Mille volti, mille cuori, mille famiglie ogni anno vengono cancellati, frantumati, distrutti a causa del lavoro. Ogni anno l’Inail registra questo dato straziante, a dire il vero anche parziale, eppure sembra che questa tematica non interessi minimamente le varie compagini che si alternano al governo di questo Paese le quali, a buon cuore, si limitano ad etichettare l'accaduto sempre come un fatto più o meno eccezionale.
Come appunto eccezionale sarebbe stato l'evento che ha causato la morte degli operai nel cantiere Esselunga a Firenze. Ma d’altronde cosa vuoi che possa interessare alle classi dominanti il fatto che mille persone possano morire ogni anno al lavoro quando può rimpiazzarli anche a minor costo con carne fresca. Zero. Non c’è alcun interesse di chi compra la forza lavoro nel metterla all’opera in condizioni di sicurezza e zero sono gli investimenti in tal senso visto che per far ciò le imprese dovrebbero adeguare i mezzi, i processi e abbassare i ritmi perdendo inevitabilmente fette di plusvalore. La storia degli operai morti nel cantiere dell’Esselunga è purtroppo una triste vicenda che dipinge, a tinte fosche, il quadro delle condizioni di lavoro nel nostro Paese, un quadro desolante che peggiora di anno in anno e non possiamo certo aspettarci miglioramenti senza una mobilitazione di classe pesante su questo tema che purtroppo neanche la CGIL sembra voler mettere in campo con la determinatezza che merita il caso.
Al quadro già di per sé desolante che si trascina in Italia da anni delle condizioni di lavoro si è aggiunta -alla faccia del blà blà blà che ogni anno il Presidente della Repubblica, come da copione, pronuncia la notte di capodanno in difesa della salute dei lavoratori - la ciliegina sulla torta del nuovo e ancora più reazionario codice degli appalti promosso da Salvini e concordato con Meloni, tanto desiderato dalle frazioni più reazionarie dell’economia borghese italiana, fatta dai quei capitali parassiti, medi e piccoli, che vivono all’ombra dei giganti e assetati di profitto, che prevede la sostanziale esplosione ad infinito della catena di subappalti.
Il Codice degli Appalti 2023 introduce infatti novità rilevanti in questo campo: è stata modificata la disciplina che regolava il fenomeno del subappalto introducendo la piena libertà di subappaltare per intero l’importo contrattuale. Finora lo strumento del subappalto veniva usato con dei limiti, anche di tipo quantitativo, per il timore che potesse costituire veicolo di infiltrazioni criminali ma questi limiti incontravano la contrarietà delle norme europee e per questo si è reso necessario adeguare le norme nazionali a quelle comunitarie. Non solo è stato superato il concetto di soglia limite dell'importo subappaltabile ma, sempre al fine di soddisfare le prescrizioni dell’Unione Europea, il nuovo Codice 2023 ha eliminato anche il previgente divieto del subappalto “a cascata”. Infine, dulcis in fundo, è stato eliminato l’obbligo, per le prestazioni affidate in subappalto, di applicare gli stessi prezzi unitari risultanti dall'aggiudicazione, rendendo in tal modo possibili ribassi indiscriminati.
Tradotto in parole semplici questo significa che ogni grande opera , ogni servizio importante che un ente pubblico mette a gara, viene aggiudicato in prima istanza da una grande azienda (multinazionale o un consorzio di aziende) sulla base di un tariffario concordato per l’offerta ma, poi, grazie a questo nuovo codice, la stessa azienda aggiudicatrice ha la facoltà di subappaltare anche l’intera opera ad altre aziende -amiche- le quali a loro volta si offrono per svolgere quel servizio a tariffe molto più basse. In tal modo tutte le garanzie di controllo sui salari e sulla sicurezza vengono totalmente meno. Lo Stato, in questa catena di subappalti e con queste regole, non ha più alcuna possibilità di esercitare il benchè minimo controllo o vigilanza in corso d’opera. Vengono in mente le parole di Gramsci quando parlava di Stato guardiano notturno.
Questa faccenda della modifica del codice degli appalti, accolta a braccia aperte della media borghesia italiana, fotografa un altro importante fenomeno anche di matrice internazionale collegato al rapido processo di sottomissione delle piccole e medie imprese al grande capitale. Infatti il modello consolidato di organizzazione dell’impresa borghese in questa fase - che abbiamo definito monopolistica - è quello toyotista. Affermatosi a partire dal secondo dopoguerra, tale modello è stata la risposta più adeguata che la borghesia ha individuato per far fronte ad una doppia necessità: da un lato è stata una risposta al crescente fenomeno della centralizzazione dei capitali, dall’altro alla necessità di tenere separati i lavoratori, frammentando il processo di produzione in una complessa rete di gruppuscoli (piccole imprese) in competizione tra loro. Utilizzando un’immagine molto efficace proposta dal prof. Domenico Laise, quando vogliamo comprendere il sistema toyotista dobbiamo pensare ad una costellazione al centro della quale vi è la stella più grande e intorno ad essa, in movimento, ruota un pulviscolo di piccole e medie imprese che vive -a volte anche solo pochi giorni- solo fin tanto che è garantito il legame con il centro della costellazione. Si tratta evidentemente di un legame basato sulla possibilità di estorcere, da parte del centro, la maggior parte del plusvalore prodotto dalla periferia. Attraverso questo modello dell’economia nella fase attuale imperialista si realizza la sottomissione della piccola borghesia alla grande con metodi ferocissimi, dentro o fuori, vita o morte senza appello.
Un altro aspetto da osservare in questa faccenda è che la proposta di modifica del codice degli appalti cioè, come abbiamo visto, lo sviluppo in avanti del modello toyotista, è stato iniettato nella normativa italiana, eseguendo gli ordini delle élite europee, proprio dal governo più legato alla nebulosa di piccoli imprenditori nostrani. Va da sè che ciò implicherà un’ulteriore sottomissione dell’economia italiana ai grandi trust internazionali a dimostrazione, ancora una volta, di come i principali svendipatria siano proprio gli esponenti più retrivi della destra nazionale. Certo, quando parliamo di legami tra piccoli pesci e grandi capitali parliamo sempre di legami contraddittori e conflittuali, ma queste saldature destano sempre molta preoccupazione se facciamo nostra l’analisi che i comunisti italiani hanno fatto del fasciamo (cit. Lezioni sul fascismo di Togliatti): uno degli errori più importanti compiuti dalle avanguardie del tempo è stato proprio quello di sottovalutare le saldature tra la grande borghesia e la piccola borghesia, sottovalutando cioè il lavoro di egemonia sui ceti intermedi e piccolo borghesi si permise questa saldatura che poi consentì la rapida ascesa e l’instaurazione del fascismo.