Omaggio ai fratelli Taviani dal festival del cinema di Locarno

Paolo e Vittorio Taviani esordiscono dietro la macchina da presa nel 1954 realizzando una serie di documentari a sfondo sociale.


Omaggio ai fratelli Taviani dal festival del cinema di Locarno

LOCARNO. Mercoledì 1°agosto l’inaugurazione di undici giorni di cinematografia dove qualità e spettacolarità richiamano migliaia di appassionati da tutta Europa. Questa rassegna è cresciuta negli anni e si è ritagliata un importante spazio tra gli eventi, festival e mostre del cinema, di valenza internazionale: Berlino, Cannes, Venezia. Quest’anno, 71ª edizione sulla riva nord del lago Maggiore in territorio svizzero, l’omaggio ai fratelli Taviani.

Dall’esordio nel 1954 con il cortometraggio “San Miniato, luglio '44”, girato con la collaborazione di Cesare Zavattini al lungo lavoro che ci ha lasciato una produzione di alto valore. I fratelli Taviani dirigono insieme a Joris Ivens “L’Italia non è un paese povero” (1960), mentre il debutto sul grande schermo avviene nel 1962, quando Paolo e Vittorio con Valentino Orsini firmano il lungometraggio “Un uomo da bruciare”, con Gian Maria Volonté, una riflessione politico-sociale ispirata alla figura di Salvatore Carnevale, sindacalista siciliano ucciso dalla mafia. Da quel momento i Taviani firmano insieme una lunga filmografia, che parte da “I sovversivi” (1967) e “Sotto il segno dello scorpione” (1969), un intenso sodalizio che li accompagnerà lungo tutta la loro carriera. Negli anni successivi si aprono a nuove ricerche stilistiche e per i due fratelli arriva il momento dei riconoscimenti internazionali: “San Michele aveva un gallo” (1972) e “Allonsanfàn” (1974), con Marcello Mastroianni e Lea Massari, vengono selezionati alla Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes, ma è con “Padre Padrone” (1977), tratto dall’omonimo romanzo di Gavino Ledda, che conquistano la Palma d'Oro e il Premio della Critica: a premiarli è il presidente della giuria Roberto Rossellini mentre in Italia viene loro assegnato un David Speciale e un Nastro d'Argento.

Dopo “Il prato” (1979) i fratelli Taviani dirigono un’altra importante pellicola, “La notte di San Lorenzo” (1982), un affresco della campagna Toscana ai tempi della Seconda Guerra mondiale. Il film, mostrato a Locarno in Piazza Grande, è la prima occasione di collaborazione con Nicola Piovani e fa conquistare ai due autori toscani il Gran Prix a Cannes, David e Nastri d'Argento per la regia e la sceneggiatura. Nel 1984 i due registi si dedicano a un altro adattamento di un’opera letteraria, “Kaos” (1984), tratto dalle “Novelle per un anno” di Pirandello, che vince il David di Donatello per la migliore sceneggiatura. Due anni più tardi ricevono il Leone d’oro alla carriera in occasione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, mentre nel 1987 si affacciano al panorama internazionale con “Good morning Babilonia”, la storia di due fratelli toscani che partono per gli Stati Uniti in cerca di fortuna. Ambientati nel passato anche “Il sole anche di notte” (1990), “Fiorile” (1993), “Le affinità elettive” (1996), “Tu ridi” (1998). In seguito i due registi si avvicinano al mondo televisivo: sono di questo periodo “Resurrezione” (2001) e “Luisa Sanfelice” (2004). Proseguono anche gli adattamenti letterari: “La masseria delle allodole” (2007) e “Maraviglioso Boccaccio” (2015).

Nel 2012 i Taviani tornano a Berlino con “Cesare deve morire”, il film si aggiudica l’Orso d’Oro, vincendo anche il David di Donatello per la miglior regia e per il miglior film. L’ultimo lavoro pensato a due è del 2017, “Una questione privata”, poi firmato soltanto da Paolo Taviani a causa delle condizioni di salute del fratello Vittorio. L’ultima collaborazione dopo una vita trascorsa insieme che segna la chiusura di un cerchio e che lascerà un profondo vuoto nel panorama del cinema internazionale.

04/08/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Guido Capizzi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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