Se siamo uomini
(in ricordo della strage di migranti di Ferragosto 2020 nel Mediterraneo)
Parte I
E tra le genti
che attraversano la tempesta e
nel tempo sopravvivono,
non al ricordo
che quello uccide ogni singhiozzo di vita,
vive una realtà colorata,
poliedrica sinfonia di vicende umane che
raccontano
di amori lasciati lontano,
di attese
di morti improvvise
di speranze e dolore
di chi vede scomparire sguardi carichi
di orrore
sotto la spuma del mare.
Profondo sonno della ragione
quello che non vuol vedere,
ascoltare e prendere parte,
se siamo uomini.
Parte II
Non sopportare il peso,
tu che blandisci la diversità
ma ne fai un incidente
impossibile da tenere,
come violenza
da abbandonare lontano
da una normalità amata.
Non lo puoi reggere,
quel peso,
che la fragilità è un affronto
e un disturbo
che ti appartiene.
E allora non puoi,
mutilato nella tua umanità,
capire e
comprendere.
Lasciati andare
senza coprire più
quei sentimenti imbarazzati:
contrasto di vicende interiori,
confuse,
che l'impotenza è pervicace
l'esperienza oramai impropria
e l'oblio un rifugio.
Lasciati andare
senza più tormento,
per essere compiuto,
da altri,
e disumano.
Parte III
Non più.
Mai più.
E sarà ancora,
invece,
perché rotola via
il filo che conduce
al fondo del mare.
Si perde
tra le infinite onde
il destino di tutti noi.
Rimane
indelebile
come uno squarcio nell'anima,
il ricordo e l'amore
per chi ha provato
e ha lottato col mare.
Se non più,
se non mai più,
allora ancora
rimarrà
per sempre con noi,
che lottiamo
sulla terra
e non possiamo farne a meno.
(Agosto 2020)