Acciaierie di Piombino: la crisi si risolve con l’intervento pubblico

In una lettera aperta al Governo, alla Regione, ai parlamentari, ai sindacati e alle autorità locali si chiedono l’intervento dello Stato nella gestione delle acciaierie e tutele per i lavoratori e l’ambiente.


Acciaierie di Piombino: la crisi si risolve con l’intervento pubblico Credits: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/2/20/Acciaierie_di_Piombino_-_Deltasider_panorama.jpg/800px-Acciaierie_di_Piombino_-_Deltasider_panorama.jpg

A: Ministro dello Sviluppo Economico Patuanelli, Sottosegretaria Sviluppo Economico Morani, Presidente della Regione Toscana Rossi, Sindaco di Piombino Ferrari, ai Capo gruppo Consiliari del Comune di Piombino e per conoscenza ai Parlamentari della Repubblica De Falco, Fassina e Vizzini, alle OO.SS di categoria e confederali sia nazionali, che regionali che provinciali.

Siamo un'associazione composta in buona parte da lavoratori e da cassaintegrati di "lungo corso" delle industrie piombinesi e i nostri riferimenti sono i principi contenuti nella Costituzione Italiana e con essi vogliamo valutare anche i prossimi passaggi della travagliata vicenda Jindal. Dopo anni di promesse mancate, nei quali Jindal ha dimostrata la propria inaffidabilità diventando un ostacolo per lo sviluppo di tutto il territorio, chiediamo che siano fatti i passi necessari per togliere la fabbrica a Jsw con lo Stato che riprende il controllo dello stabilimento, acquisendone almeno il 51% della proprietà. Siamo fermamente convinti che soltanto con la proprietà pubblica vi potrà essere la speranza che lo stabilimento torni a produrre acciaio, unica possibilità di dargli un futuro.

Chiediamo, inoltre, che questo intervento per tornare a colare acciaio (eco-compatibile e lontano dalla città) sia realizzato all'interno di un “Piano di rinascita di Piombino” nel quale siano previsti ingenti finanziamenti pubblici per consentire la diversificazione economica, la partenza delle bonifiche e la realizzazione delle infrastrutture. Se, purtroppo, le scelte delle istituzioni (magari con il supporto dei Sindacati) andranno nella direzione di concedere ancora fiducia a Jindal e, addirittura, di sostenere l'azienda con fondi pubblici chiediamo che le siano posti, in modo rigido, almeno i seguenti vincoli: - il piano industriale dovrà contenere, da subito, l'intero pacchetto degli investimenti previsti al momento dell'acquisto dello stabilimento, cioè 3 forni elettrici e 2 treni nuovi di laminazione. L'ingresso dello Stato nella proprietà dello stabilimento non dovrà essere temporaneo e dovrà essere in misura da contare nelle scelte gestionali (senza escludere di arrivare almeno al 51% delle quote azionarie).

L'azienda deve rendere subito operativo il revamping dei 3 treni esistenti, gli smantellamenti degli impianti nell'ex area a caldo e deve rinunciare a produzioni dannose quali l'acciaio al piombo, inoltre deve liberare in tempi stretti le aree che non utilizza per consentire l'insediamento di altre attività produttive. Jindal dovrà accettare, la ripresa della trattativa di secondo livello, con le OO.SS, per permettere ai lavoratori il recupero graduale del 30% del loro salario tagliato dagli accordi precedenti. L'azienda deve accettare la realizzazione vera di rotazioni al lavoro di tutti i dipendenti, con un controllo ferreo e trasparente da parte dei sindacati e dei lavoratori stessi.

Nella malaugurata ipotesi che lo Stato non pretenda la maggioranza delle azioni, l'azienda deve accettare il prosieguo del controllo del Commissario Governativo con poteri rafforzati almeno fine alla fine degli investimenti. L'azienda deve accettare che ogni vincolo sopra esposto venga legato ad un crono programma (fissato dalle istituzioni) preciso, con date certe, verificabile, con penali fino alla rinuncia della proprietà dello stabilimento in caso di inadempienze da parte di Jindal. Nell'ipotesi che venisse presentato un piano industriale parziale e che le istituzioni, colpevolmente lo accettassero, chiediamo di rivelare, il numero degli esuberi approntando un progetto per la loro ricollocazione, compreso la previsione di uscite volontarie incentivate e prepensionamenti. Ai sindacati chiediamo, che stavolta qualsiasi ipotesi di accordo sia sottoposto, prima di qualsiasi firma, alla conoscenza dettagliata e all'approvazione dei lavoratori; non dovranno più esserci accordi già sottoscritti e spacciati come verbali di incontro. Al governo ribadiamo che, dopo tutto ciò che abbiamo subito in questi anni, solo l'acquisizione da parte dello stato dello stabilimento (all'interno di un piano nazionale della siderurgia) potrà garantire il rispetto della costituzione, la rinascita del nostro territorio e produrre utili anche per le casse dello Stato nel momento in cui si tornasse a colare acciaio, convinti, come siamo, che la rinascita della nostra comunità passi dall'elaborazione di un piano che nasca da una grande e continua partecipazione popolare; pertanto chiediamo al governo e alle istituzioni locali che prima di qualsiasi accordo con Jindal sia organizzata, a Piombino, un grande incontro pubblico, con la presenza del ministro Patuanelli e della Sott. Morani.

Auspichiamo che a questa nostra lettera aperta segua una presa di posizione pubblica dei soggetti individuati

25/07/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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