Ognuno dovrebbe poter vivere nel Paese che ama

L’amara lettera di Stefania Fattori, una compagna costretta a lasciare l’Italia per riacquistare la dignità.


Ognuno dovrebbe poter vivere nel Paese che ama Credits: castelvetranonews

Sono nata e cresciuta a Roma, città che amo infinitamente, ma a 56 anni sono costretta ad andare via dalla mia città dal mio quartiere, dai miei affetti e da quella che io riconosco da quando ho l’età della ragione come la mia comunità (R)esistente, la mia famiglia ideologica, i miei fratelli e le mie sorelle, i miei compagni le mie compagne .

Non sono felice di andarmene, direi piuttosto che sono “ incazzata”. Ho scelto la libera professione che ho amato e a cui dedicato la mia vita con passione. Ho scelto la creatività, la possibilità di esprimere attraverso il mio lavoro le mie capacità organizzative e comunicative. Ho avuto la fortuna di incontrare persone speciali, giganti della cultura, dello spettacolo dell’arte e della musica. Ho organizzato campagne di promozione pubblicitaria di prodotti di aziende multinazionali e convegni internazionali, ma nel nostro Bel Paese non basta un cv importante, non basta la professionalità che hai acquisito nel tempo con fatica. Nel nostro Bel Paese devi avere i santi in paradiso, venderti al sistema o essere amico dell’amico per lavorare. Eppure il lavoro dovrebbe essere un diritto per tutti e tutte i cittadini. Ѐ o non è la nostra una Repubblica democratica fondata sul lavoro?

Per la mia esperienza di libera lavoratrice, mai venduta al sistema e non essendo amica di “qualcuno”, credo che il diritto al lavoro sia stato e sia calpestato. Offese e umiliate persone, che come me lavorano onestamente, da delinquenti che gestiscono il nostro paese e che oggi come ieri siedono su poltrone di potere .

La mia (R)esistenza alla sopravvivenza, e non dico al “vivere”, è stata abbastanza lunga, sofferta ed estenuante. Compensi mai pagati o attese di mesi e mesi e allo stesso tempo lo Stato le tasse le chiede e le esige da me che non posso esigere nulla da chi mi aveva commissionato il lavoro, ho potuto soltanto sperare nel saldo delle fatture e resistere.

Mi si chiede perché vado via? Perché questo è un paese finito culturalmente, economicamente, ma soprattutto umanamente. In molti qui se la prendono con i migranti che “rubano” il lavoro agli Italiani. E certo… se i migranti andassero via noi “navigheremo tutti in un mare di lavoro”? Occupazione per tutti?. Senza riflettere che sono loro che dobbiamo ringraziare se ancora qualche Italiano riesce a percepire la pensione e sono sempre loro che curano i nostri anziani e crescono i nostri bambini.

Preferisco andare via, trasferirmi in un paese dove la gente ancora ti sorride e ti accoglie al di là della tua lingua, del colore della pelle o religione. Con rabbia, ma vado via. Mi voglio allontanare almeno per un po’ da un popolo incapace di reagire ad uno Stato vampiro, ad uno Stato che ha violato e sospeso tutti i diritti dei cittadini dalla casa al lavoro, dall’istruzione alla sanità per finire con una Giustizia che uccide.

Non voglio più vedere offesa la dignità del singolo costretto a vivere con 500 euro al mese o studenti costretti al lavoro, da riforme, come l’alternanza scuola/lavoro, costruite ad hoc da ministri ignoranti per far sfruttare i giovani dalle aziende, con la certezza peraltro di essere i futuri disoccupati. Che si abituino i ministri a lavorare e lascino i nostri studenti allo studio e alla cultura per la costruzione di un paese civile.

Lascio questo paese con la rabbia di chi non pensa di aver perso o fallito. Lascio questo paese con il dolore di aver condiviso tante lotte con una minoranza, la più ostinata, bella e resistente, ma che non ha, non abbiamo, avuto la capacità e la forza di combattere uniti, senza personalismi politici, i veri nostri nemici, ovvero Stato e fascismo mai debellato in Italia dal dopoguerra ad oggi. Le conseguenze le stiamo vivendo quotidianamente con episodi di razzismo, violenza, emarginazione, xenofobia, sessismo. Del resto conosciamo tutte e tutti come il diffondersi delle idee fasciste abbia conseguenze criminali.

Io non mi sono mai arresa e mai mi arrendo. Continuo a lottare per idee, valori ed ideali in cui credo, per la costruzione di un mondo migliore, non con la speranza che “è una trappola inventata dai padroni” (M.Monicelli), ma con il desiderio di poter tornare a casa al fianco di un popolo disposto a lottare per essere un paese libero, democratico e civile.

Si sceglie di cambiare per amore e per dignità e “con i piedi fortemente poggiati sulle nuvole” (Ennio Flaiano).

28/10/2017 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: castelvetranonews

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L'Autore

Stefania Fattori

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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