Critica alla lettura di Paolo Pecere pubblicata su L’Internazionale
di Francesco Cocchi
Quando Paolo Pecere si riferisce ad un "mondo mitico immaginario" dicendo che "Anche loro (gli spettatori) vengono a sapere per allusione di queste vicende antichissime, che solo in parte si chiariranno, e da cui dipendono i drammi del presente” sbaglia: il bello della mitologia di Tolkien è essere riuscito a ricreare un corpus di storie organico e completo (cioè di cui racconta ogni elemento) del livello dei grandi poemi dell'antichità ma sotto forma di romanzo. Ciò che non è spiegato sono questioni a cui uno scrittore non può rispondere e su cui l' umanità stessa s'interroga. E' vero che è un errore cercare una verità simbolica nella storia di Tolkien (ed anche l'autore stesso vi cade a volte facendone uno strumento di comprensione del cattolicesimo) ciononostante è evidentissimo che il cammino di Frodo sia il percorso di un credente (probabilmente) cristiano (anche comunista in quanto corrente de facto del cristianesimo).
Tolkien era originariamente protestante poi convertito al cattolicesimo. Personalmente trovo che, nonostante egli stesso (vaneggiando) in alcune lettere scritte al figlio individui forti riferimenti al cattolicesimo in alcuni personaggi della saga, siano invece innegabili le sue origini protestanti: la filologia ed una “narrazione storica” dei fatti, la narrazione religiosamente laica che richiama il movimento ecumenico, l'idea che la salvezza sia al di sopra delle nostre scelte e che sia frutto del cammino di fede di ognuno ma anche l'affermazione del libero arbitrio (Isildur che tiene per sé l'anello e Gandalf che rifiuta ruoli di potere lasciando di volta in volta ai personaggi la scelta sul che fare ecc.) sono elementi della cultura protestante. Si potrebbero individuare anche elementi cattolici interpretando il cammino di Frodo come un modo per guadagnarsi la salvezza ma penso che una tesi del genere non abbia più senso a seguito della protestantizzazione del cattolicesimo iniziata (e poi per certi versi stroncata) con la controriforma e realizzata invece in modo più concreto dal Concilio Vaticano II.
La fusione di elementi di entrambe le correnti del cristianesimo, la rappresentazione laica, e la scrittura storica dei romanzi rendono la saga dello scrittore di Oxford una interpretazione moderna della cultura cristiana (nel senso più ampio del termine) che accomuna il continente europeo. Per questo è comprensibile da tutti nonostante sia esplicitamente il tentativo - riuscito - di dare all' Inghilterra una propria mitologia.
Tornando al film ritengo che il punto fondamentale della saga cioè il principio di “applicabilità” più volte descritto dal professore non venga intaccato direttamente dalla troppa spiegazione dello scenario mitico ma dalle scene oltraggiosamente “americane”, dall'uso troppo spinto di – brutti – effetti speciali (Sauron in versione Charlie's Angels), dal trucco del viso pensato su misura per la versione 3D che è molto evidente e dai dialoghi spesso alla Beautiful.
Legolas: Io vado ad uccidere l'Orco
Tauriel: Legolas và ad uccidere l'Orco!
Tauriel: Ma sei sicuro di uccidere l'Orco, Legolas?
Legolas: Si! Ucciderò l'Orco!
Altri elementi sono il 3D stesso che seppur sia tecnicamente ottimo avvicina troppo il lettore non con l'effetto di sfatare l'aura mitica ma di accentuare l'americanizzazione rendendo la pellicola surreale (andando contro il principio di applicabilità che rese famosi i precedenti libri e film).
Diventano marginali quindi le “licenze registiche” riguardanti la trama alcune ben pensate (l'idea - già espressa da Tolkien - di raccontare lo scontro fra il Bianco Consiglio e Sauron) altre meno (lo scontro sull albero con le pigne infuocate nel primo film che era importantissimo ed è stato riscritto davvero male)
Ritengo che, a differenza di Paolo Pecere, il regista Peter Jackson abbia capito l'idea Tolkieniana di applicabilità (e lo dimostra parlandone nelle interviste nelle versioni estese di LOTR) ma o la partecipazione di Del Toro o la ripetizione del ruolo di regista in un'opera così famosa (e così remunerativa) gli hanno forzato la mano; per questo un film su Lo Hobbit non è ancora stato realizzato.
E' evidente che Paolo Pecere non sapeva come terminare l'articolo ed ha parlato dell'infanzia...
Speriamo sia finita e che il Silmarillion possa davvero rimanere solo immaginazione.
Lo Hobbit, un tradimento durato tredici anni