Trasferimento del lavoratore: una prassi padronale

L’arroganza capitalistica dei padroni utilizza con sempre più frequenza la cifra del trasferimento per disfarsi della manodopera.


Trasferimento del lavoratore: una prassi padronale Credits: http://www.cobascuolatorino.it/2017/06/trasferimenti-personale-docente-della-scuola-primaria-di-ruolo/

MILANO. Anno 2018, anniversario di un anno che ha avviato anche in Italia una svolta della storia nel secolo scorso. 50 anni dal 1968, occasione per scrivere di vari temi sui quali la riflessione è ancora debole: strategia della tensione, stragi di Stato, terrorismo e lotta armata. Un impegno che il settimanale “La Città Futura” prende con i suoi lettori.

I temi del lavoro, delle condizioni dei lavoratori, dello sfruttamento che il capitalismo continua a imporre alla classe lavoratrice, sono tra i più urgenti da trattare, come lo erano sul finire degli anni sessanta e negli anni settanta del novecento. Dalla crisi mondiale avviata nel 2008: ingente massa di disoccupati, soprattutto giovani ai quali inesorabilmente sono state negate prospettive di impiego, crisi industriale e chiusura di fabbriche e luoghi di lavoro, trasferimenti imposti per il mantenimento dell’occupazione, licenziamenti.

Su questo primo numero del 2018 consideriamo qualche dettaglio, partendo dal trasferimento del lavoratore, una prassi molto utilizzata dai padroni. La giurisprudenza definisce il trasferimento del lavoratore come spostamento definitivo e senza limiti di durata, rifacendosi a una nota sentenza della Cassazione civile (n. 2681 del 23 aprile 1985). Nello Statuto dei lavoratori è prevista l’ipotesi per lavoratori e dirigenti della RSA (Rappresentanze sindacali aziendali) e componenti delle RSU (Rappresentanza sindacale unitaria), ma non si trova una precisa definizione dell’istituto. Nella contrattazione collettiva esiste una integrazione della disciplina legale del trasferimento, che può riguardare il singolo lavoratore (trasferimento individuale) e venire disposto d’iniziativa unilaterale del datore di lavoro previo consenso del dipendente, consenso espresso nel contratto individuale, oppure su richiesta esplicita del lavoratore stesso. Inoltre può sussistere il caso di trasferimento collettivo che riguarda più lavoratori.

Analizzando il trasferimento individuale l’ipotesi dell’iniziativa del datore di lavoro è quella più frequente, perché egli ha un’ampia discrezionalità nel valutare e decidere unilateralmente i trasferimenti individuali. Nella contrattazione collettiva si può prevedere che il trasferimento venga preceduto da un tempo di preavviso. Va aggiunto, perché troppe volte si dimentica, che i trasferimenti devono essere motivati da serie e comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, inoltre devono avvenire obbligatoriamente da unità produttiva a unità produttiva nell’ambito della stessa azienda e qui va intesa l’entità aziendale, ovvero anche nell’articolazione in reparti minori e ubicati in un diverso Comune. È come dire che il trasferimento non può avvenire presso stabilimenti, uffici o reparti della stessa azienda che non siano autonomi.

Sulla legittimità del trasferimento le ragioni padronali prevalgono proprio perché si accerta l’esistenza delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Non è sindacabile la scelta del datore di lavoro tra le diverse soluzioni organizzative adottabili. La giurisprudenza ha individuato altri limiti: i motivi di trasferimento devono sussistere al momento in cui viene deciso e non dopo; le ragioni del trasferimento devono essere oggettive e, così, non valgono scelte che nascondono sanzioni disciplinari.

La contrattazione collettiva concede la possibilità di stabilire altre limitazioni al potere del datore di lavoro di disporre i trasferimenti sia di tutti i dipendenti sia di alcune categorie. Come esempio: hanno legittimità i trasferimenti a seguito di apertura di una nuova filiale, le esigenze di aumento di organico nel luogo di destinazione e l’esigenza di chiusura di reparti. È, invece, illegittimo il trasferimento a un posto di lavoro in cui la posizione del lavoratore risulti indeterminata e superflua. Va aggiunto che se un C.C.N.L. subordina la legittimità di un trasferimento anche alla valutazione delle esigenze familiari del lavoratore, questa disposizione è garanzia da cui il datore di lavoro non può prescindere.

Quanti casi; in Italia e in altri Paesi europei, sono arrivati sui tavoli della redazione cronaca ed economia riguardanti l’arroganza capitalistica dei padroni che hanno utilizzato con sempre più frequenza la cifra del trasferimento per disfarsi della manodopera?

06/01/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Guido Capizzi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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