Il 16 maggio si è tenuto un incontro con due sindacalisti della CGT, Romain Descottes e Marina Zuccon, promosso dall’area sindacale di minoranza della CGIL, presentatrice al congresso del documento alternativo “Le radici del sindacato”. Questo incontro è stato occasione per conoscere l’analisi della CGT sulle recenti mobilitazioni in Francia contro la riforma delle pensioni voluta da Macron, che comporta l’innalzamento dell’età di pensionamento da 62 a 64 anni e dell’età contributiva per ottenere la pensione. I sindacalisti, prima di procedere a un’analisi di queste mobilitazioni, che a detta loro sono state le più massicce in Francia dal ’68, hanno premesso che in realtà già oggi si va in pensione a 64 anni, in quanto i contributi versati sono per i lavoratori insufficienti ad assicurarsi una vita decente come pensionati. Questa riforma ha visto un’opposizione netta della società che al 95% si è schierata contro la riforma voluta dal presidente Macron. A dicembre si sono fatti 14 giorni consecutivi di sciopero unitario dei sindacati francesi, raddoppiando il numero di partecipanti rispetto a quelli mobilitatosi nel 2009 contro la riforma delle pensioni voluta da Sarkosy. Le mobilitazioni sono tutt’ora in corso e la solidarietà internazionale è stata molto forte, e i compagni della CGT hanno tenuto a rimarcare di aver molto gradito la presenza di una delegazione della CGIL in Francia.
Romain Descottes, responsabile delle relazioni sindacali con l’America, ha voluto evidenziare quelli che a suo avviso sono state le debolezze e i punti di forza di questa mobilitazione. La CGT con queste mobilitazioni ha acquisito tre importanti risultati. È riuscita a spostare la maggioranza dei lavoratori dipendenti francesi sulla propria piattaforma che prevede il pensionamento a 60 anni di età. La mobilitazione ha rimesso il sindacalismo al centro dell’attenzione e la CGT ha aumentato i propri iscritti, con 30.000 nuove adesioni dall’inizio delle mobilitazioni, con un tasso di nuove iscrizioni tre/quattro volte maggiore che in tempi normali. Inoltre Macron, con la riforma e la mobilitazione, non ha più la maggioranza sociale e politica dalla sua parte. Le agenzie di rating infatti hanno declassato la Francia, la legge sull’immigrazione è stata rinviata e Macron vive un’impasse politica. I punti di debolezza sono che si è avuta una radicalizzazione del potere del presidente, il presidenzialismo è più forte e il Rassemblement National è utilizzato come alternativa a Macron, tanto che è favorito nei sondaggi. Dopo il 7 marzo, data clou della protesta, in cui oltre un milione di persone sono scese in piazza, si è avuta difficoltà a estendere gli scioperi. In particolare sono poco propensi a scioperare i lavoratori dei servizi che sono 11 milioni dei 25 milioni di lavoratori dipendenti. Infine il movimento studentesco è molto debole, e ha espresso tutta la propria debolezza nella mobilitazione. Con la promulgazione della legge il movimento di protesta si è indebolito, ed è fondamentale dare una prospettiva ai lavoratori. La CGT punta molto sulla data del 6 giugno in cui sarà discussa in Parlamento una proposta di legge per l’abrogazione della riforma. Infatti l’attuale parola d’ordine spinta tra i lavoratori è quella della non applicazione della legge. Nella data del 6 giugno sarà prevista un’imponente mobilitazione dell’Intersindacale che ha lavorato insieme alla lotta contro la riforma. Altrettanto importanti sono le rivendicazioni salariali, in quanto l’inflazione è notevole anche in Francia. Un ulteriore debolezza è data dalla difficoltà a fare assemblee nei luoghi di lavoro. La CGT lavorerà per estenderle.
Marina Zuccon, lavoratrice del personale tecnico-amministrativo e sindacalista CGT alla EHESS [1] di Parigi, ha evidenziato l’importanza dell’ultimo sciopero generale effettuato il 13 maggio, data simbolica in quanto nel ’68 avvenne proprio quel giorno uno sciopero particolarmente partecipato e punto di svolta della mobilitazione in Francia. Per il prossimo 6 giugno sono previste mobilitazioni con manifestazioni, anche se è sempre più difficile far aderire i lavoratori alle assemblee nei luoghi di lavoro. Il settore che si è più mobilitato a Parigi è stato quello dei netturbini, con il lungo sciopero di marzo. Un’altra debolezza, a suo avviso, di questo movimento è la tendenza a appoggiare le lotte più dure piuttosto che a estendere la mobilitazione nei propri luoghi di lavoro. Il movimento studentesco ha effettuato rare occupazioni delle università, per via delle serrate e della repressione poliziesca. Nella sua università gli studenti hanno provato a occupare i loro locali, e dopo un’ora 29 studenti sono finiti in custodia cautelare. La pratica delle serrate, al costo di impedire anche il normale funzionamento delle università, agisce come un freno alla mobilitazione studentesca. Per esempio, nel 2019, per impedire le mobilitazioni degli studenti universitari a supporto dei gilet gialli e contro la precarietà, la sua università venne chiusa per un mese. In Francia, dato il ruolo avuto nel ’68, si dà molta importanza alla mobilitazione del settore studentesco, perché si ritiene fondamentale per alzare il livello della lotta dal piano economico a quello politico. Oggi tuttavia, secondo la Zuccon, ciò è molto complicato, per via del clima repressivo che si respira. Il governo è andato molto oltre il sistema parlamentare, e probabilmente il 6 giugno la proposta di abrogazione della legge non sarà messa in discussione perché non costituzionale. In Francia sono messi in discussione gli stessi compromessi sociali. Le mobilitazioni hanno avuto alti e bassi, spesso non si è superata la fase del giorno di sciopero con annessa manifestazione. Nel suo posto di lavoro un ruolo frenante l’ha avuto senz’altro il telelavoro degli amministrativi, che prevede tre giorni di lavoro a distanza. Ciò riguarda anche la classe docente, dove è prevista la possibilità della didattica a distanza. Di conseguenza si sono destrutturati i collettivi presenti sui luoghi di lavoro, rendendo più ostica la mobilitazione. Questa è stata una delle motivazioni per cui il terziario è stato meno attivo negli scioperi rispetto a altri settori lavorativi. Nonostante la repressione, sia delle manifestazioni (anche mediante i divieti dei prefetti) che nelle università, e la sconfitta, in quanto la legge è passata, ritiene che il clima sia ancora positivo. Le mobilitazioni hanno aumentato la sindacalizzazione della società francese. La CGT è riuscita ad aumentare i propri iscritti nelle università, sebbene non sia un sindacato molto forte in questo settore dove prevalgono i sindacati corporativi. Nella sua università, nonostante le differenti posizioni e piattaforme, c’è una buona cooperazione dell’Intersindacale, che risultava efficace già prima di questo ciclo di mobilitazioni.
A rappresentare la CGIL all’incontro è stato Fabrizio Potetti, segretario FIOM di Roma e del Lazio e membro della segreteria confederale di Roma e del Lazio. Il suo intervento ha rilevato alcuni aspetti importanti nello spiegare la mancanza di una mobilitazione efficace in Italia, dove le controriforme e la compressione salariale sono stati più pesanti che in Francia. Il disagio dei lavoratori è forte e si percepisce con chiarezza, tuttavia non c’è una spinta della base verso lo sciopero in quanto i lavoratori non percepiscono i sindacati utili per migliorare le loro condizioni. Negli anni all’interno del sindacato è avvenuta un’eccessiva verticalizzazione. Per contrastare questa tendenza è importante il ruolo delle assemblee e l’elezione di RSU rispetto alle RSA. Le prospettive di mobilitazione non sono rosee. Non c’è infatti sintesi con CISL e UIL per andare allo sciopero generale, nonostante questa prospettiva sia stata avanzata da Landini. In particolare a frenare è la CISL, ma anche la UILM, sebbene faccia finta di no, fa lo stesso gioco della CISL rimandando le mobilitazioni. Per questo la CGIL non deve rincorrere gli altri sindacati e deve prevedere delle iniziative in autunno sui temi del salario, del welfare (in particolare la sanità) e della lotta al precariato. Sarà più fattibile con gli altri sindacati andare a una grande mobilitazione generale, meglio se con manifestazione a Roma, ma in alternativa si potrebbe prevedere anche mobilitazioni territoriali lo stesso giorno e orario con stessi pacchetti orari di sciopero. A frenare la mobilitazione in Italia, secondo Poletti, a parte gli altri sindacati, non è la segreteria ma il livello di discussione politica generale.
Il dibattito che si è sviluppato durante l’incontro ha permesso ai rappresentanti della CGT di chiarire meglio alcuni aspetti delle prospettive di mobilitazione in Francia. Dal pubblico è stato chiesto perché attendere un tempo così lungo fino al 6 giugno per le nuove mobilitazioni, il livello di consapevolezza generale che si sta formando e quali settori sono stati più combattivi. Descottes ritiene che la situazione in Francia non sia positiva, che si sta applicando il programma neoliberista e che la destra sia in crescita all’interno della società francese. La scelta del 6 giugno è dovuta alla difficoltà multiple che vive la mobilitazione in corso. L’Intersindacale è stata unita contro Macron ma è divisa su molte cose, tra cui le prospettive di mobilitazione. L’attuale movimento presenta diversi limiti, come l’incapacità di estendere la protesta in tutti i settori lavorativi. Di conseguenza i rapporti di forza sviluppati non sono sufficienti per vincere lo scontro in atto, e regna un clima di sfiducia tra i lavoratori. Infatti se da una parte i due terzi dei lavoratori hanno sostenuto le mobilitazioni, i due terzi pensano allo stesso tempo che si sia persa la partita. L’essere partiti da un tema specifico come le pensioni non è stato un limite della mobilitazione. Infatti dietro a questo tema specifico stanno le condizioni di lavoro in Francia. Tra i lavoratori c’è consapevolezza di ciò e la solidarietà tra le generazioni funziona. Il settore più combattivo e forte nelle mobilitazioni è stato quello energetico con un 70% di partecipazione agli scioperi, poi il ferroviario, gli insegnanti (anche se molto meno rispetto al 2019) e il pubblico. Nel privato è invece presente un minore tasso di sindacalizzazione e quindi un minore tasso di sciopero. Gli scioperi hanno avuto un grosso impatto sui profitti, con perdite di circa due miliardi di euro per giorno di sciopero, ma le grandi aziende sono state colpite poco. La CGT ha una interlocuzione con i sindacati degli altri paesi europei, in particolare con la CGTP [2] portoghese, è c’è la volontà di organizzare uno sciopero europeo, ma non mancano le difficoltà ad attuarlo per via di prospettive diverse tra i sindacati. Un tema di dibattito che sta emergendo con importanza è quello del salario minimo europeo. La Zuccon ha particolarmente evidenziato il tema della repressione, che è stata molto forte, con la violenza dei reparti della polizia che manganellano anche i sit-in dei manifestanti seduti a terra. Il governo ha imposto lo scontro violento, determinando vere e proprie scene di guerra in alcune occasioni, come il 25 marzo nelle mobilitazioni contro i grandi bacini idrici. L’autoritarismo del governo del Presidente e questa forte repressione però a posto anche un problema di democrazia in Francia, facendo diventare la lotta sociale una lotta democratica. Molte persone e studenti hanno solidarizzato con i lavoratori e si sono mobilitati per via dell’autoritarismo del governo.
A concludere l’incontro con i sindacalisti della CGT è stata Eliana Como, portavoce della nuova area sindacale “le radici del sindacato”, formatasi dalla maggior parte delle aree sindacali che hanno svolto insieme il recente congresso CGIL, presentando l’omonimo documento congressuale. La Como ha sottolineato come in Francia si è arrivati al tredicesimo sciopero generale, mentre in Italia la situazione è molto peggiore, essendosi fatte solo 3 ore di sciopero contro la riforma Fornero delle pensioni, che è stata molto più pesante di quella di Macron, avendo esteso l’età di pensionamento a 67 anni di anzianità con adeguamento alle aspettative di vita. Si hanno mobilitazioni segmentate e le posizioni sindacali sono differenti. La CISL non vuole fare mobilitazioni e frena le altre organizzazioni, non svolgendo neanche le assemblee sui luoghi di lavoro per la riuscita di quelle poche iniziative condivise che si riescono a realizzare. La UIL sostiene che ora non è il momento di mobilitarsi, di fatto rincorrendo la CISL. La CGIL non è chiaro cosa vuole fare, da una parte Landini sostiene che bisogna fare come in Francia, ma allo stesso tempo ribadisce che i sindacati francesi sono stati sconfitti. Ciò non favorisce di certo la formazione di un clima adeguato alla mobilitazione. Se non c’è spinta dal basso è il sindacato a doverla portare tra i lavoratori. Invece il gruppo dirigente della CGIL non ha convinzione alla mobilitazione. Eppure in Italia c’è un’emergenza salari, l’inflazione è al 16% trainata da acqua, elettricità e gas. I profitti sono invece aumentati. Il punto non è il cuneo fiscale, come sostiene la CGIL, ma l’aumento del salario lordo. È necessario per questo un salario minimo adeguato.
L’incontro suscita alcune brevi riflessioni sulla situazione italiana. L’attuale governo Meloni vuole infatti dare un ulteriore colpo alla democrazia in Italia, completando le riforme istituzionali, mediante l’introduzione di un sistema presidenziale, sul modello francese. Una riforma di questo genere chiuderebbe ulteriormente gli spazi democratici per le classi subalterne, rendendo di fatto la situazione più difficile per un cambiamento dei rapporti di forza. Se da una parte le leggi sono una cristallizzazione di questi rapporti di forza, dall’altra agiscono spostando ulteriormente tali rapporti. Per questo è necessario attivarsi velocemente per costruire un’opposizione politica al governo delle destre, mobilitandosi non solo sulle questioni economiche, ma anche sulle riforme del quadro istituzionale italiano. Dall’altra emerge la consapevolezza del gruppo dirigente del sindacato italiano nella difficoltà a mobilitare i lavoratori del nostro paese, anche per proprie responsabilità pregresse. Questa consapevolezza sulla necessità di cambiare indirizzo non riesce a trovare un’adeguata espressione, anche a causa della frammentazione delle forze della sinistra di classe, non più protagoniste dei processi di cambiamento nel nostro paese.
Note:
[1] École des hautes études en sciences sociales.
[2] La Confederazione Generale dei Lavoratori Portoghesi, la più grande federazione di sindacati del Portogallo.