto la restaurazione liberista inaugurata con la seconda Repubblica, nata sulle ceneri del Pci, ha raggiunto degli obiettivi nel 2022 davvero estremi. Abbiamo, infatti, avuto nell’ordine il governo più sfacciatamente espressione dei poteri forti del grande capitale transnazionale con base in Italia e come necessaria conseguenza la costituzione del governo più di destra dai tempi del ventennio fascista. In tal modo la nostra Repubblica tendenzialmente democratica, nata dalla resistenza al fascismo, è ora governata proprio dalle forze che più la hanno avversata.
D’altra parte mai come nel 2022 l’opposizione è così egemonizzata dalla forze moderate, che tendono a criticare non solo da sinistra, ma anche da destra il governo postfascista. Paradossalmente, nonostante la netta egemonia sull’opposizione delle forze neoliberiste e ordoliberiste, l’opposizione appare quanto mai divisa e incapace di fronteggiare le forze della destra conservatrice e reazionaria al governo. In questa già tragica situazione abbiamo assistito al penoso perpetuarsi, a uno stadio sempre più avanzato, del suicidio della sinistra radicale che, a causa del suo crescente settarismo, si auto ghettizza in un ruolo di mera testimonianza, di opposizione puramente ideale, incapace di incidere sul corso del mondo.
Più in generale vi è stato un deciso spostamento a destra dell’Unione imperialista europea in costituzione, con la netta rottura dei rapporti commerciali con la Russia e una sempre più netta dipendenza dal polo imperialista anglo-americano sia sul piano economico delle risorse energetiche sia su quello di dilazionare la crisi mediante la guerra. Il governo sedicente di centro-sinistra tedesco ha abbandonato il difficile equilibrio precedentemente garantito da Merkel fra subordinazione alle direttive statunitensi attraverso la Nato e buoni rapporti commerciali con la Russia. Come già negli Stati uniti, l’imperialismo “democratico” tedesco si è dimostrato più deciso a portare avanti la guerra per interposta Ucraina contro la Russia rispetto ai precedenti governi conservatori. In cambio la Germania ha potuto abbandonare la politica “antimilitarista” che gli era stata imposta dalla sconfitta nella Seconda guerra mondiale, rilanciando su larga scala dopo decenni una politica di deciso riarmo.
D’altra parte il fronte antimperialista si è da una parte rafforzato grazie alle vittorie del centro-sinistra in Colombia e Brasile contro le forze dell’estrema destra, mentre si è indebolito per la vittoria della estrema destra in Israele e la grave crisi interna dell’Iran. In tale paese le politiche oscurantiste delle forze religiose al potere hanno favorito lo sviluppo di una opposizione di massa, che rischia purtroppo di essere egemonizzata da forze certamente più avanzate dal punto di vista essenziale dei diritti civili, dei diritti delle donne, dei diritti delle minoranze, ma decisamente più arretrate nell’altrettanto importante posizionamento del paese nel campo antimperialista.
Nel campo imperialista sempre più difficile diviene la situazione degli Stati uniti dove, addirittura, incombe il rischio di una guerra civile, data la consistenza e l’aggressività delle forze dell’estrema destra. D’altra parte i democratici cercano di risolvere le contraddizioni portando all’esterno la guerra, con una escalation anche nei confronti della Cina, con la politica a favore dell’indipendenza di Taiwan. Tale politica guerrafondaia è favorita dall’affermazione delle forze di destra in Corea del sud e nelle Filippine.
Infine, lo stesso capitalismo di Stato cinese appare sempre meno in grado di far fronte alla progressiva caduta del tasso del profitto provocata dallo sviluppo in senso capitalista del paese.