Nelle nostre società occidentali esiste veramente la democrazia? Bisognerebbe innanzitutto soffermarsi sulla radice del termine per rispondere a tale quesito. Come sappiamo il suo significato si articola in due concetti chiave: popolo e potere. Partendo da questa banale considerazione, in che misura possiamo affermare che il potere si trovi effettivamente nelle mani del popolo? La risposta è: ben poca. Una sua prerogativa rimane indubbiamente quella di votare ed eleggere un determinato partito. Già qui dovremmo soffermarci un istante e fare una breve considerazione: il popolo non è colui che generalmente determina le politiche da attuarsi al fine di migliorare o cambiare la società come meglio crede, piuttosto esso è tenuto a scegliere un gruppo di persone che dovrebbero perseguire gli interessi di tutti attraverso l’attuazione delle promesse che sono state fatte nei confronti del proprio elettorato. Quindi, ribadendo questo breve concetto: il popolo non determina il suo avvenire bensì elegge altri individui che i quali saranno chiamati a farlo per esso.
Purtroppo le complicazioni che derivano da questo postulato sono numerose. In primis la perpetua campagna elettorale che i politici attuano nei confronti delle masse e il sistema mediatico, il quale troppo spesso finisce per prendere la forma di un vero e proprio pluralismo propagandistico rispetto a un regime totalitario in cui la propaganda è una sola e ufficiale, impedisce la concreta ricezione al grande pubblico, cioè il popolo, aumentandone invece l’illusorietà della percezione, di un dibattito sincero e di una dialettica veramente costruttiva che non si nasconda dietro convenienze di politically correct e a delle convenzioni comuni che sono insite nel nostro sistema e che hanno invaso le menti della moltitudine della masse.
Questa considerazione potrebbe già indebolire le fondamenta del castello di certezze di coloro i quali affermano, chi consapevolmente, chi ignorandone totalmente tutti i suoi aspetti, che la nostra società sia concretamente democratica. Semmai si potrebbe affermare che essa si ispira ai principi della democrazia e muove le sue politiche verso tale ideale.
Come può perciò un popolo essere concretamente certo che coloro i quali ha votato porteranno a termine le riforme che hanno affermato di voler portare avanti se le promesse dei politici servono solo a conquistare voti e se quelle stesse promesse non sono altro che il frutto di convenzioni sociali e di idee scaturite da una capillare diffusione di un pensiero dogmaticamente democratico? La tesi centrale è la seguente: una vera e propria democrazia non può esistere e ciò che definiamo con questo termine nelle nostre società occidentali altro non è che un’illusione.
Questa farsa ha partecipato e partecipa tutt’ora al processo di pacificazione e di assenza di violenza all’interno delle nostre società tenendo il popolo in un costante stato di pace sociale determinata da un’idea di diffusa tolleranza in cui è molto più facile, comodo, e a questo punto anche giustificato dall’ideologia imperante, rinunciare alle proprie idee piuttosto che portarle avanti pur di non giungere allo scontro. Questo della pace sociale a ogni costo è un merito, o un demerito, indiscusso delle “democrazie” occidentali.
Fatta eccezione per la violenza, senza sognarci di pensare che ciò rappresenti un elemento marginale, il sistema democratico occidentale finisce per sortire un effetto culturale pressoché simile a quello di un governo dittatoriale. In un regime totalitario infatti gli individui nascono e crescono seguendo alcuni ideali che gli vengono imposti dalla classe governativa e una volta adulti la stragrande maggioranza di essi si identificherà in tali valori. Togliamo i metodi di repressione e coercizione che vengono attuati, in alcuni casi in maniera più accentuata e in altri casi meno, cosa succede nella nostra società? L’ideale di democrazia è talmente diffuso da essere intrinsecamente presente nelle menti di tutti a tal punto di essere considerato come il solo e unico sistema degno di considerazione e serietà. Tutti possono parlare e affermare ciò che vogliono, tuttavia l’idea di tolleranza democratica pone effettivamente fuori dal gioco tutte le idee che propugnino un sistema differente da questo. Sarebbe possibile affermare che quando una persona con un’idea fuori dalla sfera del socialmente accettabile, sia esso comunista, fascista, anarchico, o anche solo strano e differente dalla maggioranza, viene (per le rare volte in cui accade) invitato a prendere parte a un dibattito, pubblico o privato che sia, le loro parole vengano realmente prese in considerazione, analizzate e valutate? Piuttosto quello a cui si assiste è un una continua derisione, ridicolizzazione, nonché denigrazione, prima di colui che esprime le proprie idee e poi delle sue argomentazioni in quanto troppo strane.
Ciò che non viene quasi mai messo in discussione è la sostanza del discorso e la maggioranza finisce troppo spesso per non analizzare con la dovuta considerazione e serietà determinate tematiche. Più che di democrazia e di libero pensiero si dovrebbe perciò parlare di dittatura della maggioranza e di pensiero unico. Da qui un’altra questione: il termine “democrazia” cosa dovrebbe effettivamente significare? Potere e libertà della maggioranza o potere e libertà di tutti? Sarebbe quindi errato affermare che qualora venga a mancare nel popolo uno sforzo intellettuale e un ragionamento veramente razionale che tenga conto e analizzi con serietà quante più variabili possibili, riducendo di conseguenza se stesso a rappresentare una massa di individui non pensanti, venga a mancare anche la democrazia?
Una scelta inconsapevole, un’analisi che non tiene conto di più elementi possibili, un ragionamento banalizzato che non prenda in considerazione tutte le dovute opinioni non può essere considerato un vero ragionamento, una vera scelta e una vera analisi, dunque non può esistere un vero potere del popolo. Ciò che viene a formarsi è una massa di individui razionalmente depotenziati che con il proprio voto non hanno idea né delle possibili conseguenze di un determinato provvedimento, né se ciò che hanno auspicato per il proprio futuro venga poi effettivamente attuato o anche solo portato avanti dal partito che a cui si è scelto di affidare questo nobilissimo compito. In questo modo anche le stesse dottrine politiche, lo stesso concetto di destra e sinistra, cessano di avere alcuna valenza morale poiché i partiti seguiranno l’onda dell’opinione pubblica vendendo le proprie fondamenta etiche e nessuno oserà fare proposte fuori dagli schemi per il timore di perdere consenso mentre per quei pochi che al contrario oseranno provarci la strada risulterà ripida e tortuosa e non verranno trattati con il dovuto rispetto che ogni persona dotata di un proprio reale pensiero merita.
Il nostro sistema finisce in poche parole per diventare una dittatura pacifista di un pensiero diffuso che interpreta la democrazia come unico sistema possibile mentre contemporaneamente il popolo si illude di scegliere una cosa piuttosto che un’altra all’interno di un mazzo le cui carte vengono continuamente mischiate, cambiate e confuse a seconda della convenienza e degli interessi dei governanti. La conclusione? una vera democrazia non può esistere dal momento che non esiste una vera consapevolezza e coscienza da parte del popolo.
A questo punto, sarebbe forse possibile considerare il sistema comunista come molto più democratico rispetto alla nostra società? Se abbiamo detto che non può effettivamente esistere un governo del popolo, non sarebbe forse più giusto considerare veramente democratico un sistema che non si nasconde dietro a questa illusione consolatoria bensì si propone di fare gli interessi veri del popolo tutto nessuno escluso? Purtroppo la dittatura perpetua del pensiero unico getterà discredito su questo ideale come esattamente fa con tutti quelli antidemocratici additandoli come estremi e radicali quando sono semplicemente differenti. Da qui nasce anche la convinzione, ormai sempre più diffusa, che marxismo e stalinismo siano inscindibilmente la stessa cosa e ciò ostacola inevitabilmente qualsiasi tentativo da parte di chi abbraccia l’ideale comunista di ricercare in seno a tale dottrina una sua variante assente di violenza fisica e repressione come se il perseguimento della filosofia comunista si potesse tradurre solo ed esclusivamente in questo.