Ancora sulla crisi del sistema aeroportuale

Torniamo ad analizzare gli sviluppi della crisi di un settore giudicato trainante per l’'economia nazionale. All’ombra delle liberalizzazioni e del Recovery gli scenari presenti e futuri con l’annuncio di migliaia di esuberi. Ce lo chiede l’Ue?


Ancora sulla crisi del sistema aeroportuale

Torniamo a parlare, dopo il commento della settimana scorsa, della crisi del settore aeroportuale registrando un fatto nuovo: l’accordo, definito Patto del Cacciucco, tra i sindaci di Firenze, Lucca e Pisa all’ombra di Toscana aeroporti.

Pochi giorni prima di Pasqua i sindaci toscani si sono trovati insieme per costruire un pacchetto di interventi e di richieste al governo e alla Ue, giudicati prioritari e verso i quali destinare parte dei soldi del Recovery.

Infrastrutture, reti stradale e ferroviarie per costruire un equilibrio sinergico tra le aree industriali toscane e il sistema di trasporti ma anche alcune opere da tempo richieste dalle associazioni datoriali e da Toscana aeroporti.

Invocano la fine del campanilismo all’insegna di una rinnovata collaborazione, ma la critica ai desiderata delle imprese, visto che parliamo di soldi pubblici, sono forse da bollare come pretestuosi campanilismi? Certo che no! Gli scali di Pisa e di Firenze già prima della pandemia registravano dati contrastanti sui passeggeri, in calo i voli a Pisa e in aumento quelli a Firenze verso cui la società proprietaria (quotata in Borsa e senza soci pubblici se non con residuali e ininfluenti quote azionarie) ha destinato sempre più voli cargo.

Dopo mesi di discussione nei consigli comunali, i sindaci di Firenze (Pd) e di Pisa (Lega) scelgono di sottoscrivere un patto comune senza chiedere conto delle politiche industriali di Toscana Aeroporti e vanificando perfino quel confronto democratico avviato nelle commissioni consiliari e con le organizzazioni sindacali dei lavoratori. “10 milioni di euro dalla Regione Toscana a Toscana Aeroporti e nel frattempo stanno vendendo Toscana Aeroporti Handling [ndr, una società fino ad oggi controllata/di proprietà di Toscana Aeroporti] con l’ennesimo spezzatino in nome della liberalizzazione del mercato; non una parola sul sistema degli appalti con le future gare che potrebbero sancire tagli occupazionali e di ore a questa forza lavoro già sottopagata e part-time” è il commento del sindacato di base Cub di Pisa.

Ma i sindaci, sotto l’egida dell’Anci, si stanno muovendo da settimane per rivendicare la loro diretta partecipazione alle grandi opere da intraprendere all’ombra del Recovery e non solo in Toscana ma anche nelle regioni meridionali alle quali non casualmente saranno assegnate migliaia di unità provenienti dai prossimi concorsi nella Pa, per lo più profili amministrativi e tecnici connessi ai piani del Recovery.

La sottoscrizione del Patto sulla Pa da parte di Cgil-Cisl-Uil sarà il classico cavallo di Troia per i lavoratori e le lavoratrici del comparto. Riscriveranno la declaratoria dei profili professionali, rafforzeranno la performance e la cosiddetta meritocrazia ripensando i servizi pubblici in funzione non dei cittadini ma delle imprese.

E nonostante gli annunci di Brunetta gli organici futuri non compenseranno che in minima parte le migliaia di posti di lavoro perduti negli ultimi 20 anni.

Ma torniamo al Trasporto aereo senza dimenticare l’accorato appello dei sindaci meridionali che chiedono di destinare i soldi per le grandi opere del Recovery Fund ai porti che sono da tempo in grande sofferenza.

Corriamo un rischio, del tutto sottovalutato dai sindacati, quello di ritrovarci con tanti soldi destinati alle imprese e a opere infrastrutturali da loro richieste; è forse quanto serve al rilancio dell’economia? E al contempo non mancano scivoloni in materia di legislazione sul lavoro. Sul banco degli imputati ormai non c’è la cancellazione del Jobs Act ma i limiti imposti al tempo determinato dal decreto Dignità, altra richiesta delle associazioni datoriali per le quali i posti di lavoro restano solo precari e ovviamente lautamente finanziati dallo Stato sotto forma di incentivi e agevolazioni fiscali.

Proviamo allora a riflettere sull’immediato futuro partendo dalla deliberata distruzione di Alitalia la che sancirà migliaia di esuberi i quali si ripercuoteranno anche sul sistema di appalti e subappalti. Un sistema che nel settore aeroportuale è proliferato, anche in nome delle liberalizzazioni.

Gli attuali commissari di Alitalia non hanno soldi per pagare gli stipendi. Ma allo stesso tempo la Commissione europea concede ben pochi rimborsi per le perdite causate dalla pandemia. Siamo davanti a deliberate decisioni assunte a livello Ue per far fallire quella che era la principale compagnia aerea di bandiera, dopo i disastri combinati negli anni dai governi e dai sindacati di categoria.

Perfino i finanziamenti annunciati e pattuiti sono stati inspiegabilmente diminuiti dalla commissione Ue e nulla sappiamo dei criteri adottati nell’erogazione dei fondi alle varie compagnie continentali. Si è usato un criterio univoco valido erga omnes oppure a livello Ue è stato decisa la liquidazione di Alitalia per favorire altre concorrenti (magari tedesche)? Un dubbio sollevato, con tanto di dati e analisi, dal prof Ugo Arrigo in un articolo di pochi giorni or sono.

La crisi Alitalia non solo riguarda i suoi lavoratori ma l’intero sistema aeroportuale. La gestione della Ue parrebbe finalizzata a potenziare alcune compagnie straniere che si troverebbero in una condizione particolarmente favorevole dopo la scomparsa della compagnia italiana. E anche erogare meno finanziamenti potrebbe essere funzionale a tale scopo.

Ma sulla vicenda Alitalia dovremmo riflettere a lungo a partire da quanto scrivono i sindacati Cub ed Usb e ancora lo stesso Arrigo, oltre a quanto risulta da varie inchieste giornalistiche, non ultima quella della trasmissione Report.

Sono innegabili sprechi di denaro pubblico e le politiche manageriali errate, come anche le indebite pressioni di governi che hanno favorito il collasso della principale compagnia di bandiera italiana.

Gli scali italiani sono ormai terreno di conquista delle grandi compagnie e il Governo sta solo a guardare senza uno stralcio di politica industriale idonea a salvaguardare le aziende nazionali e soprattutto i posti di lavoro.

Per anni hanno pensato che la liberalizzazione fosse indispensabile ma ci stiamo rendendo conto che altre nazioni hanno operato in termini selettivi senza cedere alle lusinghe delle compagnie.

Poi, se vogliamo dirla tutta, in tempi di transizione ecologica, ci sembra a dir poco contraddittorio pensare che la via di uscita dalla crisi siano le grandi opere e l’ulteriore cementificazione del territorio in un paese nel quale esistono ancora i binari unici e intere tratte su rotaia sono state distrutte per le scelte liberiste di recidere i “rami secchi”, tanto che, in Europa, il nostro paese si contraddistingue per aver ridotto, anziché ampliato, la rete ferroviaria dal dopoguerra a oggi (lo stesso discorso vale per gli ospedali e per le scuole depotenziati negli ultimi decenni).

Cosa sta accadendo allora nel sistema aeroportuale? Dovrebbero dirlo innanzitutto i sindacati cosiddetti rappresentativi che oggi si limitano a chiedere ammortizzatori sociali senza spendere una parola sugli scenari attuali, sulle politiche di liberalizzazione, sulle grandi opere annunciate in nome del Recovery Fund e della ripartenza o della “resilienza”, come piace dire alla burocrazia europea. Saremo forse ingenerosi e ripetitivi ma crediamo che il ruolo del Sindacato dovrebbe essere ben altro che fare da spalla alle grandi imprese.

09/04/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Federico Giusti

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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