PERCORSI DI PENSIERO CRITICO — Dalla parte delle bambine. Ora più che mai

Proseguono i “Percorsi di pensiero critico” a cura di  Silvia Fuochi. In questa tappa la scrittrice di libri per ragazzi ed esperta di pedagogia ci parla dell’importante saggio di Elena Gianini Belotti, Dalla parte delle bambine. A quarant’anni dalla sua pubblicazione, si analizza l’attualità di un testo fondamentale per il superamento della distanza tra generi.


PERCORSI DI PENSIERO CRITICO — Dalla parte delle bambine. Ora più che mai

Quello che gli pende, lo difende [1] (Detto popolare)

Ci sono testi destinati a non invecchiare ma, anzi, ad aumentare e rinnovare continuamente il proprio peso con il passare del tempo. È questo il caso di Dalla parte delle bambine [2] di Elena Gianini Belotti. Pubblicato nel lontano 1973, quest’anno se ne è celebrato il quarantesimo anniversario insieme, purtroppo, alla scomparsa dell’autrice avvenuta nel dicembre del 2022.

Elena Gianini Belotti è stata una pedagogista, tra le migliori che il nostro paese abbia prodotto. La sua sensibilità e la conoscenza della quotidianità delle bambine la portò a scrivere questo fondamentale libro in anni in cui si stava risvegliando l’attenzione alla donna ed alla sua dimensione sociale ma non ancora alla bambina.

Dopo il contributo essenziale di Maria Montessori, in Italia la realtà infantile non ha riscosso grande successo. Per decenni i bambini hanno continuato ad essere indicati come persone in miniatura, sorta di gnomi destinati a vivere poco per lasciare spazio alla vera, fondamentale, Persona. La sensibilità della Gianini Belotti, invece, l’ha portata a comprendere che una bambina non è affatto una donna in divenire ma una creatura a sé stante che, solo se cresciuta nel rispetto e nella valorizzazione di sé, potrà trasformarsi in una donna compiuta, consapevole ed orgogliosa.

Non a caso cresciuta professionalmente nell’alveo montessoriano [3], la Gianini Belotti assimila dalla maestra la capacità di osservare scientificamente il bambino nel suo agire quotidiano, evitando interventi drastici o comunque “caduti dall’alto”.

Il rispetto, l’attenzione e la cura sono i concetti che portano avanti questa ricca visione dell’infanzia e che coinvolgono tutti i soggetti interessati: quella famosa “comunità educante” citata in tutti i testi ufficiali ma mai realmente realizzata.

Anche nel testo in oggetto, il suo è un atteggiamento di attenta osservazione, che prelude a cambiamenti che dovrebbero essere corali, ossia della comunità. Ciò, come dimostrano anche i recenti, terribili fatti di cronaca sugli stupri commessi da bande di adolescenti, sembra che ancora non sia stato fatto. O forse, semplicemente, da una classe politica che ha visto tra le sue punte di diamante negli ultimi decenni un anziano vampiro in cerca di carne sempre giovane, non può essere realizzato. Forse abbiamo perso la misura e non sappiamo più trasmettere valori basilari ai giovani a noi affidati.

Il testo Dalla parte delle bambine, però, può essere davvero un ottimo punto di partenza, cui tornare e da cui far partire i nostri interventi educativi.

La sua divisione in brevi paragrafi all’interno di quattro capitoli, lo rende non solo di agevole lettura, ma anche particolarmente chiaro e, a nostro avviso, attuabile.

L’attesa del figlio

Questo primo capitolo narra con oggettività ciò che, purtroppo, avviene ancora in un gran numero di famiglie, nonostante siano passati altri quarant’anni: l’attesa di un maschio che perpetui la stirpe paterna e ne porti avanti il blasone, spesso in realtà abbastanza misero. La figlia femmina, se arriverà, dovrà essere la seconda e “servirà” ad accudire i genitori quando saranno anziani e a tenere vivo il sacro focolare domestico. Colpisce  il fatto che, ancora, in Italia almeno, è cambiato pochissimo. A chi scrive sono stati fatti complimenti vivissimi quando, nel 2002, ha dato alla luce il suo primo figlio: maschio! In questo senso ancora tanto è da fare e da ripensare. Spesso le famiglie immigrate, specie se di fede musulmana, vengono accusate di atteggiamenti sessisti ma crediamo che sarebbe utile pensare prima alle nostre, di famiglie, per verificare se e quanto ci sforziamo di caricare i figli di entrambi i sessi degli stessi incarichi. Madri piuttosto giovani sostengono che “una femmina, almeno una pulita al bagno la dà”. Se c’è da assolvere compiti dallo spolverare al prendersi cura di un anziano, poi, la scelta non si impone neppure. Forse impressiona leggere queste parole ma, se ci fermiamo a pensare a chi conosciamo ed a cosa sentiamo, dovremo ammettere che tutto ciò è realtà. Chi frequenta la scuola, poi, ha sentito dire più volte da colleghe neppure troppo anziane, di fronte ad un quaderno disordinato, frasi come: “Sembra il quaderno di un maschio!”, oppure “Capirei questo disordine se tu fossi un maschio...”.

La prima infanzia

In questo capitolo, la Gianini Belotti si occupa dei condizionamenti che vengono dai primi contatti con i coetanei, soprattutto nei servizi educativi. Ancora oggi scopriamo educatrici che spiegano alle bambine che “non hanno” ciò che invece hanno i compagni maschi. Pian piano dovrà pur farsi strada il concetto secondo il quale non c’è un più e un meno ma due cose diverse, di pari dignità. Lavorando in un nido mi sono trovata spesso ad affrontare queste tematiche, durante le allegre sedute sul vasino. Alle domande legittime ed intelligenti dei piccoli, la mia risposta non è mai stata: “tu non hai il pisellino come lui” ma “tu sei diversa da lui; hai una cosa che è solo delle bambine, così come i maschi hanno la loro”. Posso assicurare che le bambine capiscono sempre il concetto e glielo ho sentito più volte ripetere ai maschietti che le accusavano, probabilmente indotti da condizionamenti femminili, di avere una cosa in meno. 

L’autrice analizza con intelligenza e determinazione questa tematica ma, il fatto che a quattro decenni di distanza, essa sia ancora perfettamente integra, crea un po’ di frustrazione. Ciò che stupisce, e che la Gianini Belotti affronta più volte nel testo, è che siamo noi donne a dover avviare questi cambiamenti di mentalità, perché nessuno come noi ha esperito la difficoltà di essere il sesso debole, le femminucce.

I servizi educativi si stanno pian piano evolvendo, soprattutto grazie al contributo degli educatori più giovani che arrivano carichi di qualche consapevolezza in più, anche grazie ai percorsi universitari che hanno dovuto intraprendere. In questo senso abbiamo qualche speranza che, in un tempo non troppo lungo, qualcosa possa cambiare davvero. Diverso è invece l’impatto delle famiglie, spesso ancora radicalmente sessiste – e non meno nelle madri che nei padri.

Giochi, giocattoli e letteratura infantile

Questa è la parte del testo in cui troviamo forse gli spunti più significativi. Chi frequenta la letteratura per bambini e ragazzi sa che qualcosa si muove e che escono sempre nuovi testi sulla parità dei ruoli famigliari tra genitori. Nei servizi educativi cominciano anche ad arrivare bambine e bambini di famiglie omogenitoriali e quindi la tematica diventa, per forza, urgente. Elena Gianini Belotti, però, ne aveva colto l’importanza già nel 1973. Per noi nati negli anni Settanta era comune sentirsi dire quali fossero i giochi da femmina e quelli da maschio... e guai a scavalcare il confine! La grande innovazione di questi anni è che, non solo nei nidi e nelle scuole dell’infanzia, ma anche nella primaria comincia a farsi avanti la mentalità per cui tutti i giochi sono per tutti i bambini, siano essi maschi o femmine. Ecco così che pian piano alcune famiglie si convincono a regalare la cucina o un bambolotto che piange a un maschietto, che tanto li desidera, così come una macchinina o un bel pallone di cuoio ad una femmina. 

Possono sembrare cambiamenti banali ma la Gianini Belotti, che conosceva bene la società che ruotava intorno ai bambini, aveva capito che questa era una tematica scottante, che portava con sé tante implicazioni: il machismo, la sottomissione della donna, la facile distinzione tra maschile e femminile. La rivoluzione culturale è in atto e dobbiamo esserne orgogliosi ma dobbiamo anche saper vigilare sulla sua piena attuazione perché essa porta con sé nodi non facili da sciogliere.

Un giorno, a scuola (terza primaria) alla domanda “Vero, maestra, che Frozen è una storia da femmine?” ho risposto di no e abbiamo cominciato a discuterne. Alla fine, praticamente senza il mio intervento, tutti si sono accordati sul fatto che, effettivamente, come in tutte le storie, anche in quella ci sono personaggi di entrambi i sessi e che la trama non starebbe in piedi se mancasse qualcuno. Quando li lasciamo liberi, i bambini sono perfettamente in grado di ragionare ed analizzare la realtà fuori dal condizionamento sociale e famigliare; basta lasciare loro un po’ di tempo per pensare e confrontarsi tra pari. La soddisfazione è stata, dopo la discussione, vedere un maschietto che, dovendo scegliere tra un quadernino azzurro ed uno rosa (unici colori disponibili nel negozio) regalato dalla maestra, ha scelto quello rosa con la motivazione: “è parecchio più allegro”. Sono piccoli ma decisivi passi nella presa di coscienza della parità tra i generi. Dobbiamo imparare a coglierli e valorizzarli.

L’ultimo paragrafo si occupa delle istituzioni scolastiche e anch’esso offre spunti importanti. Seppure dal ’73 siano cambiate tante cose nella scuola italiana, chi la frequenta sa che ancora molto deve essere fatto. Sulla carta abbiamo una scuola più moderna, più inclusiva e aperta ai cambiamenti ma nella realtà ciò non è così vero. Soprattutto le realtà in cui affluiscono molte famiglie di prima generazione italiana faticano a mettere insieme le culture e le sensibilità diverse. Nel timore di ferire qualcuno, spesso si lascia tutto così com’è. E così alla scuola dell’infanzia le bambine hanno i grembiulini rosa ed i maschietti azzurri; le bambine vengono incoraggiate a fare giochi tranquilli mentre il pallone è ritenuto un’ottima cura per non frustrare la “naturale irruenza” maschile. Corre l’obbligo di spezzare una lancia nei confronti degli insegnanti, che non sono stati mai davvero formati né tanto meno accompagnati in un percorso di innovazione e ripensamento dei ruoli. Di sicuro, non sono sufficienti i corsi spot che annualmente vengono proposti e che dipingono una scuola sempre lontanissima dalla realtà.

A rafforzare il valore della riflessione di Elena Gianini Belotti, nel 2007 una raffinata intellettuale come Loredana Lipperini ha dato alle stampe la sua attualizzazione, con il titolo Ancora dalla parte delle bambine [4]. In questo interessante saggio, la Lipperini si occupa di come, nei nuovi linguaggi quali TV, cinema, fumetti, pubblicità etc., continuino ad esistere due sessi ben distinti, con diseguali diritti e diseguali attese. È una lettura che consigliamo a genitori, educatori, nonni... e a chiunque abbia un qualche ruolo nella crescita di un essere umano. Anzi, ecco un’idea-regalo per genitori in attesa: un bel pacchetto contenente entrambi i testi, da leggere possibilmente prima della nascita della creatura e anche prima della scelta del corredino. Immaginiamo un pacchetto rosso, che fa allegria, chiuso con un bel fiocco verde.

 

Note:

[1] Con questo detto popolare la Gianini Belotti inizia il suo testo, e ci sembra che in sé esso contenga il nocciolo di come la tematica sulla differenza di genere viene tuttora vissuta.

[2] Elena Gianini Belotti, Dalla parte delle bambine, Milano, Feltrinelli, 1973. Tuttora in catalogo, nella collana economica dell’editore.

[3] Dal 1960 al 1980 dirige a Roma il primo Centro Nascita Montessori: centro di osservazione e sperimentazione dei bambini nella prima infanzia e di formazione di personale educativo.

[4] Loredana Lipperini, Ancora dalla parte delle bambine, Milano, Feltrinelli, 2007 (serie bianca, ora nella collana economica dell’editore).

01/09/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Silvia Fuochi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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