La variante populista secondo Formenti

Recensione del saggio in cui Formenti prova a sostenere la tesi che per far ripartire il conflitto di classe serva un populismo di sinistra.


La variante populista secondo Formenti Credits: gushmag.it

Populismo, un termine che non ci piace. Nell’accezione comune rimanda a quell’atteggiamento politico prettamente demagogico. Caratteristica delle politiche di destra, in particolare, per acquisire consensi di massa. Non ci piace. Eppure bisogna farci i conti, perché fa parte della cultura, o meglio della mentalità comune a molti popoli. Mentalità dominante oggi in Italia. É da lì, dal populismo, che bisogna ripartire, perché potrebbe essere una possibilità per riesumare la lotta di classe nel ventunesimo secolo contro il nemico numero uno: il capitalismo che “va a braccetto” con il neoliberismo. Lo afferma Carlo Formenti, l’autore del saggio “coraggioso La variante populista, lotta di classe nelneoliberismo. Venti anni almeno di populismo in Italia. É stato l’unico modo in cui le classi subalterne sono state indotte ad esprimersi, creando un bacino enorme di consensi a favore delle politiche di destra.

Tutte le forze di sinistra hanno lasciato fare “regalando ai populismi di destra la rappresentanza degli interessi delle classi inferiori”. Bisogna invertire la rotta e ripartire da lì, accettando la sfida di un populismo di sinistra, non per assecondarlo, ma per adeguarlo alle lotte di classe.“Se a egemonizzare la lotta sarà il populismo di destra, trionferà il razzismo e la xenofobia - scrive Formenti - Se sarà invece quello di sinistra, potremmo assistere alla nascita di un’idea postnazionalista di nazione, intesa come comunità di tutti quelli che lavorano e lottano in un territorio”. L’autore propone di accettare la sfida di un populismo di sinistra prendendo esempio dall’esperienza latino americana ove il fenomeno non è legato all’idea di demagogia e ha favorito l’emancipazione e sovranità popolare. Un’idea davvero coraggiosa, in netto contrasto con le attuali sinistre europeiste e quasi sicuramente inattuabile in Italia.

Populismo in Europa. Syriza, M5s e Podemos

In Europa, dopo la seconda guerra mondiale, non si sono mai affermati fenomeni di “rottura” populista vicini a quelli latino americani. Quelli attuali non sono così efficaci, tanto da conquistare i consensi delle masse. Formenti accenna a Syriza, come possibile movimento di massa, fenomeno che si è sgonfiato con la retromarcia di Tsipras, dopo la vittoria dell’Oki. Una contraddizione che Tsipras ha fatto pagare cara al suo popolo che l’aveva sostenuto nel braccio di ferro con l’Europa..

Meno grave sugli equilibri istituzionali è stato l’esito del referendum inglese sulla Brexit.É stata la vittoria- scrive l’autore- di una campagna antieuropeista condotta con argomenti di destra, grazie al consenso elettorale delle masse proletarie”.

In Europa questo è lo scenario che il populismo sta offrendo. É interpretato da movimenti di destra, razzisti e xenofobi, che stanno egemonizzando la classe proletaria e la media. Togliendo forze alle sinistre. Podemos e M5S sulla scena europea del populismo costituiscono una “parziale” eccezione. Parziale perché non sono in grado di scatenare una crisi sistemica ed eccezione perché il M5S è ambiguo, non si riesce a definirne la connotazione politica, mentre Podemos sarebbe di sinistra.

Se il M5S è il partito della rete, Podemos è il partito della Tv. Nasce con La Tuerka, trasmissione condotta da Iglesias, allo scopo di accentrare il più possibile questioni sociali irrisolte. Podemos si dichiara interclassista. Vuole costruire l’unità del popolo contro la casta politica e finanziaria, vuole mettersi alla guida di una rivoluzione cittadina, ispirandosi al modello dell’Equador correista, più che alla rivoluzione boliviana… “Entrambi i movimenti, Podemos e 5s, rifiutano l’etichetta di movimenti antisistema e rifiutano di fondare la propria azione sul conflitto di classe, rivolgendosi al popolo come unità che non prevede antagonismi al proprio interno”.

In Italia il populismo non è fenomeno attuale. Non è neanche un fenomeno, ma una mentalità nazionale, un costume, una tradizione culturale che appartiene da sempre a diversi strati sociali. Lo “stile” populista “è la tecnica prediletta dai politici che si propongono di sfruttare tale mentalità”, radicata, specie, nei substrati culturali. Fino agli anni ’90 questa tecnica si può dire che non è esplosa nel consenso delle masse a un particolare leader di destra. Da allora lo scenario italiano è cambiato radicalmente a causa di tre eventi che hanno modificato storia, economia e politica: Tangentopoli che ha decretato la fine della prima Repubblica. L’avvento della globalizzazione e l’enorme impatto sul sistema produttivo. Il trionfo del neoliberismo che ha privato le classi subordinate di ogni strumento di rappresentanza, mentre si disperdevano le forze della sinistra.

Una crisi profonda della politica che ha favorito l’ascesa del leghismo e del berlusconismo. Due fenomeni che, vivendo di populismo, hanno modificato “l’antropologia politico culturale del paese”, pur non ottenendo un’egemonia permanente. Gli scandali legati al periodo berlusconiano e la grande crisi hanno indebolito il fascino che esercitavano sulle masse populiste, lasciando un vuoto che ha permesso l’ascesa del M5S, una delle maggiori correnti di stile populista. “Resta da capire - scrive Formenti nel suo saggio - come il M5S, partendo da una base sociale allora ristretta, sia riuscito a strappare alla sinistra l’egemonia su larghi settori di un proletariato industriale abbandonato dalle sue organizzazioni tradizionali. A contendere alla Lega quella su piccoli imprenditori, a ottenere la simpatia e l’appoggio delle comunità locali vittime di disastri ambientali provocati da imprese e criminalità organizzata con la complicità dei politici Ad allargare in modo sempre più trasversale la propria base sociale e regionale, tanto da diventare il primo partito italiano”.

Non si comprende, ma sono sicuramente da considerare tre aspetti che l’autore analizza: l’ascesa al ruolo di politico da parte di un comico già molto affermato per le sue arringhe verso tutti i sistemi. La capacità di fondare un movimento tramite la rete. Un progetto politico che apre a nuove forme di rappresentanza, con un leader, Grillo, che esprime in prima persona la rabbia sociale. Un attore dotato anche di una “verve satirica feroce”. Aggredisce, insulta, inveisce, sbraita e offende pesantemente tutti i politici e tutti sistemi. La gente “già incazzata di suo” va in delirio. Era il linguaggio che milioni di persone attendevano da tempo. É fatta.

Senza contare che alle sue spalle, c’era un esperto in marketing e in imprenditoria. Il “guru” Casaleggio, con il quale ha condiviso la leadership del movimento. Vi hanno abboccato tutti o quasi e di tutte le classi sociali, dall’operaio, orfano delle lotte di classe, ma anche della coscienza di classe, all’insegnante, al giovane laureato e disoccupato. Oggi il Movimento, dopo aver conquistato le grandi città, con le amministrative del giugno scorso, è proteso a candidarsi come forza alternativa di governo. Un movimento che unisce, nel programma politico diversi punti “copiati” da certa sinistra (come il reddito di cittadinanza, utilizzo dei fondi per restituire risorse, eliminazione grandi opere, abolizione della riforma delle pensioni) a “compiacenze” verso temi cari al populismo di destra, di carattere xenofobo. I 5stelle si sono evidenziati nello scenario socio-politico italiano come la massima espressione del populismo, un fenomeno di difficile classificazione ideologica. Non è sicuramente quella dei 5S una politica antisistema. Come alcun movimento che opera in Europa oggi lo è perché non affronta di petto il tema della necessità di distruggere l’Ue”. E questo sicuramente non è il fine del M5S.

Solo con una riconfigurazione del conflitto sociale interpretata con gli strumenti del pensiero gramsciano - Formenti chiude così il suo saggio - si può sperare di restituire senso ad un progetto anticapitalista”. E accennando anche al distacco, nella stesura del testo, da una serie di temi cruciali del marxismo (contraddizione fra forze produttive e rapporti di produzione quale ineludibile presupposto della transizione dal capitalismo al socialismo) afferma: Cionondimenomresto convinto del fatto che la teoria marxista offra strumenti assai più potenti di quelli delle teorie postmoderniste per analizzare e comprendere la realtà economica, sociale e politica in cui viviamo”. Ottima conclusione, Formenti.


Scheda del libro

La variante populista,lotta di classe nel neoliberismo

Di Carlo Formenti

Editore: Derive Approdi

Stampa: ottobre 2016

29/10/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: gushmag.it

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L'Autore

Alba Vastano

"La maggior parte dei sudditi crede di essere tale perché il re è il Re. Non si rende conto che in realtà è il re che è il Re, perché essi sono sudditi" (Karl Marx)


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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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