Per opporsi alla Troika ci vuole una resistenza popolare al governo

L’impotenza e la subalternità del governo Tsipras non ostacola il neoliberismo capitalista


Per opporsi alla Troika ci vuole una resistenza popolare al governo Credits: http://www.dirittiglobali.it/wp-content/uploads/2015/06/tsipras-renzi-merkel.jpg

Della Grecia non si parla più in televisione, ma le notizie che arrivano da Atene non sono buone; anzi e più che “arrivano” semmai “filtrano. Alcune notizie da “sinistra” arrivano dai centri di autogestione, dai luoghi occupati, dai comunicati di Unità popolare, dai compagne che vanno e vengono da Salonicco più che dagli articoli, più o meno paludati e imbarazzati, che escono su il Manifesto.

Attacchi al già consunto stato sociale e alle pensioni, privatizzazioni, condizioni disperate dei centri per immigrati. Per non parlare della politica estera in cui si manifesta maggiormente la subalternità a quella Troika che nei dieci punti del manifesto di Salonicco si diceva che non avrebbe più messo piede ad Atene. Per non parlare dell’accettazione dell’ignobile accordo con la Turchia, della firma del Ceta, del voto contrario al disarmo nucleare all’ONU, degli accordi con Israele. Il tutto all’ombra di una disperata ricerca di tutela da parte degli screditatissimi socialisti europei (Renzi compreso) e con un rimpasto di governo inquietante, sullo sfondo di una ricerca di legittimità attraverso un grigio e triste congresso di Syriza. Quasi che i socialisti europei avessero forza e voglia di tirare fuori il governo greco (o qualsiasi altro gverno) dalle “grinfie” di Schauble, proprio loro che sono per primi i più iperliberisti.

Un recente documento approvato dal coordinamento nazionale dei Giovani compagni e compagne di Rifondazione Comunista pone l’accento su “Ci eravamo sbagliati su Tsipras”. Giacché l’esperienza politica greca di questi anni costruita dal basso con i movimenti e le realtà autogestite ci aveva appassionato, ci pareva quasi un punto di riferimento per la costruzione di una sinistra di “massa” (o di popolo, se oggi ha senso questo termine) distante anni luce dai miseri tentativi che avevamo sperimentato in Italia. E di fronte alla terribile pressione dei falchi europei eravamo nel luglio scorso tutte e tutti con il rifiuto dei ricatti della BCE: l’OXI greco. Poi tutto è precipitato nella notte della firma del Memorandum e via via ancora. Quella piccola, grande nazione che ha dato all’Europa la sua ragion d’essere culturale, letteraria, filosofica e politica mostrava nuda tutta la sua fragilità e la sua impotenza, con tutto quel grande patrimonio classico da sempre elemento di attrazione per i turisti colti (specialmente tedeschi) e con quel Pireo privatizzato dove vengono collocati i dialoghi della Repubblica di Platone.

Non stiamo parlando di “tradimento”, stiamo parlando di fragilità e di im-potenza. E nessuno chiede a Tsipras gesti eroici. Gli si chiede di dire la verità, direbbe Socrate.

La gabbia d’acciaio del neoliberismo capitalistico europeo (e non solo) rende impraticabile un governo dell’esistente: oggi per una sinistra di “popolo” governare non può che consistere nel promuovere e organizzare la resistenza “popolare” al neoliberismo capitalista e costruire alleanze in quella sinistra mediterranea che accoglie i profughi e le profughe, gli “scarti” del vecchio colonialismo e dell’attuale liberismo capitalista. Gli scarti, gli invisibili. Organizzare la resistenza anche dal governo dei Comuni, delle città ribelli, dove la resistenza “antagonista” ai poteri forti del nuovo capitalismo va costruita attraverso la connessione tra condizione di sfruttamento e coscienza del potere dei senza potere.

A livello europeo per un nuovo internazionalismo non “sovranista” che promuova – come diceva l’“antica” Rosa luxemburg – uno sciopero generale politico, del lavoro e del non lavoro, delle vite, dei corpi come hanno messo in atto le reti femministe in Polonia e persino in Turchia dove hanno costretto Erdogan a ritirare la vergognosa legge del matrimonio riparatore. Già, il femminismo che fa egemonia.

Al governo greco questo dovremmo chiedere, invece che dondolarci in un grande e colpevole imbarazzo. L’Altra Europa, con annessi e connessi, continua stancamente a mostrare solidarietà acritica al governo Tsipras tenendo fede – senza se e senza ma – a quel “con Tsipras” che ormai non ha più senso se non quello di una sorta di logo.

Syriza, con qualche riserva e qualche dissenso, fa quadrato attorno al “suo” governo che accoglie Obama con uno spiegamento di forze e una militarizzazione della città di Atene spaventosa, una zona rossa che ricorda la militarizzazione di Genova 2001 durante il summit dei “grandi della terra”, al tempo del neo-nominato governo Berlusconi, quando al porto di Ancona arrivarono i giovani comunisti greci e furono fermati in quanto “incompatibili” con la riorganizzazione oligarchica dei poteri. Ebbene,tra quei giovani c’era anche un giovane Alexis Tsipras. Come cambiano i tempi.

26/11/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Imma Barbarossa

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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