Il corso, che ha inaugurato l’anno accademico 2022-23 dell’Università popolare Antonio Gramsci, è dedicato alla filosofia dell’ellenismo e dell’età tardoantica e si è intersecato, a partire da quest’ultima epoca, anche con la storia universale. Naturalmente ci si chiederà cosa c’entra l’Unigramsci con queste due età non solo lontane da noi, ma in apparenza poco significative sia dal punto di vista della storia della filosofia sia dal punto di vista della storia universale. Per rispondere a tali obiezioni occorre ricordare, in primo luogo, che il corso si inserisce in un percorso pluriennale volto a delineare una (contro)storia della filosofia in una prospettiva marxista. Tale percorso, a partire da quest’anno accademico, si incrociato e giovato di approfondimenti sui diversi mondi storici che sono stati affrontati. Dunque, con il corso di quest’anno si completa il percorso iniziato due anni accademici fa e dedicato all’analisi della (contro)storia della filosofia antica (chi non ha avuto modo di partecipare ai precedenti incontri li può facilmente ritrovare su youtube). Naturalmente trattandosi di un percorso storico e storico-filosofico non si può comprendere veramente la filosofia e la storia delle epoche successive, sino alla nostra, senza conoscere quelle delle epoche precedenti. D’altra parte conoscere la filosofia dell’ellenismo e la storia e la filosofia dell’età tardoantica non sono unicamente funzionali a comprendere la successiva filosofia e storia del medioevo e, quindi, dell’età moderna, né sono unicamente necessarie per concludere il percorso intrapreso sulla filosofia del mondo antico. In effetti molte delle idee, dei concetti, delle rappresentazioni, dei valori e delle credenze del mondo contemporaneo affondano le loro radici proprio in queste due epoche della storia universale. Pensiamo, innanzitutto, alla grandiosa e decisiva ancora oggi idea dell’eguaglianza fra gli uomini, indipendentemente dal genere, dal luogo di nascita, dalla posizione nella gerarchia sociale etc. Per continuare a leggere l’introduzione del corso clicca qui.
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La vita
Agostino nasce a Tagaste nell’attuale Algeria nel 354 da famiglia non ricca. Studia grammatica e retorica, materia che poi insegna a Cartagine e a Roma dal 383. Con l’appoggio dei Manichei ottiene la cattedra a Milano, sede dell’imperatore, di cui diviene un funzionario importante, tanto da scriverne i discorsi. Si converte al cristianesimo e torna a Tagaste dove fonda un monastero, ma contro la sua volontà è eletto vescovo di Ippona. Si dedica tutto allo studio e agli impegni pastorali. Muore nel 430 mentre i Vandali di Giansenico assediano Ippona.
Le tappe della formazione intellettuale di Agostino
Le tappe della tortuosa formazione di Agostino segnano motivi che rimarranno essenziali nel suo successivo impegno speculativo e pastorale e per la sua caratterizzazione del compito della filosofia. Dallo studio dell’Hortensius di Cicerone, la filosofia si presenta a Agostino come amore per la sapienza, che implica una continua ricerca. Tale ricerca si articola per Agostino come sforzo della razionalità per individuare il proprio fondamento. Senza rinunciare al compito di infinito chiarimento, la ragione, secondo Agostino, riconosce qualcosa che la trascende e a cui deve credere.
Il manicheismo
La verità ricercata è trovata in primis nel manicheismo, per il metodo razionale con cui indaga le scritture, e per la radicalità con cu si risolve il problema del male. Il Manicheismo è una religione fondata dal persiano Mani (205-76). Il formarsi della realtà e il male in essa sono spiegati con uno schema zoroastriano: ci sono due principi creatori opposti, uno è il signore della luce, l’altro delle tenebre. Dalla loro continua lotta deriva la realtà costituita dal bene e dal male. Anche l’uomo è fatto di luce, lo spirito, e tenebra, il corpo, perciò con una morale molto rigida l’uomo deve far prevalere lo spirito sul corpo.
Dallo scetticismo al neoplatonismo
In seguito la razionalità del Manicheismo apparirà ad Agostino astratta e sterile, giudicando inconsistente la tesi sul male, in quanto se esso si opponesse al bene dio non sarebbe onnipotente. Passando attraverso una fase scettica, Agostino attraverso l’esegesi biblica di Ambrogio, ricca di influenze neoplatoniche, e la lettura diretta delle Enneadi, conclude i suoi anni giovani convertendosi al neoplatonismo e al cristianesimo. L’inizio del Vangelo di Giovanni gli offre una soluzione al problema del male riconoscendolo come non-essere e non come principio separato in opposizione all’onnipotenza e unicità di dio.
La grazia e la filosofia come introduzione alla fede
Dinanzi alla perdurante angoscia per il male, interviene il riconoscimento della carenza delle forze umane, che necessitano di una grazia per vincere la tendenza al male. Agostino si serve in modo cospicuo di schemi neoplatonici, giustificandosi con il compito attribuito alla filosofia di introduzione alla fede e di delucidazione dei contenuti della fede. Tuttavia la filosofia non ha valore in sé, ma in quanto ci fa penetrare nei contenuti della fede. Perciò occorre rubare la filosofia ai greci per utilizzarla per il suo vero scopo.
La soluzione al problema del male
Il rapporto fra principio unitario del reale ed esseri molteplici e limitati, di Plotino, dà ad Agostino la chiave per interpretare il rapporto fra dio e creature, di modo ché né dio possa essere ritenuto responsabile della imperfezione, carenze (del male), presenti nel mondo, né il male possa essere posto come principio di tutti gli esseri finiti, questi ultimi sì carenti e imperfetti, ma comunque positivi, perché in quanto Essenti partecipano dell’Essere. L’universo si struttura gerarchicamente secondo i diversi gradi di essere che le creature hanno ricevuto. Data l’equivalenza fra Bene ed essere il male propriamente non è, è non essere, privazione, limite e non realtà.
Le differenze da Plotino
A differenza che in Plotino non c’è per Agostino necessità nella creazione divina, ma è opera della libera iniziativa di dio. Inoltre in Agostino non c’è un’Unità oltre l’Essere, ma l’Essere si identifica con l’Uno. Dio è uno e bene in quanto è pienezza d’essere. Dio e l’anima sono legati da un’accentuata tensione emozionale oltre che razionale. Il luogo di tale rapporto è l’interiorità e il metodo per coglierlo è l'analisi psicologica.
Una religiosità interiore
L’uomo scopre in sé criteri stabili cui fa riferimento per conoscere il mutevole e scopre la presenza di proposizioni (specie matematiche e logiche) la cui universalità non deriva dai sensi. Tali evidenze e regole l’uomo non ricava dall’esperienza, visto che esse sono necessarie per valutarla, né le produce l’uomo, visto che sono le condizioni di possibilità del suo pensare. Tali criteri certi sono il riflesso di idee immutabili e perciò vere, che testimoniano l’esistenza di una verità assoluta e oggettiva, proprio nell’uomo. Nell’interiorità l’uomo può colloquiare direttamente con Cristo, quale maestro interiore. Alla luce di concetti e criteri veri presenti nell’anima, possiamo reperire conoscenze certe, come reperire indicazioni etiche rette. L’illuminazione è condizione della vera conoscenza ed è il risultato di una nostra conversione, ma anche della grazia. Pur scoprendosi libero e responsabile nella propria interiorità, l’uomo può sottrarsi dalla tentazione solo per la guida del Maestro interiore.
La cristianizzazione della filosofia di Plotino
Dunque concetti tipici della filosofia di Plotino sono qui utilizzati con un altro significato. Nella riflessione di Agostino torna anche il tema platonico della memoria: ma nel senso che ritrovare la Verità significa ricordarsi del dio che è in noi.
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