Il comunismo oggi e domani - prima parte

Il discorso di Alvaro Cunhal, durante la conferenza del 1993 sul comunismo.


Il comunismo oggi e domani - prima parte Credits: Tribuna Alentejo

Alvaro Cunhal, fino al ‘92 segretario generale del PCP, nel corso di una conferenza tenutasi nel 1993 fece un intervento sul tema del comunismo nelle società attuali e sui possibili futuri sviluppi. Il tema della conferenza era, appunto “Il comunismo oggi e domani”. Il PCP, nonostante la crisi cui anche esso era stato investito all'indomani della caduta del muro, manteneva la sua compattezza e la sua forza. Ciò anche grazie alla sua condanna senza appello delle politiche dei regimi, una politica che, come lo stesso  Cunhal affermava, era di progressivo allontanamento dalle idealità comuniste.

Il PCP rivendica ancora oggi la sua identità  comunista di ispirazione  marxista-leninista e forse proprio per questo resiste, unico in Europa, e si mantiene ancora forte. Credo che ancora oggi noi, comunisti del XXI secolo, possiamo trarre dalle parole del grande segretario del PCP utili spunti di riflessione per il nostro futuro. Di seguito riporto la traduzione della parte introduttiva del suo discorso (il Comunismo oggi e domani) convinta che la lettura possa essere propedeutica per analizzare gli aspetti fondanti del comunismo, utili alla ricostituzione del Partito Comunista Italiano. Il prosieguo dell’intervento di Cunhal alla conferenza citata troverà spazio, a breve, nelle pagine della Città futura.

Il Comunismo oggi e domani

“Il tema proposto per questa conferenza ‘Il comunismo oggi e domani’ nel ciclo promosso dalla camara municipal, che ancora ringrazio per l'invito, di fronte ai profondi mutamenti della situazione mondiale, specificatamente la distruzione dell'URSS e degli altri paesi dell'EST europeo, suggerisce la necessità di rispondere a legittime domande che certamente molti di voi pongono quando riflettono sulla questione. Alla fine, che significa essere comunisti oggi? Di fatto esistono oggi obiettivi per i comunisti? Se esistono, quali sono? In questa conferenza cercherò di dare risposta a questi  interrogativi. Già da subito anticipo in sintesi, come idea introduttiva, che la Storia, i fatti, la vita mostrano e giustificano che alla fine il comunismo continua a rispondere alle necessità e alle più profonde aspirazioni dei lavoratori  di popoli. Cercherò nelle poche parole che una conferenza consente, di giustificare questa affermazione.

Valutazione certa dell'epoca in cui viviamo

Per chi voglia giudicare con certezza il significato dei grandi avvenimenti, sia su scala mondiale che su scala nazionale, e delle prospettive dell'evoluzione della società,  diventa necessaria una valutazione sicura dell'epoca attuale. In questa fine del XX secolo si moltiplicano le interpretazioni e caratterizzazioni di ciò che il secolo ha significato e significherà nella Storia dell'umanità. Considerando il crollo dell'URSS e dei regimi dell'EST europeo, il mutamento che ne derivò della correlazione mondiale delle forze e la nuova pretesa di ristabilire il dominio, lo sfruttamento e l'egemonia  mondiale da parte dell'imperialismo, si diffonde l'idea che il progetto comunista sia fallito, che il comunismo è morto, che il comunismo non ha futuro e che alla fine il capitalismo ha dimostrato di essere un sistema capace di risolvere i problemi della umanità, un sistema superiore e migliore di un sistema socialista. Abbiamo un'opinione differente.

Né il progetto comunista di una società nuova e migliore non è più valido, né il capitalismo si è mostrato e si mostra capace di risolvere i grandi problemi dell'umanità e si può considerare  un sistema definitivo. Certamente il capitalismo ha sofferto alterazioni lungo tutto il secolo XX nelle sue strutture economiche e sociali. Si sono sviluppati la internazionalizzazione dei processi economici e dei sistemi di cooperazione e di integrazione. Le forze produttive hanno ricevuto un potente impulso con la rivoluzione tecnico-scientifica. Ma il capitalismo ha mantenuto e mantiene le sue caratteristiche essenziali, come sistema  di sfruttamento, oppressivo e aggressivo, caratterizzato da ingiustizie, disuguaglianze e da flagelli sociali.

Il capitalismo è un sistema in cui ci sono classi che sfruttano e classi che sono sfruttate, classi che dominano e altre che sono dominate, classi che governano per il proprio interesse e altre che sono governate a suo danno, classi che costituiscono la minoranza della popolazione e che concentrano la ricchezza e ne usufruiscono eccessivamente e classi che costituiscono una maggioranza  schiacciante della popolazione che vive con gravi carenze e che, in vastissimi settori, vive in una zona sociale oscurata dalla povertà e dalla miseria.

Internazionalmente il capitalismo è un sistema in cui i Paesi più sviluppati, più ricchi e più forti, sfruttano, dominano, soggiogano e opprimono, attraverso le forme più varie, i paesi più in ritardo, più poveri, più fiacchi, mantenendo e creando nel mondo zone immense di fame che colpiscono milioni di esseri umani. Storicamente il capitalismo nel secolo XX  è segnato da due guerre mondiali che provocarono molte decine di milioni di morti, attraverso guerre regionali, con interventi e aggressioni militari, con atti di terrorismo di Stato, con ingerenze e imposizioni a altri paesi della volontà  dei più potenti. Solo chi ha un interesse diretto in un tale sistema, o chi non pensa e non vuole pensare a quello che esso è e significa, può considerare il capitalismo come un sistema che corrisponde alle necessità, agli interessi e alle reali aspirazioni dei popoli.

Continuano così ad essere giuste, ingiustificate e attuali la indignazione e la lotta contro i mali del capitalismo. Continua a essere valido l'ideale di una società migliore, nella quale siano eliminati lo sfruttamento, le disuguaglianze, le  ingiustizie e i grandi flagelli sociali e siano soddisfatti i bisogni, gli interessi e le più profonde aspirazioni dei lavoratori e dei popoli. In questo finire del secolo XX, l'esperienza del secolo mostra che ci sono ragioni, perché non si faccia marcia indietro nella Storia, non si limiti la più giusta aspirazione umana ad un sogno senza speranza o ad una utopia, ma che si insista nella lotta per un ideale che precisamente in questo secolo XX ha cominciato a concretizzarsi e a realizzarsi: l'ideale comunista.

Nel giudicare gli avvenimenti accaduti in questo secolo e le rivoluzioni che ebbero luogo, molte persone non riflettono che con la Rivoluzione russa del 1917 e la creazione dell'URSS l'uomo si lanciò, per la prima volta in molte migliaia di anni di Storia, nel compito di costruire una nuova società, senza classi sfruttate, né classi sfruttatrici. Una società di esseri umani liberi e uguali .Si assiste attualmente ad uno sforzo febbrile di riscrivere la Storia. Cercano di cancellare o nascondere i mali insanabili del capitalismo. E cancellare, adulterare e calunniare tutto quello che di positivo la lotta dei lavoratori e dei popoli ha portato all'umanità. Ѐ certo che il compito della costruzione di una nuova società, la società socialista, si è rivelato più difficile, più complesso, più irregolare, più accidentato, più in ritardo di quello che noi, i comunisti, prevedevamo e annunciavamo. Si sono assolutizzate come leggi obiettive con un percorso continuo leggi relative alla evoluzione economica e sociale in un determinato periodo storico. Si sono assolutizzate leggi tendenziali relative al sistema capitalista, che essendo tendenziali, potevano essere contenute, e di fatto in qualche modo  lo furono, da fattori  che le contraddicevano. Si è creduto nella irreversibilità del socialismo. Si pensò quasi come fatale che la competizione economica tra i due sistemi si sarebbe risolta in un breve lasso di tempo a favore del socialismo.

Sono stati sottostimati come fattori soggettivi tutte le conseguenze di errori gravi, la possibilità che, a partire dal proprio potere politico, dopo la rivoluzione si verificasse un allontanamento dagli ideali comunisti portando all'effettivo mutamento dell'esercizio popolare del potere politico, alla degenerazione della democrazia socialista, alla stagnazione e ulteriore blocco delle forze produttive, alla opposizione del popolo al potere e come risultato, alla degenerazione e disaggregazione del sistema socio-economico socialista. Malgrado queste valutazioni e previsioni sbagliate, Il fatto è che il secolo XX risulterà segnato nella Storia esattamente per questo compito gigantesco di trasformazione sociale che fu il concretizzarsi della società socialista. Per le sue grandi realizzazioni e conquiste. Per la trasformazione radicale del benessere dei popoli. Per gli importanti diritti raggiunti dai lavoratori. Per il crollo del sistema coloniale e la conquista della indipendenza dei popoli dominati da secoli, sfruttati e colonizzati da Stati stranieri.

Ciò che segna il secolo XX nella Storia non è una qualche superiorità del capitalismo, ma le profonde e rivoluzionarie trasformazioni sociali avvenute attraverso le lotte dei lavoratori e i popoli del mondo. Il secolo XX non è stato il secolo "della fine del comunismo" (come ora si proclama) ma il secolo “dell'inizio del comunismo" come concretizzazione e edificazione di una nuova società per il bene dell'umanità.

L’ortodossia e la risposta creativa alla realtà

Ѐ condannato a essere superato dalla Storia qualunque progetto politico che si mantenga fisso, immobile, incapace di dare risposte alle nuove situazioni, ai nuovi fenomeni,  ai nuovi avvenimenti. La vita sociale è in costante movimento. In un determinato periodo storico un progetto politico che mantenga coerentemente linee e obiettivi fondamentali, per essere valido non può in nessun caso chiudere gli occhi alla realtà, né pensare che la teoria e le soluzioni pratiche racchiudono verità assolute, immodificabili. Noi, i marxisti, pensiamo che, sia in una società che in natura, esistono, nelle situazioni e nei fenomeni, relazioni obiettive di causa ed effetto. Siamo deterministi, ma non siamo  fatalisti. La dialettica che dà forma ai nostri principi teorici abborda e spiega la realtà in movimento, è critica per natura e implica che si rifiutino verità assolute, includendole nella formulazione di "leggi della dialettica".

Ѐ un'accusa cattiva accusare il PCP di essere un partito ortodosso. Ortodossia è immobilità e cristallizzazione  di pensiero, fede invece di convinzione politica, incapacità di riflettere, di analizzare obiettivamente e di accompagnare con creatività nella elaborazione teorica i mutamenti della realtà obiettiva. Perciò la riflessione attuale del nostro Partito non è, né potrebbe essere, la stessa di quando 72 anni fa il PCP fu creato. Abbiamo appreso con la vita, con i fatti, con le realtà, con le esperienze. Abbiamo corretto e arricchito le nostre analisi. Abbiamo studiato i mutamenti in tutti gli aspetti  della società e della vita dell'umanità. Questo posizionarsi spiega e significa che l'ideale comunista, il nostro progetto di società socialista per il Portogallo non è oggi perfettamente uguale a quello che era quando il nostro Partito fu creato.

Nel corso di molti anni la società socialista che abbiamo indicato come obiettivo fu definita (e fu corretto averla definita così) secondo due riferimenti fondamentali: le definizioni generiche, a volte circostanziate, di Marx, Engels e Lenin e le soluzioni e realizzazioni del primo Stato socialista, la Unione Delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.

I processi e le trasformazioni rivoluzionarie nel corso del secolo, l'impresa della costruzione del Socialismo nelle condizioni economiche, sociali e politiche più varie in paesi di tutti i continenti, la diversità delle vittorie e dei successi, le sconfitte e i fallimenti e precisamente la disfatta dell'URSS e dei Paesi dell'Est europeo, segnalarono tuttavia che non c'è, né ci può essere, un modello universale di Socialismo. Che la differenza di situazione implica la differenza di soluzioni, che nella costruzione della nuova società bisogna individuare gli elementi che la fanno progredire e la rendono solida e i fattori negativi che la indeboliscono e possono spingere verso la sua distruzione. Avanzando nei percorsi sconosciuti della costruzione della società nuova non solo è indispensabile scoprire soluzioni certe ma è anche indispensabile la prevenzione e attenzione alle sorprese e al non previsto e la preparazione per stare in condizione di dare risposte creative adeguate alle nuove situazioni”.

Alvaro Cunhal - Ponte da Barca, 21 maggio 1993. Ciclo di conferenze e dibattiti

Traduzione e introduzione di Annita Benassi

13/01/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: Tribuna Alentejo

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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