Le vaste e tumultuose trasformazioni, che investono tanto il ruolo delle forze politiche e sociali di fronte alle sfide del tempo presente, quanto la sfera della produzione di cultura e di immaginario nel cui contesto sono veicolate le ideologie dominanti quali formazioni ideologiche della classe dominante, interrogano profondamente il nostro “che fare?”: da un lato, l’esigenza di aggiornare e potenziare la nostra strumentazione politica, la “cassetta degli attrezzi”; dall’altro, il bisogno di estendere e rafforzare l’area del consenso e della partecipazione nelle lotte e nelle attivazioni per la trasformazione sociale e politica.
I termini intorno ai quali si svolge il conflitto nel tempo presente sono ormai ampiamente squadernati innanzi a noi: senza alcuna intenzione di stabilire indebite e inopportune gerarchie di valore, risaltano, senza dubbio, la grande questione della lotta contro la guerra e per la pace, da declinare sempre più nel senso della lotta contro l’imperialismo, contro la guerra imperialista e contro il militarismo e la militarizzazione, con la quale gli attori dominanti intendono puntellare l’edificio, sempre più instabile e malsicuro, e proprio per questo aggressivo e minaccioso, del pensiero unico e del sistema unipolare; la non meno grande questione della lotta per la democrazia, sempre più sfidata dai processi di crescente separatezza politico-istituzionale e di radicale polarizzazione socio-economica, dove peraltro lotta sociale e lotta democratica sempre più faticano ad affermare il proprio ruolo di motore del cambiamento; la questione, grande anch’essa, del lavoro, come centro di conflitto sociale e di lotta politica, come fattore di dignità e di avanzamento sociale, come vettore di rinvigorimento della qualità democratica, come elemento essenziale nel processo di riorientamento della innovazione scientifica e tecnologica e di salvaguardia dell’ambiente e dell’ecosistema.
Si sarebbe detto, in altri termini, il permanente ritorno di attualità della grande domanda storica di pane, pace e giustizia: “due questioni sono balzate in primo piano fra tutte le altre questioni politiche: la questione del pane e quella della pace. La guerra imperialistica, guerra fra le più grandi e più ricche compagnie ... per il dominio del mondo, per la spartizione del bottino, per la spoliazione dei popoli piccoli e deboli, ... ha devastato tutti i Paesi, ha esaurito e sfinito tutti i popoli, ha posto l’umanità di fronte al dilemma: o mandare in rovina tutta la civiltà e scomparire, o rovesciare per via rivoluzionaria il giogo del capitale, ribaltare il dominio della borghesia, conquistare il socialismo e una pace durevole. Se non vincerà il socialismo, la pace tra gli Stati capitalistici significherà soltanto un armistizio, una tregua, la preparazione ad un nuovo massacro dei popoli”.
“Pace e pane: queste sono le rivendicazioni fondamentali degli operai e degli sfruttati. La guerra ha acuito al massimo grado queste rivendicazioni. La guerra ha votato alla fame i Paesi più civili, più sviluppati culturalmente. Ma d’altra parte, la guerra, come enorme processo storico, ha affrettato in modo mai visto in precedenza lo sviluppo sociale. Il capitalismo, sviluppatosi in imperialismo, cioè capitalismo monopolistico, si è trasformato per effetto della guerra in capitalismo monopolistico di Stato. Abbiamo ora raggiunto questo grado di sviluppo dell’economia mondiale che è il diretto preludio al socialismo” (Lenin, Per il pane e per la pace, scritto il 27 dicembre 1917, pubblicato nella “Jugend-Internationale”, n. 11, maggio 1918).
L’estrema, radicale, vitalità di questa riflessione leniniana non può non spingere, pertanto, a rintracciare alcune questioni essenziali per l’orientamento e l’iniziativa dei comunisti e delle comuniste nel nostro Paese. Il riferimento (e, con esso, una corretta lettura e una coerente interpretazione) allo scenario internazionale resta una questione essenziale e decisiva. Sullo sfondo, infatti, della lotta contro la guerra e per la pace, contro le guerre dell’imperialismo e per la pace con democrazia effettiva e giustizia sociale, si stagliano le resistenze e le lotte dei popoli che, ai quattro angoli del pianeta, avanzano nuove rivendicazioni sociali, affermano nuovi contenuti politici, segnalano l’apparizione di nuove generazioni e nuovi soggetti sociali sul terreno della lotta, delineano dunque elementi sui quali è necessario soffermarsi, ponendovi attenzione e leggendone i segnali.
Gli esempi non si limitano, evidentemente, al ciclo di lotte e di conflitto che sta attraversando, ormai da settimane, la Francia contro il varo della legge di controriforma del sistema pensionistico e di innalzamento dell’età di pensione; prima ancora c’era stata, ad esempio, la mobilitazione di oltre centomila persone scese in piazza, nel settembre scorso, a Praga con le parole d’ordine contro la guerra e l’imperialismo, contro la NATO e contro le sanzioni imposte alla Russia che hanno provocato e continuano a provocare, del resto, gravissime ripercussioni economiche e sociali anche sui Paesi occidentali, non ultima l’Italia; e ancora la vastissima mobilitazione, che va avanti da settimane, del popolo del Perù, dapprima contro il golpe che ha portato alla destituzione del presidente legittimo, Pedro Castillo, nel dicembre scorso, e ora sempre più marcatamente segnata da istanze e rivendicazioni per una maggiore giustizia sociale e per un cambiamento radicale, anche nel senso del varo di una nuova Costituzione, nel senso di maggiore democrazia e progresso.
Se, come è noto, “la storia di ogni società, esistita fino a questo momento, è storia di lotte di classi”, è non meno vero che proprio «sotto i nostri occhi, si svolge un moto analogo. I rapporti borghesi di produzione e di scambio, i rapporti borghesi di proprietà, la società borghese moderna, che ha creato per incanto mezzi di produzione e di scambio così potenti, rassomiglia al mago che non riesce più a dominare le potenze degli inferi da lui evocate. Sono decenni, ormai, che la storia dell’industria e del commercio è soltanto storia della rivolta delle forze produttive moderne contro i rapporti moderni della produzione, cioè contro i rapporti di proprietà che costituiscono le condizioni di esistenza della borghesia e del suo dominio» (Karl Marx, Friedrich Engels, Il Manifesto del Partito Comunista, 1848). Non si tratta di una previsione astratta e velleitaria, ma della precisa individuazione della tendenza storica e politica: nell’attuale situazione di fase, segnala la centralità della lotta di classe e del conflitto sociale nella definizione della traiettoria e della prospettiva politica e riporta l’attenzione sul protagonismo della soggettività sociale e di classe nel processo di trasformazione.
Così, sulla scena internazionale, tornando agli esempi precedenti, lotte di classe e movimenti popolari, variamente declinati di Paese in Paese, segnalano il ritorno di attualità della questione strategica delle «vie nazionali al socialismo»; quella che oggi in Perù è la parola d’ordine della nuova Costituzione, è stata nel recente passato, prima in Venezuela (tra il 1998 e il 2000), poi in Bolivia (tra il 2006 e il 2009), la medesima parola d’ordine di una nuova Costituzione con la quale formalizzare, da un lato, e dare nuovo impulso, dall’altro, alle conquiste del processo rivoluzionario, bolivariano, in senso socialista, in Venezuela, pluriculturale e plurinazionale, pure in senso socialista, in Bolivia. Dall’altra parte del mondo, nella Repubblica Popolare Cinese, gli esiti di grandissimo impatto del XX congresso del Partito Comunista non solo affermano la rinnovata centralità del marxismo e del leninismo (la dottrina di Marx ed Engels; il leninismo; il pensiero di Mao Zedong e la teoria di Deng Xiaoping), ma in particolare propongono il «socialismo con caratteristiche cinesi nella nuova era» come declinazione avanzata del socialismo del XXI secolo. Una proposta, dunque, non una nuova ortodossia: «il marxismo è la ricchezza comune lasciata in eredità al proletariato mondiale da Marx ed Engels, e lo sviluppo del marxismo è la causa comune dei marxisti di tutto il mondo. Entrando in una nuova era, la Cina è diventata un altopiano teorico per lo sviluppo innovativo del marxismo nel XXI secolo [...]. Allo stesso tempo, deve essere chiaro che la Cina non è affatto l’unica posizione del marxismo nel mondo nel XXI secolo.
«Il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi nella nuova era è il marxismo del XXI secolo e ha un significato mondiale, ma questo non esclude e influenza i partiti marxisti di altri Paesi a sostenere e sviluppare il marxismo del XXI secolo a partire dalle loro realtà nazionali. Il marxismo non è mai finito nella verità, Marx ed Engels non hanno mai fornito dogmi preconfezionati, e la vittoria del marxismo in diversi Paesi dipende dai marxisti di ogni Paese, che comprendono la situazione specifica di ciascun Paese e risolvono i loro rispettivi problemi a partire dalla realtà dei loro Paesi. La causa iniziata da Marx ed Engels è un progetto per cambiare il mondo. Combinare le verità universali del marxismo con le realtà specifiche di ogni Paese è un processo senza fine, e la storia della localizzazione e nazionalizzazione del marxismo non finirà» (He Yiting, Il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era è il marxismo del XXI secolo, 2020). D’altra parte, “l’avanzata verso il socialismo» è realizzata «dalla classe operaia guidata in modo diverso a seconda delle condizioni e delle particolarità economiche, politiche, nazionali e culturali di ciascun Paese», a partire dal «riconoscimento di principio delle diverse vie di sviluppo verso il socialismo” (P. Togliatti, VIII Congresso, 1956).
Su questi presupposti – le resistenze e le lotte dei popoli ai quattro angoli del pianeta; la rinnovata attualità delle vie nazionali al socialismo; attualità e vivacità del socialismo e prospettiva del mondo multipolare – non si può eludere – ed è una seconda grande questione aperta innanzi a noi – la questione di una riflessione politica e di un bilancio storico, proiettato sul presente e sul futuro, nel quadro del movimento comunista internazionale, circa la crisi del marxismo occidentale. Laddove, infatti, in non poche parti del mondo processi di trasformazione avanzano in senso socialista, nel mondo occidentale non è ancora conclusa la parabola della crisi.
Su questo la riflessione è aperta e ancora dovrà essere approfondita; ma restano intanto alcune indicazioni essenziali, in prospettiva, a partire, tra le altre, dalla riflessione che Domenico Losurdo ha consegnato alle pagine de Il marxismo occidentale. Come nacque, come morì, come può rinascere (Laterza, Roma-Bari, 2017), specie in relazione all’insufficiente attenzione verso la questione del potere; al mancato approfondimento del carattere non solo storico, ma anche dialettico, del materialismo, come pensiero-prassi della trasformazione generale; al mancato incontro del marxismo occidentale con il movimento anticoloniale; alle incertezze circa la categoria della «transizione»; alla necessità della storicizzazione della tesi della “estinzione” dello Stato “nell’attuale senso politico”; alla esigenza della ricalibratura, infine, della questione nazionale sulla base dell’ispirazione gramsciana e leniniana. Piste di lavoro, tracce di riflessione su cui alimentare la ricerca storica e politica.
Ad essa si collega, come ricognizione, al tempo stesso, storica, socioeconomica, politica, la questione cruciale del lavoro, del nuovo movimento operaio complessivo, della moderna composizione sociale e classe. Qual è il moderno soggetto rivoluzionario, come si configura la soggettività di classe nelle società contemporanee a cosiddetto capitalismo avanzato, dove collocare oggi il centro del processo produttivo e del movimento della trasformazione? Alla definizione generale, in base alla quale il proletariato è la figura sociale agita dalla estrazione di plusvalore necessaria ai fini della accumulazione capitalistica, nelle moderne forme nella quale essa si svolge e si dispiega, è necessario accompagnare infatti contenuti e sostanza. “Il nostro uomo – sottolinea Marx – è un operaio salariato. Perciò deve vendere la sua forza-lavoro a un capitalista [...] Il saggio del plusvalore dipenderà, restando uguali tutte le altre circostanze, dal rapporto fra quella parte della giornata di lavoro necessaria per riprodurre il valore della forza-lavoro, e il tempo di lavoro supplementare o pluslavoro impiegato per il capitalista”. Da un lato, la misura in cui la giornata di lavoro può essere prolungata oltre il tempo durante il quale l’operaio, per mezzo del suo lavoro, riproduce unicamente il valore della sua forza-lavoro, cioè fornisce l’equivalente del suo salario. Dall’altro, la misura in cui la produttività del lavoro può essere incrementata, attraverso l’impiego di tecnologia sempre più avanzata, oltre la misura durante la quale l’operaio, per mezzo del suo lavoro, riproduce unicamente il valore della sua forza-lavoro, come sopra.
Le figure il cui lavoro è alienato e sfruttato; che subiscono la sottrazione del pluslavoro impiegato per il capitalista; che subiscono l’estrazione del plusvalore su cui si forma l’accumulazione; e che quindi concorrono, in queste condizioni, alla produzione di valore in senso generale, non solo in termini di produzione industriale o materiale, ma anche in termini di produzione culturale e immateriale, in termini di valore espresso come quantità di lavoro sociale necessario cristallizzato, incorporato nel contenuto prodotto (Karl Marx, Salario, prezzo e profitto, 1865). Per riprendere, in questo senso, una recente elaborazione di Carlo Formenti, “oggi la stragrande maggioranza dei lavoratori di tale settore (programmatori, sviluppatori, web designer, etc.) sia che operino come autonomi (in catene di subfornitura caratterizzate da alti tassi di sfruttamento e feroce competizione fra poveri) sia come dipendenti dei colossi high tech, sono a tutti gli effetti operai come gli altri (cioè non dotati di alti livelli di comprensione del processo produttivo totale in cui operano come piccoli ingranaggi individuali). Viceversa, le minoranze di quadri inseriti in grandi imprese monopolistiche – come Amazon, Apple, Google, Facebook, Microsoft – sono, a tutti gli effetti, funzionari del capitale il cui ruolo consiste – similmente a quello degli ingegneri analisti dei sistemi nell’era taylorista – nello sviluppare modelli di governo, controllo e comando non solo sugli altri dipendenti d’impresa, ma anche sulle reti di forza-lavoro fintamente autonoma – vedi gli algoritmi che controllano il lavoro dei rider – dei consumatori e, più in generale, dell’insieme dei rapporti sociali. Oggettivamente sono proletari, soggettivamente no”.
Si tratta di una questione centrale, alludendo non solo alla configurazione del moderno proletariato dentro l’attuale dinamica di sviluppo delle forze produttive, ma anche alla definizione di una politica delle alleanze sociali e di un rapporto con le figure proletarizzate e i ceti medi, nella prospettiva della rottura del circuito dell’alienazione e dell’espropriazione e, in definitiva, dell’individuazione di una moderna soggettività. Il marxismo, d’altra parte, come socialismo scientifico e materialismo storico e dialettico, è un pensiero-prassi della totalità, della ricomposizione generale e della trasformazione generale. “Cosa separava gli uomini? Gli uomini – ricordava Fidel Castro – sono stati separati dall’egoismo; gli uomini sono stati separati dall’ingiustizia; gli uomini sono stati separati dallo sfruttamento. Man mano che scompaiono l’ingiustizia, scompare lo sfruttamento, scompaiono gli abusi, scompaiono quegli ostacoli che separavano i nostri cittadini. Come si fanno strada la giustizia e l’uguaglianza, si fanno strada anche la comprensione, l’amore e l’affetto tra tutti i cittadini del nostro Paese, quell’affetto che apre le porte di casa al contadino che non avevamo mai visto, o apre le porte di casa al vicino della capitale o delle grandi città che non avevamo mai visto nei nostri Paesi.” (Discorso di Fidel Castro in commemorazione del settimo anniversario del 26 Luglio, Las Mercedes, 1960). È un ulteriore terreno di ricerca, decisivo, nell’orizzonte della trasformazione dello stato di cose presente.
Riferimenti:
Karl Marx, Salario, prezzo e profitto, 1865: www.marxists.org/italiano/marx-engels/1865/salpp.htm
Karl Marx, Friedrich Engels, Il Manifesto del Partito Comunista, 1848: www.marxists.org/italiano/marx-engels/1848/manifesto
- I. U. Lenin, Per il pane e per la pace, 1917: www.marxists.org/italiano/lenin/1917/12/panepace.htm
Fidel Castro, Discorso in commemorazione del settimo anniversario del 26 Luglio, Las Mercedes, 1960: www.fidelcastro.cu/es/discursos/discurso-pronunciado-en-conmemoracion-del-vii-aniversario-del-26-de-julio-en-las-mercedes
Palmiro Togliatti, Per una via italiana al socialismo. Per un governo democratico delle classi lavoratrici, 1956, in: fondazionefeltrinelli.it/la-via-italiana-al-socialismo-lviii-congresso-nella-storia-del-pci
He Yiting, Il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era è il marxismo del XXI secolo, 2020: mondorosso.wordpress.com/2022/11/02/il-pensiero-di-xi-jinping-sul-socialismo-con-caratteristiche-cinesi-per-la-nuova-era-e-il-marxismo-del-xxi-secolo
Carlo Formenti, Sulla composizione di classe, 2021: www.sinistrainrete.info/analisi-di-classe/21913-carlo-formenti-sulla-composizione-di-classe.html