La normalizzazione dei governi tecnici al servizio del capitale

Molti sostengono che gli esempi contemporanei di fascismo non siano paragonabili ai regimi dittatoriali del passato. Ma la normalizzazione del mito fascista, al pari della odierna mitizzazione del mercato e di interessi superiori capitalistici ai quali piegare la sovranità popolare, rappresenta la minaccia dalla quale guardarsi e difendersi.


La normalizzazione dei governi tecnici al servizio del capitale

I fautori dell’appello contro i fascismi, il sovranismo e la xenofobia sono oggi silenti davanti al governo Draghi e al sostegno accordato dalla vecchia maggioranza e da Lega e Forza Italia. Avevamo ragioni da vendere a diffidare di quell’appello lanciato dall’Anpi a conferma che la coerenza non regna sovrana a sinistra, scrivevamo che dietro alla dittatura dello spread e del mercato si cela un fascismo finanziario ben più pericoloso. La settimana appena trascorsa ha visto la celebrazione della Giornata delle Foibe che è stata fortemente voluta dal centro-sinistra, una sorta di tacita accettazione della ricostruzione revisionista degli eventi accaduti negli anni Quaranta prima e dopo la Seconda guerra mondiale. 

Anzi l’intera campagna per le Foibe occulta le responsabilità dei nazifascisti con i loro eccidi che hanno provocato migliaia di vittime tra la popolazione slovena, serba e croata. Terre dove per secoli hanno convissuto differenti popoli e religiose sono divenute scenari di italianizzazioni forzate con una lunga scia di morti e deportazioni.

Non si comprendono le foibe senza guardare all’operato dei nazifascisti e dimenticando che dopo il 1945 la Resistenza Jugoslava ha condannato a morte centinaia di criminali e collaboratori con gli occupanti, non si comprendono gli accadimenti storici se vengono rimossi fatti che potrebbero confutare la vulgata ufficiale che dipinge i fascisti come vittime dei partigiani comunisti.

La normalizzazione del mito fascista è il risultato del revisionismo storico come l’accettazione supina della supremazia dei mercati è alla base del consenso che a sinistra verrà accordato al governo Draghi.

Un parallelismo che indurrà molti ad accusarci di volere mistificare la realtà ma non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire ragioni e del resto, per essere accolti nei salotti buoni della Bce, il centrosinistra ha operato scelte quali la accettazione dei governi tecnici, le privatizzazioni e lo stravolgimento della Carta Costituzionale con il pareggio di bilancio imposto nella Carta, ha acconsentito all’innalzamento dell’età pensionabile e alla riduzione dei fondi destinati a istruzione, welfare e sanità salvo poi accorgersi di avere operato non nell’interesse reale delle classi lavoratrici ma a esclusivo vantaggio del capitale.

È emblematico quanto accaduto con il Pacchetto Sicurezza: chi, ai tempi del Conte 1, si diceva contrario a questa legge non l’ha cancellata una volta insediatosi il Conte 2 (con nuova maggioranza e la Lega all’opposizione), si è piuttosto limitato a riscriverne alcune parti lasciando inalterata la nozione di degrado e le severe pene per i reati di piazza e i blocchi stradali collegati a manifestazioni sindacali e sociali.

Se contestiamo, a ragione, la natura autoritaria delle destre, una volta conquistata la maggioranza del governo si dovrebbe smontare pezzo dopo pezzo le leggi giudicate inaccettabili, stesso ragionamento potremmo fare per la riforma Fornero, la riforma Del Rio, il Jobs Act che invece sono rimasti al loro posto.

Questi sono i fatti incontrovertibili con i quali fare i conti anche in relazione al nuovo esecutivo.

Veniamo dunque al governo Draghi e al suo programma di governo.

Divideremo il ragionamento per punti al fine di essere incisivi ma al contempo sintetici ricordando che la sfida lanciata dal nuovo esecutivo avrà bisogno di essere discussa nelle realtà sociali e nei luoghi di lavoro sempre che ad impedirlo non siano i sindacati cosiddetti rappresentativi.

La riforma del fisco – Il governo vuole tornare alle aliquote fiscali di 50 anni fa e rafforzare quel sistema progressivo secondo cui a pagare più tasse siano i redditi elevati? La riduzione delle aliquote, cavallo di battaglia storico del liberismo, ha visto due Governi italiani particolarmente attivi, quelli presieduti da Craxi e da Matteo Renzi. Pensate che Italia Viva abbia cambiato idea in questi anni? Sbagliereste a crederlo visto che sul sistema fiscale non esiste alcuna volontà di tassare nella maniera dovuta i redditi finanziari e da capitale rivedendo l’attuale sistema Irpef. Nei giorni scorsi perfino la Corte dei conti si è detta favorevole a una legge patrimoniale per recuperare fondi da destinare alla sanità ma questa posizione non trova ascolto nel centro-sinistra. E una patrimoniale da sola non sarebbe sufficiente senza rimettere mano, nell’ottica del carattere progressivo della tassazione, al sistema fiscale vigente che ha contribuito a creare le disuguaglianze economiche e sociali vigenti.

Riconvertire il sistema produttivo? A vantaggio di chi e con quale prospettiva? È in corso un conflitto intestino al grande capitale tra settori indirizzati verso lo sfruttamento delle risorse energetiche tradizionali e quanti invece vorrebbero investire nelle nuove tecnologie a minore impatto ambientale. L’argomento è parte integrante anche di Industria 4.0 (di cui non si è mai voluto discutere in ambito sindacale e politico). Riusciremo a riconvertire produzioni nocive per l’uomo e l’ambiente sanificando i territori inquinati per la bonifica dei quali attendiamo da 40 anni investimenti e iniziative concrete? E questo ambizioso piano avrà dei costi elevati, allora dove pensiamo di prendere i soldi necessari? Allo stesso tempo leggiamo che il nuovo governo si attiverà per la costruzione delle grandi opere tra le quali la Tav.

I vaccini – Il piano vaccinale del governo Conte 2 è stato smentito dalla lentezza con la quale sono arrivate le prime dosi dei vaccini. Ma invece di affidarsi alle multinazionali del farmaco, che si avvalgono peraltro della collaborazione di ricercatori e centri di studio italiani, non sarebbe logico ricostruire la sanità pubblica? E per sanità non intendiamo solo ospedali moderni ed efficienti con personale formato e in numero sufficiente, il diritto alla cura necessita anche di altro come centri di ricerca pubblici e laboratori di analisi oggi assenti in numerose province del paese. Scrivevamo mesi fa dei test in Calabria costretti a migrare in Puglia per essere analizzati, allora se vogliamo rafforzare la sanità pubblica è imprescindibile intervenire per limitare le convenzioni con il privato, le visite intramoenia, la sanità integrativa che è parte integrante di accordi sindacali per i rinnovi contrattuali. Ma se vogliamo personale a esclusiva disposizione delle strutture pubbliche non sarà il caso di pagarlo alla stessa stregua dei colleghi europei? Se confrontiamo lo stipendio di un infermiere, di un medico, di un insegnante o di un operaio italiano con i salari francesi o tedeschi, o del Nord Europa, si capisce bene che il pubblico non potrà limitarsi a rinnovi contrattuali con il codice Ipca.

Non si può tenere il piede su due staffe come fatto per tanti anni: se vogliamo che la salute non sia solo uno slogan elettorale servono azioni concrete e scelte dirimenti di rottura con il passato.

Il lavoro – La riforma degli ammortizzatori sociali e la proroga del divieto di licenziamento per l’interno 2021 sono stati argomenti sui quali il Conte 2 si è diviso senza mai arrivare a prendere delle decisioni in virtù delle continue pressioni operate da alcuni partiti (Italia Viva) che assumevano in toto il punto di vista delle associazioni datoriali da sempre contrarie alla quota 100 e alla riduzione dell’età pensionabile, al reddito di cittadinanza e al divieto dei licenziamenti collettivi. 

Visto l’entusiasmo confindustriale con cui è stato accolto l’incarico a Draghi siamo certi che il nuovo governo non opererà nell’interesse dei lavoratori muovendosi invece per limitare l’indebitamento e per indirizzare la spesa pubblica verso i desiderata delle imprese.

La pubblica amministrazione – Da anni si parla di riforma della Pa ma ben poco è stato fatto per esempio per favorire assunzioni, in deroga ai tetti di spesa e alla cosiddetta sostenibilità finanziaria, o in materia di formazione, digitalizzazione. Gli Enti pubblici sono stati perfino incapaci di ripensare la gestione dei servizi alla luce dello smart working, questi sono ritardi accumulati nel tempo e dalla cultura della performance funzionale a dividere i lavoratori senza accrescerne la cosiddetta produttività. 

L’idea diffusa e senza dubbio più gettonata è quella di riformare i settori pubblici in funzione degli interessi delle imprese, sarebbe logico invece discutere pubblicamente su quali indirizzi e scopi dovrebbe avere una eventuale riforma della Pa che in 20 anni ha perso oltre 500mila posti di lavoro con decine di ospedali chiusi, la fuga all’estero di tanti ricercatori e l’istruzione di ogni ordine e grado a pezzi.

Apriamo allora un confronto reale sui contenuti senza genuflettersi al dio mercato e a governi che nascono, come nel passato, per imporre politiche funzionali ai grandi capitali. Come avvenne, in tempi e contesti diversi, con il governo Monti, l’arrivo di Draghi è stato annunciato da tempo, imposto dai convitati di pietra del capitale con il sostegno attivo delle associazioni datoriali e dei sindacati rappresentativi. Per quanto difficile sia opporsi a un governo che riceve l’assenso di gran parte delle forze parlamentari e dei sindacati, dovremo fare uno sforzo di comprensione degli scenari futuri e attrezzarci per non soccombere.

12/02/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Federico Giusti

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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