Il dio dell’ignoranza

In quest’articolo si analizza criticamente la scelta del ministero dell’Istruzione di adottare giudizi descrittivi nella scuola primaria con l’intento di livellare gli studenti verso il basso, in direzione di un sapere fondato sulle competenze piuttosto che sulle più approfondite conoscenze.


Il dio dell’ignoranza

Nota della redazione LCF: Pubblichiamo questo articolo che arricchisce il dibattito sulle questioni della scuola, precisando per chiarezza verso il lettore che alcuni giudizi espressi dall’autore non corrispondono al modo di vedere del collettivo politico La Città Futura. Anche secondo noi il concetto di “competenze” contrapposto a quello di “conoscenza” non è condivisibile, ma crediamo anche che vada combattuta la meritocrazia (e il sistema dei voti ne è parte) che, unita al sistema delle competenze, porta la scuola a rispondere a una logica di mercato. Siamo per un’educazione che rimuova tutti gli ostacoli psicologici e sociali e che consenta a ognuno di sviluppare al meglio le proprie potenzialità. Il giudizio descrittivo è solo un aspetto di questo processo di trasformazione in funzione “aziendale” della scuola che deve essere combattuto nella sua totalità.

Sulla scuola da tempo si accaniscono in tanti. Ora si è aggiunto anche il giudizio descrittivo per gli studenti della scuola primaria. Ma pare che si spinga da più parti per uniformarvi la secondaria di primo e poi di secondo grado. Di cosa si tratta: di un giudizio che potremmo definire psico-attitudinale, alunno per alunno, al posto del voto. Si tratta di un giudizio descrittivo, che descrive chi è Caio o Sempronio, cosa sa fare e come si può riassumere la sua preparazione in una descrizione finale in quattro gradi. Ma niente paura: si va dal sufficiente all’ottimo. Non viene preso in considerazione che per uno studente sia anche possibile non farcela. E se questo può avere un senso per la scuola primaria, come motivare l’assenza di risultati negativi per i gradi successivi? E perché allora non spingersi sino all’università? Un bello scivolo sino alla fine. Nessuna ansia e nessuna preoccupazione! Certo dopo un cursus honorum di tal fatta quale fiducia professionale potrebbe essere accesa? Ma non esageriamo, per ora solo alle elementari. Aspettiamo però fiduciosi altre perle di organizzazione istituzionale.

Povero Socrate. Morto per la cultura del niente a venire, nel 399 a.C.

Già il tempo passa e più di duemila anni sono una eternità, quindi via libera all’imbecillità moderna di una pedagogia, scienza dubbia, che ci vuole tutti asini, ma almeno tutti allo stesso livello, possibilmente con laurea annessa. Il sogno cristiano-socialista del livellamento verso il basso, tutti uguali di fronte al Dio dell’ignoranza.

Il giudizio descrittivo ha avuto alcune esemplificazioni nella recente ordinanza e nelle annesse linee guida del ministro Lucia Azzolina.

Si parla ovviamente della didattica per competenze. Significato del termine competenza: piena capacità di orientarsi in un determinato campo; questo campo, che la scuola dovrebbe arare costantemente, è il produrre cultura. Come si fa a essere competenti nel campo della cultura? Naturalmente occorre studiare. Cosa si studia di solito in una scuola, sino ad ora? Ciò che lo studente si trova ad avere davanti a sé, portato dalle capacità propositive dell’insegnante. Poi il discente può anche aggiungere, tagliare, accorciare a suo piacimento e capacità, ma la base della costruzione culturale che promana dalla scuola è essenziale. Ecco perché è la scuola il cardine di ogni nazione. Come è quella scuola così è anche il governo di quel paese. Ora è evidente che noi ci troviamo di fronte a un certo numero, a gruppi, a consorterie, di incapaci e corrotti e perciò la scuola può ben adattarsi a questo humus e di conseguenza ne trae linfa e a sua volta lo irrobustisce.

L’Italia si trova in una situazione critica nell’elenco degli Stati più corrotti del mondo, al venticinquesimo posto tra quelli europei, preceduta anche da Cipro, per fare un solo esempio. Naturalmente gli Stati con poca o pochissima corruzione si distinguono anche per le capacità strutturali con le quali gestiscono la loro scuola, per esempio per gli alti investimenti in percentuale sul Pil nazionale per il settore specifico. Tutta l’Europa del nord in primis si trova in questa positiva situazione. Pochi investimenti, stipendi bassi o bassissimi agli insegnanti, come nel caso italiano, si riversano negativamente sulla farraginosità funzionale a livello pedagogico e di trasmissione del sapere che promana dal ministero sino al lavoro in classe. 

Ora si è giunti al giudizio descrittivo, come se fosse facile descrivere in un giudizio che poi si dovrà riassumere, dalla linea guida ministeriale, in “avanzato”, “intermedio”, “base” e “in via di prima acquisizione”. Tempo fa, nel secolo scorso, per qualche anno si sono avuti anche per le scuole superiori, per l’ammissione agli esami di maturità, giudizi che accompagnavano i voti. Un aggravio di lavoro inutile, messi da parte, per fortuna, ma ritornati ora in auge per la scuola primaria e, ripeto, spinte varie vorrebbero estenderli a tutta la scuola dell’obbligo. Si possono agilmente trovare in rete motivazioni di tale fatta, anche dal punto di vista sindacale. 

Ma è sulla vuotezza della didattica per competenze che le cose stanno proseguendo a pie’ sospinto. Abbiamo già visto che la competenza, insomma il saper fare, usando la cultura acquisita soprattutto a scuola, si può affinare solo con… la cultura stessa, che si può allargare con lo studio. Altra via non pare esservi. Lì c’è poco da competere: o studi o non studi. La vita poi distingue i più capaci dai meno capaci, con gradazioni intermedie dovute a una miriade di problematiche. Ma la cultura aiuta a colmare le proprie lacune. Imprescindibile. Non è sufficiente pescare le competenze come se fossero pesci che sono venuti a nuotare nella nostra rete del giudizio descrittivo. Il pesce per nuotare ha bisogno dell’acqua, che non è nient’altro che la cultura che si purifica, assottiglia, sprigiona capacità, si fa via via sempre più capace di produrre altra cultura: differenze. Nietzsche parlava di differenze di civiltà. Le civiltà che producono più differenze sono le più significative. Così come ognuno di noi che produce acquisizioni sempre più specifiche. Il buon Socrate discettava su tutto. Ora abbiamo specializzato il sapere in campi anche piccolissimi ma sempre più specifici.

Qui le competenze si definiscono nel cercare di giungere a sempre più innovativi risultati. Non è il come comportarsi di fronte alla macchina, quale tasto pigiare nel minor tempo possibile, ma è la capacità di apportare cambiamenti nel mondo che definisce il livello di capacità di intervento sulla realtà per una sempre migliore organizzazione e funzionamento della stessa.

Le linee guida che il Consiglio dell’Unione Europea nel 2018 ha specificato per le competenze sono quanto di più generico possa esserci: 1. competenza alfabetica funzionale; 2. competenza multilinguistica; 3. competenza matematica e competenza in scienze, tecnologie e ingegneria; 4. competenza digitale; 5. competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare; 6. competenza in materia di cittadinanza; 7. competenza imprenditoriale; 8. competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali. La numero 7 dice “competenza imprenditoriale”: si spera sia intesa come capacità di risolvere problemi, perché altrimenti sarebbe preoccupante. La numero 8 cosa significa? E il punto di domanda potrebbe essere sollevato per tutte quante. Potremmo trovare perlomeno insulsi i titoli per ciascuna delle competenze prospettate.

Il fare lezione si è perso nella nebbia dei progetti. E forse così deve essere, stante la situazione nelle nostre università, sempre più spinte verso il nonsense disciplinare. Insomma, poca sorpresa se il ministro dell’Istruzione è chi ora è. Ci sta bene e dovrebbe stare lì per tanto tempo. Tanto pare proprio che il tempo non sia più un elemento di sostanza. Non si pensa, almeno all’apparenza, nel giudizio descrittivo, né al denaro, né alla cultura. Nel tempo dilatato tutti arrivano, tutti eccellono e ognuno esprime il miracolo di se stesso. 

Chissà dove vanno a finire la Confindustria e la sua continua stimolazione per il riconoscimento del merito in questa melassa evangelica.

Appunto un cristianesimo all’ennesima potenza. Solo Dio c’è di superiore. Appunto il dio dell’ignoranza che accoglie ognuno, anche pur tonto che sia, nel suo abbraccio mortifero.

Un mondo di ignoranti accomunati nell’unica eccellenza che li comprende: l’esistenza in vita.

26/12/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Tiziano Tussi

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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