Videolezione: pitagorici, Senofane e Parmenide

Proseguiamo la pubblicazione delle videolezioni del corso di filosofia: “Controstoria della filosofia in una prospettiva marxista”. Primo ciclo: “La filosofia antica dai presocratici a Socrate”, tenuto dal professor Renato Caputo per l’Università popolare Antonio Gramsci con il video della terza lezione: “Il sorgere della capacità scientifica di astrazione dei pitagorici e la critica di Senofane alla visione mitologico-religiosa del mondo”.


Link agli articoli pubblicati su questo giornale in cui sono approfonditi i temi affrontati nella videolezione: “I pitagorici e il sorgere della capacità scientifica di astrazione”, “La critica di Senofane alla visione mitologico-religiosa del mondo” e “Parmenide e l’origine della scienza della logica”.

La figura di Pitagora

Ci è stata tramandata la figura leggendaria di un Pitagora profeta-mago, depositario di una sapienza occulta d’origine divina che avrebbe divulgato solo a una stretta cerchia di iniziati. Figura venerata era considerato discendente di Apollo. Al di fuori delle tarde leggende, sappiamo poco di lui. Nasce a Samo intorno al 570 a. C., forse fu discepolo di Anassimandro, a 40 anni, intorno al 530, si trasferisce in Magna Grecia, dove muore nel 490 a. C.

La scuola e le sue vicende

A Crotone fonda una scuola che ha carattere culturale e politico che si diffonde nell’Italia meridionale spesso conquistando il potere ed esercitandolo in modo aristocratico nel senso etimologico del termine come il dominio dei migliori, ossia degli intellettuali, in quanto anche lo Stato andava governato scientificamente dai più sapienti. Saranno i nobili che, aizzando la plebe, pongono fine al dominio politico dei pitagorici. In un primo momento avevano frainteso in senso oligarchico la politica pitagorica, quando conquistò il potere e li estromise, aizzarono populisticamente la plebe per riconquistare il potere in nome di una demagogica democrazia.

La scuola e l’insegnamento di Pitagora 

Accanto alla scienza la scuola pitagorica pratica e la comunione dei beni, una prima forma di comunismo non primitivo. La scuola contrastava i grandi limiti della società greca anche più democratica, accogliendo al proprio interno oltre a persone indipendentemente dalla loro posizione sociale, anche stranieri, barbari e donne. Per il carattere rivoluzionario dei loro obiettivi, i pitagorici non pubblicavano i loro scritti. L’insegnamento dei pitagorici era orale e doveva essere mantenuto segreto per non mettere in allarme gli oligarchi. Perciò tutte le concezioni che si svilupparono nella scuola, anche quelle di molto successive, venivano attribuite a Pitagora da tempo morto e non più perseguibile. Per questo è difficile stabilire quale fosse la visione del mondo di Pitagora stesso, anche perché probabilmente non scrisse nulla. Solo dopo che il progetto politico dei pitagorici divenne noto, intorno alla metà del V secolo, anche il loro pensiero fu reso pubblico. In tal modo emersero i principali intellettuali pitagorici del tempo Filolao di Crotone e il suo allievo Archita di Taranto che svilupparono la visione matematica del mondo. Prosegui la lettura dell’articolo al link: I pitagorici e il sorgere della capacità scientifica di astrazione.

L’eredità degli ionici e dei pitagorici 

Ai due estremi geografici del mondo greco, quello orientale e quello occidentale, la filosofia ionica e quella pitagorica, lungo tutto il VI secolo, hanno dibattuto i grandi temi della struttura della realtà. Pitagorici e ionici divergono sempre più marcatamente: i primi, attraverso l’interpretazione “numerica” della realtà tendono a creare schemi logico-razionali di interpretazione; i secondi si orientano verso uno spiccato naturalismo, che dà sempre maggiore importanza ai dati dell'osservazione e alle leggi fisiche che li connettono. Entrambi questi punti di vista contengono un profondo nucleo di verità; entrambi richiedono però di essere chiariti nei loro presupposti fondamentali. 

Senofane di Colofone

A questo compito di radicalizzazione e di chiarimento dei problemi di fondo assolvono, tra la fine del VI e l’inizio del V secolo, le grandi speculazioni sull’essere e sul divenire, condotte rispettivamente da Parmenide e da Eraclito. A entrambe, tuttavia, introduce Senofane di Colofone, che è stato personalmente in contatto sia con gli ionici sia con il pitagorismo, e che rispetto agli uni e all’altro conduce una preziosa opera critica.

La vita 

Una tradizione assai antica ci ha presentato Senofane, vissuto tra il 570 e il 475 a. C., come il fondatore o comunque il precursore della scuola eleatica. Dalla propria patria egli si sarebbe dovuto trasferire, per motivi politici, nella Magna Grecia, dove secondo la tradizione avrebbe dato inizio, a Elea in Campania, alla scuola divenuta poi tanto celebre. La critica moderna tende a porre in dubbio questo rapporto di derivazione degli eleati da Senofane, pur senza negare che egli abbia potuto costituire un anello di collegamento tra le speculazioni ioniche e quelle degli italici.

La critica alla religione 

Il motivo principale per cui Senofane è stato considerato un antesignano dell’eleatismo risiede nella centralità della ragione e nella radicale critica alla tradizione. Egli esplicita il metodo razionale di indagine che guida la riflessione sulla natura e insiste sulla differenza tra la spiegazione filosofica e quella religiosa e mitologica. L'aspetto più clamoroso dell'attitudine critica di Senofane nei confronti della tradizione consiste nella sua spietata condanna delle superstizioni religiose e della raffigurazione antropomorfica degli déi. “Gli etiopi dicono che i loro déi sono camusi e neri, i traci che sono rossi di capelli (…) ma se buoi, cavalli e leoni avessero le mani e sapessero disegnare (...) i cavalli disegnerebbero gli déi simili a cavalli e i buoi gli déi simili a buoi” e “Omero ed Esiodo hanno attribuito agli déi tutto quanto presso gli uomini è oggetto di biasimo: rubare, fare adulterio e ingannarsi reciprocamente”. Prosegui la lettura dell’articolo al link: La critica di Senofane alla visione mitologico-religiosa del mondo.

Vita e opere

Oggi si riconosce quale autentico fondatore della cosiddetta scuola eleatica il “venerando e terribile” Parmenide, come lo definirà Platone, suo ideale discepolo. Nato a Elea nel Cilento verso il 515 e fiorito nella prima metà del V secolo a. C. dell’epoca precedente la nostra, Parmenide avrebbe fatto secondo Platone un viaggio ad Atene insieme al suo discepolo Zenone. Il suo presunto soggiorno ad Atene è raccontato da Platone nell’omonimo dialogo il Parmenide e viene considerato da Socrate e dagli altri esponenti della cultura ateniese come un evento memorabile, visto che la sua concezione del mondo era all’epoca una delle più quotate. Il pensiero di Parmenide è molto innovativo e a sua influenza sul pensiero greco successivo sarà enorme. 

La novità della visione del mondo di Parmenide 

Sia i fisici della Ionia sia i pitagorici si proponevano di spiegare la molteplicità delle cose osservabili, riconducendole a un principio fondamentale. La filosofia di Parmenide, invece, non intende spiegare la molteplicità delle cose osservabili: intende negarla. Parmenide, in effetti, mette radicalmente in discussione la realtà delle cose di cui facciamo esperienza – le cose che vediamo, sentiamo e tocchiamo – e sposta l’attenzione su una categoria che avrà un enorme successo nella filosofia dei secoli successivi: l’essere, dando vita all’ontologia.

Identità di essere e logos

Centrale è l’identità di essere, ovvero la realtà oggettiva, il pensiero che la conosce e linguaggio che la esprime. Per Parmenide l’ordine del mondo coincide con l’ordine del pensiero. Altro aspetto fondamentale è la revisione del metodo razionale: come per gli ionici e per i pitagorici, anche per Parmenide la ricerca del pensiero va condotta secondo un metodo razionale, ovvero attenendosi a criteri di correttezza e coerenza logica, ma Parmenide lo intende in modo più rigoroso. Per gli ionici e i pitagorici, il metodo razionale consisteva nel partire dall’osservazione delle cose che ci circondano – come la vita degli organismi sulla terra o i movimenti degli astri nel cielo – e da lì procedere per ragionamenti cercando di individuare il principio fondamentale di tutte le cose. Invece per Parmenide l’osservazione delle cose che ci circondano – l’esperienza resa possibile dai sensi – non è un punto di partenza adeguato: la ragione deve basarsi solo su se stessa, senza fare affidamento all’esperienza. Soltanto in questo modo il metodo razionale potrà condurre il filosofo alla conoscenza della verità, mentre l’esperienza ci fornisce solo opinioni inaffidabili e fuorvianti. Prosegui la lettura dell’articolo al link: Parmenide e l’origine della scienza della logica.

Presentazione del corso

Abbiamo definito una “controstoria” la nostra interpretazione della filosofia in una prospettiva marxista, ossia dal punto di vista del materialismo storico e dialettico, esclusivamente in quanto intendiamo mostrare l’importanza di aspetti fino a ora troppo spesso ingiustamente trascurati. A tale scopo re-interpreteremo la storia del pensiero umano nei suoi lineamenti fondamentali filosofici dal punto di vista della filosofia della praxis, rileggendo la storia del pensiero a partire dai conflitti sociali e ideologici sempre fondati nella loro concretezza strutturale: storica e sociale.

Inoltre mostreremo da un punto di vista dialettico che ogni nuova filosofia, per essere realmente tale, non può che, necessariamente, ricomprendere in sé ciò che è ancora attuale di tutte le concezioni filosofiche precedenti, criticandone al contempo gli elementi oramai storicamente caduchi. Come vedremo, dunque, ogni nuova filosofia non si limita a confutare le precedenti, ma ne ricomprende gli aspetti ancora attuali in sé. In tal modo ogni nuovo sistema filosofico ricomprenderà dialetticamente in sé i principali risultati dei sistemi antecedenti. Ciò, naturalmente vale anche per il marxismo, ovvero per quella filosofia della praxis che non si limita più a interpretare in modo diverso il mondo, ma che mirerà, al contempo, a trasformarlo nel modo più radicale possibile. Come, in effetti, aveva già compreso Hegel nella sua Enciclopedia delle scienze filosofiche: “la filosofia che è ultima nel tempo, è insieme un risultato di tutte le precedenti e deve contenere i principi di tutte: essa è perciò – bene inteso se è davvero una filosofia – la più sviluppata, ricca e concreta” (G.W.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, Utet, Torino 1995, vol. I, p. 140). 

Dunque, ogni filosofia costituisce una tappa del progressivo sviluppo del pensiero umano, per cui il lascito di ogni grande filosofo entra a far parte del patrimonio intellettuale dell’umanità, di quel “tesoro della conoscenza razionale” che già Hegel considerava il più importante frutto della storia. Continua a leggere la presentazione del corso al link “Controstoria della filosofia in una prospettiva marxista”.

09/07/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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