La fase politica dopo il voto in Emilia-Romagna


La fase politica dopo il voto in Emilia-Romagna Credits: https://www.ilsussidiario.net/news/elezioni-emilia-romagna-lopzione-referendum-messa-in-campo-da-bonaccini/1958386/

Bonaccini, nella coscienza delle masse, era davvero il meno peggio o era il meglio tra i contendenti che avevano una effettiva possibilità di vittoria? Forse era il meglio a giudicare anche dai voti che ha preso la sua lista personale. Se le cose stanno così, forse dovremmo ricalibrare la nostra analisi da questo punto, più arretrato e meno autoconsolatorio ma probabilmente più corretto, per comprendere ciò che di positivo vi è nella coscienza parziale delle masse lavoratrici e ciò che è invece negativo, frutto di una concezione del mondo non critica e scientifica ma disgregata e incoerente, quale risultato, obbligato, dell’incapacità dell’avanguardia comunista di radicarsi nella storia.

Intendiamoci, le liste della sinistra radicale hanno fatto il massimo e sicuramente è sempre bene presentarsi alle elezioni, meglio se uniti, per propagandare le proprie idee piuttosto che non presentarsi proprio lasciando campo libero alle destre. Ma dobbiamo trovare una risposta alle seguenti domande: Perché Bonaccini è apparso come il meglio possibile? Quale significato diamo al fatto che i comunisti stanno in tutte le lotte ma nonostante questo le persone prediligono il voto utile?

Perché Bonaccini è apparso come il meglio possibile?

Le sardine hanno svolto sicuramente una funzione positiva nella storia di questi mesi spostando a sinistra il baricentro della discussione che nell’ultimo anno era stata completamente centrata intorno ai temi della destra sociale e riportando in piazza le persone contro l’ipotesi cesarista/citofonista incarnata dalla Lega, tuttavia questo spostamento, in assenza di una coerente concezione del mondo, si è fermato appena aldilà della linea di fuoco salviniana e cioè nel campo della destra liberista rappresentata dal renziano Bonaccini, ossia dall’ala destra del PD.

Avevano le sardine la forza di andare ancora più a sinistra? In teoria sì, bastava stare nelle piazze per comprendere quanto la base sociale di questo movimento, perlopiù frequentata dall’ala sinistra dell’ormai ex 5 stelle, è sensibile ai temi socialdemocratici. In pratica ciò non è avvenuto, in parte anche a causa dello snobismo della sinistra radicale che ha rifiutato di tentare un paziente lavoro di egemonia sulla società civile approfittando del vuoto che a sinistra è divenuto sempre più evidente a partire dalla sconfitta di Renzi al referendum costituzionale fino ad arrivare ai giorni nostri caratterizzati dalla fine del Cinque Stelle, che pure incanalavano una certa spinta progressista su alcuni temi sociali, e della nascita del movimento delle sardine.

Vi è sicuramente una distorsione del voto causata dalle leggi elettorali che spinge verso il voto utile ma vi è anche la coscienza nelle masse che le lotte economiche o trovano uno sbocco politico credibile oppure rimangono appese e irrisolte. Da questo punto di vista pesa certamente l’assenza del conflitto sociale aperto e vincente quale unica iniezione di fiducia che spingerebbe il proletariato a costruirsi da sé l’alternativa senza per forza affidarsi ai partiti della borghesia.

Dove ristagna oggi la coscienza delle masse, almeno in alcune aree del paese? Essa è concentrata intorno ad una barricata dove da un lato vi è la paura che la prossima crisi economica possa essere gestita dalla destra sociale che bussa ai citofoni e dall’altro lato la paura per l’incedere della proletarizzazione dei ceti medi. Intorno a questa barricata si combatte la battaglia per l’egemonia, si formano movimenti di opinione, si raggruppano le coscienze e si formano gli eserciti. Si tratta di raggruppamenti compositi e disorganici che cioè sono frutto di un miscuglio di classi che non hanno un progetto e nemmeno una politica delle alleanze, non sono raggruppamenti classici espressione aperta del conflitto tra le classi anche perché questo conflitto è condotto essenzialmente dall’alto, per cui su questa linea di combattimento si vedono proletari contro proletari o proletari contro piccolo-borghesi, nessuno cosciente di sé. L’ottimo per il capitalismo.

Basterebbe un salto minimo di ragionamento per capire che la destra liberaldemocratica incarnata dalla dirigenza del PD anche se rinnovata non costituirà certo un argine al continuo taglio dei salari, come, nell’altro verso, che la destra sociale non è un argine alla proletarizzazione della piccola borghesia, che tali elementi sono connessi alla crisi del capitalismo, ma questo salto non c’è e la partita dunque si gioca su un altro campo, sintetizzando: fascismo/antifascismo, dove appunto Bonaccini appare la soluzione migliore.

Per la Calabria il ragionamento è più complesso: essa è la regione più depressa d’Italia dove al contempo si concentrano, sotto forma di capitali liquidi, le maggiori ricchezze private del paese. Un contesto in cui i raggruppamenti delle coscienze rispondono alla forza soggettiva e politicamente arretrata di tali capitali privati, per lo più di origine mafiosa, i quali controllano e indirizzano il voto. Se pensiamo che partiti come l’UDC e Forza Italia che sono praticamente scomparsi dal resto del paese e lì ancora hanno percentuali di tutto rispetto, comprendiamo l’arretratezza delle masse ma anche il loro ferreo controllo da parte di gruppi economici più o meno oscuri , vista anche la vicenda Gratteri, che ormai controllano le istituzioni dello stato al quale si sono sostituiti.

Perché le persone prediligono il voto utile?

Mentre la partita, per le masse, si gioca su un campo, la sinistra radicale gioca su un altro, a porte chiuse. Vi è un totale scollamento tra i sentimenti e le paure delle masse e come conseguenza la volontà, che sorge da queste paure, a partecipare e schierarsi nella sfera politica e le posizioni iperavanguardiste della sinistra radicale. Partiamo da un esempio: noi possiamo propagandare e volantinare la cancellazione dei decreti salvini quanto ci pare, possiamo esprimere la nostra posizione, ma ciò non diviene elemento di raggruppamento e di analisi oltre noi, non assume dibattito di massa. Solo per un attimo questo dibattito è emerso e divenuto pubblico e cioè quando Sartori, leader delle sardine, lo ha posto, costretto dalla piazza, come elemento di programma politico. Su questo dato dobbiamo riflettere, non illuderci, ma ragionare. Se dalle posizione iperavanguardiste ci si sposta verso posizioni più vicini al sentimento di massa allora si potranno certamente incrociare le difficoltà che sorgeranno dai prossimi conflitti. La tendenza socialdemocratica che appare intravedersi in una parte della base dei 5s dispersi e nelle sardine entrerà necessariamente in contraddizione almeno idealmente con le politiche del governo Conte bis. A noi sta il compito di trasformare queste contraddizioni ideali in conflitto aperto.

08/02/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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