La spesa previdenziale e il fabbisogno del settore statale sono in costante aumento, in un solo anno di 16 miliardi di euro, più del 36% rispetto agli 11,724 miliardi di un anno fa. E la spesa crescerà progressivamente visto che alla soglia della pensione si trova una quota significativa di dipendenti. A meno di non inasprire i requisiti previdenziali della Fornero per l'uscita dal lavoro, che sono tra i più alti dei paesi Ue, il Ministero dell'Economia dovrà presto fare i conti con questa situazione.
Ma attenzione, la maggiore spesa pubblica non è data solo dalle pensioni (che in prospettiva futura, calcolate con il sistema contributivo, determineranno assegni previdenziali leggeri rispetto agli attuali e ancor più a quelli del passato) ma anche da altri fattori come l'aumento della spesa delle amministrazioni centrali e i prelievi degli enti territoriali senza dimenticare i vari incentivi fiscali all’edilizia che diventando compensazioni andranno a ridurre il gettito dei versamenti futuri con l’F24, il modulo con cui si pagano varie imposte e tributi.
Chi aveva pensato al rilancio dell'economia e del settore edile forse avrebbe dovuto fare conti precisi anche con la trasformazione del credito d’imposta in debito pubblico da qui ai prossimi 3\4 anni.
Sarebbe per contenere il debito pubblico che da tempo si sollecitano lavoratori e lavoratrici a sottoscrivere polizze assicurative e pensioni integrative che poi fanno la fortuna del capitalismo finanziario e consentono ai Governi di turno di rinviare un serio intervento in materia di salvaguardia del potere di acquisto delle pensioni e dei salari.
Detto ciò non sarà sfuggita ai nostri pochi lettori la polemica tra Governo Italiano e Unione Europea sui controlli dei fondi destinati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) tanto che dalla maggioranza in Parlamento arrivano accuse alle autorità europee e critiche palesi alla Magistratura contabile e alla sua eccessiva invadenza.
Per esponenti della destra l'Italia avrebbe il sistema di controlli più efficace d'Europa. Forse prima di rilasciare dichiarazioni del genere dovremmo documentarci meglio sulle altre nazioni Ue.
In passato la Corte dei Conti ha esercitato senza dubbio un potere eccessivo contestando danni erariali a dipendenti pubblici per decisioni assunte nello svolgimento del loro lavoro, e non ci riferiamo alle scelte scellerate che hanno portato a dissipare denaro pubblico.
Certo è che la Corte dei Conti esercita funzioni di vigilanza e di controllo che all'atto di presentare i progetti del Pnrr alle autorità europee potrebbero essere di non poco aiuto specie se alcuni obiettivi non sono stati raggiunti o lo sono stati in maniera parziale.
I soldi del Pnrr dovranno essere restituiti con gli interessi e non è dato sapere quali saranno gli impatti sulle finanze e sui conti pubblici italiani nei prossimi 20 anni, tuttavia crediamo che un controllo o anche la semplice vigilanza della Corte dei Conti rappresenti un problema per il Governo che ha già messo mano al codice degli appalti con alcune semplificazioni che suscitano innumerevoli dubbi.
Dopo le dichiarazioni dei giorni scorsi di aperta critica al Governo da parte dei vertici della Corte dei Conti, insinuando anche una violazione della Carta Costituzionale, non è tornato il sereno ma è stato almeno trovato un compromesso temporaneo, la proroga di un solo anno dello scudo erariale. La Corte ne chiedeva la revoca per la fine dell'emergenza pandemica ristabilendo la piena responsabilità contabile per gli amministratori pubblici in caso di «colpa grave» (il dolo non è mai stato soggetto a scudo).
La riforma dei controlli che investirà ruoli e funzioni della Magistratura contabile resta comunque tra gli obiettivi dell'Esecutivo, da inserire probabilmente nel pacchetto Giustizia annunciato per le prossime settimane. Si guarda tanto alla giurisdizione della Corte dei conti, alla quale spettano indagini e processi per danno erariale, quanto all’intero sistema dei controlli gestionali. Sono in gioco interessi rilevanti ma anche quel sistema di vigilanza e controlli sull'operato del Governo che in un'ottica dirigista e presidenzialista starebbe fin troppo stretto alla destra. E non intendiamo solo i controlli sul Pnrr, il rispetto dell'art 97 della Costituzione che poi riguarda i principi cardini che reggono l''operato della Pubblica amministrazione (trasparenza, legalità e imparzialità) ma l'intero sistema di controlli attraversando la colpa grave salvaguardata dallo scudo erariale ancora per 12 mesi accompagnando questa misura alla esplicita richiesta di meccanismi di riduzione delle condanne per processi che pendono su amministratori pubblici.
La polemica tra Governo e Corte dei Conti (di cui non ci ergeremo certo a difensori) non è certo un incidente di percorso ma un segnale di insofferenza verso quell'insieme di regole contabili e di controllo che Meloni ha accettato e sostenuto ma tali da rappresentare un problema rilevante agli occhi degli elettori specie se rallenteranno la corsa del Governo.
L'insofferenza degli Enti locali per i controlli della corte dei Conti è risaputa, tanto che il Governo di destra vorrebbe rivederne ruoli e funzioni all'insegna di un incremento dell'attività di rilascio dei pareri e a discapito delle funzioni giudicanti e sanzionatorie, una sorta di vigilanza collaborativa. Inutile negare che dietro alla querelle si nasconda ben altro: un'idea dello Stato nel quale i poteri degli esecutivi siano rafforzati e svincolati da innumerevoli controlli; da qui nascono le critiche alla funzione della Magistratura contabile. E con questo, lo ripetiamo per non essere travisati, non saremo certo noi i guardiani dell'austerità ma solo attenti osservatori di quanto si muove nella grande pentola del Governo di destra.