Lo sciopero generale del 2 dicembre

Le indicazioni di Lenin sullo sciopero generale sullo sfondo della prima mobilitazione sindacale contro il Governo Meloni


Lo sciopero generale del 2 dicembre

Quanto più si sviluppa il capitalismo, quanto più si moltiplicano le grandi fabbriche, quanto più sono spodestati i piccoli capitalisti dai grandi, tanto più imperiosa è la necessità di una resistenza unitaria degli operai, perché si aggrava la disoccupazione, si acutizza la competizione tra capitalisti, che cercano di produrre merci al minor costo possibile (proprio per questo è indispensabile pagare l’operaio il meno possibile), e tanto più si accentuano le oscillazioni dell’industria e le crisi.” Lenin (“Sugli scioperi”, scritto nel 1899 per la Rabociaia Gazeta, pubblicato nel 1924).

Uno sciopero generale incontra difficoltà di ogni ordine e grado, dal silenzio mediatico alla difficoltà di costruire mobilitazioni nei luoghi di lavoro, senza dimenticare la legislazione vigente che ne ostacola, oltre ogni misura teoricamente lecita in un paese democratico, l'esercizio nei servizi ritenuti essenziali.

Esiste poi una ritualità nei mesi autunnali. Da anni il sindacalismo di base indice una o più date con scioperi generali che poi generali non sono per la debolezza delle realtà promotrici presenti solo in alcuni luoghi di lavoro. Al contempo chi invece continua a stare dentro la CGIL ha finito con il giustificare\relegare ogni azione dentro una sorta di contestazione ideologica all'operato dei vertici sindacali scegliendo la via comoda della permanenza nei cosiddetti organismi di massa (e da qui il saccheggio senza contestualizzazione dei testi leninisti) che poi di massa, sempre nel senso leninista del termine, non sono più. Non è casuale che oggi, rispetto a 10 o 20 anni fa, la minoranza di sinistra della CGIL è non solo frammentata ma anche numericamente ridotta nei numeri e senza alcuna autonomia politica e programmatica eccezion fatta per le fasi congressuali (ci ricorda la sonnolente sinistra che si sveglia solo per le elezioni).

Poi ci sono istanze sociali e politiche per le quali lo sciopero generale diventa anche sciopero sociale al fine di mobilitare settori della società o dei movimenti fuori dai luoghi della produzione. E in taluni casi gli scioperi generalizzati finiscono con il dimenticare la lezione leninista intraprendendo la strada di una sorta di agitazionismo sociale che non vuole intrecciarsi con quello sindacale (prima o poi dovremo fare i conti con il cosiddetto “benicomunismo” [1]).

Tutte le sigle del sindacalismo di base hanno promosso lo sciopero generale del 2 Dicembre. L'indomani a Roma si terrà invece una manifestazione nazionale contro il Governo Meloni alla quale non tutte le realtà promotrici hanno aderito.

Questi i fatti; citiamo ancora dei passaggi del medesimo testo di Lenin sullo sciopero che ci sembrano ancora attuali:

Lo sciopero insegna agli operai ad acquisire coscienza delle proprie forze e di quella dei padroni, insegna loro a pensare non solo al proprio padrone e ai propri compagni, più vicini, ma a tutti padroni, a tutta la classe dei capitalisti e a tutta la classe degli operai. Quando un fabbricante che ha ammassato milioni sul lavoro di diverse generazioni di operai, rifiuta anche il più modesto aumento del salario o cerca persino di ridurlo, ancor di più e se gli operai oppongono resistenza allora migliaia di famiglie affamate vengono lasciate alla mercé della corrente, allora risulta chiaro agli operai che tutta la classe dei capitalisti è nemica di tutta la classe degli operai e che gli operai possono confidare solo su se stessi e la loro unione. Accade molto spesso che un imprenditore cerca d’ingannare con ogni mezzo gli operai, di presentarsi come il loro benefattore, di occultare lo sfruttamento con un’elemosina qualsiasi, con false promesse. Ogni sciopero distrugge in un sol colpo questo inganno, mostrando agli operai che il loro “ benefattore” è un lupo travestito da agnello.

Ma lo sciopero apre gli occhi agli operai, non solo in riferimento al capitalista, ma anche per ciò che riguarda il Governo e le leggi. Allo stesso modo in cui gli imprenditori vogliono farsi passare per benefattori, i funzionari e i loro lacchè si impegnano per convincere gli operai che lo zar e il suo Governo si preoccupano allo stesso modo dei padroni e degli operai, con spirito di giustizia. L’operaio non conosce le leggi né si mescola con i funzionari, e men che mai con gli alti funzionari, per queste ragioni molto spesso dà credito a tutto ciò. Ma nel momento in cui scoppia uno sciopero e si presentano in fabbrica il fisco, l’ispettore del lavoro, la polizia e spesso l’esercito, allora gli operai si rendono conto che hanno violato la legge:o la legge permette agli imprenditori di riunirsi e discutere apertamente su come ridurre il salario degli operai, mentre questi sono additati come delinquenti se cercano un accordo! Sfrattano gli operai dalle loro case, la polizia chiude i negozi che potrebbero fornirgli cibo a credito e si aizzano i soldati contro gli operai, anche quando questi mantengono un attitudine pacifica e serena. Si inizia a dare ai soldati l’ordine di aprire il fuoco contro gli operai, e quando uccidono i lavoratori inermi, sparandogli alle spalle, lo zar manifesta la sua gratitudine alle truppe (come fece con i soldati che nel 1895 assassinarono gli scioperanti di Earoslavl). A tutti gli operai diventa chiaro che il Governo zarista è un nemico giurato, che difende gli interessi dei capitalisti ammanettando gli operai. Si comincia a comprendere che le leggi si fanno a beneficio esclusivo dei ricchi, che anche i funzionari difendono gli interessi dei ricchi, che il popolo lavoratore viene zittito, imbavagliato e non gli si permette di esprimere le proprie necessità, e che la classe operaia deve necessariamente lottare per il diritto di sciopero, di pubblicare giornali operai e di avere rappresentanza in un'assemblea popolare incaricata di promulgare le leggi e di vigilare sul loro compimento. A sua volta, il Governo comprende molto bene che gli scioperi aprono gli occhi agli operai e per questo motivo incutono loro paura e si sforzano in ogni modo per reprimerli il prima possibile. Un ministro dell’interno tedesco, che acquisì particolare fama per la sua aspra persecuzione dei socialisti e degli operai coscienti, dichiarò, non senza motivo, in un’occasione, innanzi i rappresentanti del popolo: “Ad ogni sciopero si affaccia l’idra (mostro) della rivoluzione”. Con ogni sciopero cresce e si sviluppa negli operai la coscienza che il Governo è suo nemico e che la classe operaia deve prepararsi a lottare contro di lui, per i diritti del popolo.

Gli scioperi, dunque , abituano gli operai ad unirsi, gli permettono di vedere che possono sostenere la lotta contro i capitalisti solo in comune, li abituano a pensare alla lotta di tutta la classe operaia contro tutta la classe degli imprenditori e contro il Governo autocratico e di polizia. Per questo i socialisti chiamano gli scioperi “scuola di guerra” scuola nella quale gli operai imparano a condurre la guerra contro i loro nemici, per l’emancipazione di tutto il popolo, di tutti i lavoratori, dal giogo dei funzionari, dal giogo del capitale”.

I contesti storici sono cambiati da quando Lenin scriveva questo lungo articolo ma qualche insegnamento è ancora di straordinaria attualità.

Il Governo Meloni, una volta insediatosi, ha subito fatto capire che non ci sarà una rottura con il recente passato, basterebbe guardare alla Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (Nadef), fondamentale per la stesura della nuova legge di bilancio. Nadef che nei propositi per i prossimi anni riserverà tagli alla sanità, in perfetta continuità con il Governo Draghi che aveva già maturato queste scelte.

Il Governo di destra si sta muovendo nell'alveo del percorso tracciato dalla tecnocrazia europea contro la quale, dall'apposizione, la destra aveva tuonato nonostante poi abbia accordato voti favorevoli alla Legge Fornero che innalzava l'età pensionabile nonché a innumerevoli decreti legge che possiamo, senza timore di smentita, definire antipopolari perché miravano a rafforzare le politiche di austerità e di contenimento del debito a discapito del potere d’acquisto dei salari. E tanto a "destra" quanto a "sinistra" i consensi diffusi si registrano nelle decisioni che hanno limitato il potere contrattuale del sindacato (che abbiano lo stesso faro guida ossia il neoliberismo?).

Non è dato sapere cosa faranno i sindacati firmatari dei contratti che, in nome della rappresentatività, tacciono davanti alla macelleria sociale dei 40 anni neoliberisti. Nel corso del tempo questi sindacati hanno assicurato non solo sostegno attivo agli Esecutivi ma costruito con gli stessi la "pace sociale" operando contro il conflitto nei luoghi di lavoro perfino laddove gli operai sono governati da algoritmi e costretti ad operare in condizioni di sfruttamento selvaggio.

Un tempo si definiva la politica della Cgil consociativa, il modello di concertazione era triangolare (stato, sindacati, organizzazioni datoriali) costituendo il pilastro su cui hanno sviluppato l’involuzione sindacale in Italia. La concertazione nasce a partire da due accordi rilevanti: il protocollo del 1992 con la soppressione della scala mobile che adeguava automaticamente i salari dal costo della vita. Da quell'anno in poi è iniziata la progressiva erosione del potere di acquisto dei salari che ha portato l'Italia a registrare la minor crescita del costo del lavoro in tutti i paesi dell'Unione Europea (Ue). Il secondo pilastro concertativo è invece rappresentato dagli accordi del 1993 con la politica dei redditi che lega i salari all'aumento della produttività e agli utili di impresa. Senza questo biennio reazionario non sarebbe stata possibile l'adesione dell'Italia all'Ue di Maastricht, giusto a ricordare che l'Europa dei popoli di cui si parlava anche nei settori della sinistra radicale era invece un’alleanza politica a sostegno del capitale, oltre che ispirata da Oltreoceano.

Da inizio anni novanta in poi si sono aggiunti altri tasselli al mosaico della concertazione, non ultimo il Testo sulla rappresentanza sindacale, senza dimenticare gli accordi che limitano il diritto di sciopero fino al sistema delle deroghe ai contratti nazionali. Impiegheremmo giorni a citare tutti i passaggi della grande controrivoluzione avvenuta in questo paese sotto l'egida neo liberista e la estraneità anche di tanti settori della sinistra, sindacale e politica, cosiddetta radicale, alle ragioni del lavoro e degli sfruttati nei luoghi della produzione.

Nei 40 anni neoliberisti è avvenuta in sostanza una controrivoluzione che ha portato all'indebolimento contrattuale e del potere di acquisto, limitando al contempo gli spazi di agibilità democratica, per contrastare il conflitto nei luoghi di lavoro e nella società.

Lo sciopero generale del 2 Dicembre avrà innumerevoli limiti, ma in questo momento ci sembra la sola risposta dignitosa in ambito sindacale. Si guarda alle politiche di guerra e alla militarizzazione dei territori e si rimette in discussione il codice Ipca [2] che ha decretato perdita salariale a ogni rinnovo contrattuale. Sempre lo sciopero del 2 Dicembre denuncia il sistema degli appalti e dei subappalti alimentato negli ultimi anni dopo la esternalizzazione e privatizzazione di tanti servizi un tempo pubblici e contesta apertamente l’autonomia differenziata che acuirà le disuguaglianze sociali ed economiche nel paese. E almeno qualche timido passo lo troviamo anche in materia di fisco in un paese nel quale dietro alla flat tax si nasconde una idea condivisa anche dai sindacati rappresentativi ossia che la perdita di acquisto dei salari e delle pensioni sia causata dalla eccessiva tassazione e non invece da sistemi di calcolo che determinano aumenti irrisori scollegati come sono dal reale costo della vita.

Ci sembrano ragioni sufficienti per sostenere questo sciopero dentro un'ottica diversa da quella della autoesaltazione che qualche gruppo politico e sindacale ha costruito con una pseudo narrativa fin troppo angusta tra luoghi comuni e progressivo abbandono del conflitto tra capitale e lavoro.

Il documento unitario delle sigle promotrici dello sciopero contiene alcune indicazioni utili per riprendere quel cammino conflittuale senza il quale non potremo imporre miglioramenti sensibili alle condizioni di vita delle classi subalterne

Vediamo insieme, per chiudere, quanto scritto dal sindacalismo di base, una sorta di programma minimo da cui ripartire e da concretizzare soprattutto dopo il 3 Dicembre . Il nostro invito è quello di partecipare e contribuire alla riuscita dello sciopero.

  • Rinnovo dei contratti e aumento dei salari con adeguamento automatico al costo della vita e con recupero dell’inflazione reale.
  • Introduzione per legge del salario minimo di 12 euro l’ora.
  • Cancellazione degli aumenti delle tariffe dei servizi ed energia, congelamento e calmiere dei prezzi dei beni primari e dei combustibili, incameramento degli extra-ricavi maturati dalle imprese petrolifere, di gas e carburanti.
  • Riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario.
  • Blocco delle spese militari e dell’invio di armi in Ucraina, nonché investimenti economici per la scuola, per la sanità pubblica, per i trasporti, per il salario garantito per disoccupati e sottoccupati.
  • Rilancio di un nuovo piano strutturale di edilizia residenziale pubblica che preveda anche il riuso del patrimonio pubblico attualmente in disuso, a beneficio dei settori popolari e dei lavoratori.
  • Fermare le stragi di lavoratori, introdurre il reato di omicidio sul lavoro.
  • Fermare la controriforma della scuola e cancellare l’alternanza scuola-lavoro e gli stage gestiti dai centri di formazione professionale pubblici e privati.
  • Difesa del diritto di sciopero. Riconoscimento a tutte le OO.SS. di base dei diritti minimi e dell’agibilità sindacale in tutti i luoghi di lavoro.
  • Introdurre una nuova politica energetica che utilizzi le fonti rinnovabili, senza ricorrere a nucleare e rigassificatori.
  • L’aumento delle risorse a favore dell’autodeterminazione, la tutela della salute delle donne e per combattere discriminazioni, oppressione nel lavoro, nella famiglia e nella società.

 

Note:

[1] Movimento contrario alla privatizzazione dei beni comuni e favorevole alla loro gestione pubblica e partecipata.

[2] Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato per i Paesi dell’Unione Europea che sottostima l'inflazione e non tiene di conto, per esempio, dei rincari dei prodotti energetici.

25/11/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Federico Giusti

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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