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Vita e opere Della vita di Eraclito, nato a Efeso tra il VI e il V secolo a. C., sappiamo pochissimo. È soprannominato l’oscuro, in quanto fa compiere un passaggio decisivo allo sviluppo del pensiero umano in senso dialettico. La sua biografia si perde nella leggenda. Di fiere tendenze aristocratiche, nel senso di governo dei migliori, tutto dedito alle sue ricerche, Eraclito scrive un’opera in seguito ricordata, come di consueto, con il titolo: Intorno alla natura, di cui ci restano sentenze brevi e taglienti, caratterizzate da un tono altezzoso con cui si contrappone al volgo che domina nella sua democratica polis. Fu influenzato da Anassimandro e dalla scuola pitagorica, conobbe anche Senofane, ma si diceva discepolo di se stesso. Contemporaneo di Parmenide, non lo cita mai.
La posizione “aristocratica” di Eraclito
Il testo di Eraclito, oltre a esprimere una dottrina filosofica, esprime una personalità. Eraclito, aristocratico, dal carattere sdegnoso e dall’esistenza appartata, di contro alla demagogia populista democratica denuncia che gran parte degli uomini sono incapaci di andare oltre le apparenze e di cogliere cos’è davvero il mondo, la legge che lo governa. Eraclito contrappone la verità della filosofia all’errore proprio della comune mentalità degli uomini. I più, rimanendo alla superficie delle cose, vivono come in un sogno illusorio, sono dei dormienti, anche se sembrano svegli, proprio perché non vanno oltre la doxa e sono incapaci di comprendere le autentiche leggi del mondo circostante. Ai dormienti, Eraclito contrappone i pochi, ovvero i filosofi, che riescono a essere davvero svegli, in quanto andando al di là dell’apparenza immediata delle cose ne colgono il nocciolo segreto. Ciò permette loro di comprendere come stanno oggettivamente le cose, in quanto vanno in profondità e sanno ascoltare il logos, la ragione, il vero pensiero, che corrisponde all’essenza della realtà. I filosofi posseggono quel sapere specifico che conduce alla verità (aletheia). Per questo motivo Eraclito si oppone recisamente ai tentativi dei suoi concittadini di trasformare la città di Efeso in una democrazia: conferire il potere alla maggioranza vorrebbe dire conferire il potere “a chi sta dormendo”.
I tratti dell’autentico filosofo
Il vero filosofo per Eraclito abbandona l’ingannevole mondo del senso comune e delle false evidenze di cui si nutrono i più, preferendo riflettere in solitudine, scandagliando con acume la propria anima, che essendo priva di confini offre il campo a una ricerca senza fine. Il vero filosofo è colui che – a differenza degli antichi maestri di sapienza come Omero e della loro attitudine a raccogliere moltissimi dati in modo sconnesso – invece di vagare alla superficie delle cose, ne indaga la natura profonda. Il filosofo è colui che ha indagato se stesso e sa elevarsi a una veduta complessiva del mondo, ponendosi in antitesi rispetto ai cultori delle tecniche e delle discipline particolari, prigionieri di un’ottica parziale. Il vero filosofo segue una condotta di vita indipendente dalle predilezioni degli uomini volgari. Mentre i più secondo Eraclito pensano solo ai bisogni primari, mangiare, riposare, fare sesso, ecc., i migliori mirano non alle cose passeggere, ma alla gloria immortale.
La teoria del divenire
Eraclito è ricordato come il filosofo del divenire, in quanto concepisce il mondo come un flusso perenne in cui tutto scorre (panta réi), come le acque del fiume che a causa della corrente non sono mai le stesse. Tutto ciò che è determinato, finito, è mutevole in quanto sottoposto ai cambiamenti del tempo.
Fuoco e logos
La concezione della realtà come fluire si concretizza nella tesi per cui principio di ogni cosa è il fuoco, elemento mobile e distruttore per eccellenza, che ben simboleggia la visione eraclitea del cosmo come energia in perpetua trasformazione. In continuità con i fisici di Mileto, Eraclito cerca il principio fondamentale di tutte le cose e lo individua nel fuoco. In effetti, egli osserva che tutte le cose sono esposte al cambiamento incessante e il fuoco è la sostanza tra quelle osservabili che meglio esemplifica tale continuo mutamento: la fiamma si muove in continuazione e produce anche un mutamento irreversibile nelle cose con cui entra in contatto. La differenza rispetto ai milesi è che il fuoco è solo il simbolo, l’esemplificazione del principio fondamentale. Riprendendo la concezione meccanicista di Anassimene, Eraclito sostiene che tutto proviene mediante la condensazione dal fuoco e tutto ritorna al fuoco mediante la rarefazione. Eraclito mostra che tutte le cose sono esposte al cambiamento incessante. Il cambiamento incessante della natura, di cui il fuoco è il simbolo, non procede in modo disordinato e casuale, ma obbedisce a una legge ben precisa, che governa tutto ciò che esiste e che Eraclito designa con il termine logos. Dunque, per Eraclito il principio fisico che costituisce le cose è il fuoco, mentre il logos è la legge universale che le governa.
Mentre per gli ionici di Mileto il logos era lo strumento dell’indagine filosofica, un’indagine di cui la natura era l’oggetto, per Eraclito il logos, la ragione: è la legge generale, universale e unica del cosmo, l’armonia e l’ordine cui obbediscono sia il mondo naturale che la legge umana. In secondo luogo è la stessa ragione umana che comprende la legge del mondo. In terzo luogo è il discorso, la parola che enuncia la verità, a rimarcare l’importanza in una cultura ancora prevalentemente orale del linguaggio parlato. Quindi, come in Parmenide, vi è uno stretto legame tra essere-pensiero-linguaggio anche se, come vedremo, in Eraclito questo rapporto comincia a incrinarsi. Il logos è sia la legge interna del mondo, il principio oggettivo, sia la ragione che la comprende e il linguaggio che la esprime, il principio soggettivo. D’altra parte in Eraclito vi è il superamento del principio di identità di Parmenide: per Eraclito le cose non sono vere e reali nella loro individualità (vita=vita; morte=morte; A=A), ma nella loro unità che è anche opposizione. Eraclito scopre quindi la contraddizione che vi è nella realtà e che si riflette anche nel pensiero, in questo senso è considerato il padre della concezione dialettica del mondo.
Divenire e conflitto
Sì, ma quale verità annuncia il logos? La missione del filosofo è proprio quella di scoprirne la legge profonda, quella che governa sia il pensiero umano che la natura. Eraclito parte dall’osservazione che tanto il pensiero umano quanto i fenomeni naturali si svolgono nel tempo, e pertanto sono entrambi sottoposti al cambiamento e al divenire.
Il logos stabilisce che nessuna cosa possa mai rimanere identica a se stessa, per esempio “nello stesso fiume non è possibile scendere due volte”, perché da una volta all’altra è cambiato il fiume e “siamo cambiati noi”. Ogni cosa muta in continuazione, nulla persiste identico, “tutto scorre” (panta rei). Anche il pensiero si trasforma in continuazione, essendo basato sull’esperienza sensoriale mediante la quale avvertiamo, sia in noi che intorno a noi, continue variazioni.
La vita come lotta e opposizione
D’altra parte, il logos stabilisce anche come debba avvenire il cambiamento. Esso deve svolgersi attraverso il conflitto (polemos) di elementi tra di loro opposti. Per Eraclito l’armonia del mondo non risiede nella conciliazione dei contrari, nel raggiungimento di una “morta quiete”, ma nel mantenimento del conflitto. La vita è lotta e opposizione. Eraclito ritiene che se venisse meno il conflitto, come sperato da Omero, verrebbe meno l’universo stesso, dal momento che il Polemos (la guerra, lo scontro) “è padre di tutte le cose e di tutte re”. Quindi mentre Omero nei suoi poemi auspicava la fine della discordia e Anassimandro indentificava la giustizia con il superamento dei contrasti e il ritorno nell’apeiron, per Eraclito la giustizia, la legge universale, il logos è da identificarsi con il conflitto stesso: “la giustizia è contesa e tutto accade secondo contesa e necessità”.
La dottrina dei contrari
Al di là dell’apparente disordine di un cosmo in cui gli opposti sono in perpetuo scontro, vi è un’interiore razionalità dovuta al fatto che un opposto non può esistere senza l’altro. Eraclito è talmente persuaso della logicità dell’universo da definire la legge dell’interdipendenza e inscindibilità degli opposti con il termine logos: ragione. Perciò, lo stesso conflitto non è da intendersi come contrapposizione assoluta, bensì come una relazione tra elementi apparentemente opposti, ma in realtà profondamente interconnessi, ovvero come l’unità degli opposti. La parte più originale del pensiero eracliteo – per la quale disponiamo anche dei frammenti più significativi – è la teoria dell’unità dei contrari. Eraclito ritiene un’illusione che un opposto possa esistere senza l’altro. La legge segreta del mondo è la stretta connessione dei contrari che, in quanto opposti, lottano fra loro, ma al contempo non possono stare l’uno senza l’altro, in quanto ognuno è in virtù dell’altro. Così, per esempio, la sazietà si definisce in opposizione alla fame, la salute in opposizione alla malattia, la giustizia in opposizione all’illecito ecc.
Questa interconnessione fa sì che ogni cosa:
1) finisca per trasformarsi nel suo opposto, per esempio il vivente nel morto, lo sveglio nel dormiente, il giovane nel vecchio, secondo il principio della convertibilità dei contrari;
2) presupponga il suo opposto, non posso conoscere l’una se non conosco l’altra, per esempio non posso comprendere la malattia senza avere il concetto di salute, comprendo il riposo solo in relazione alla fatica, secondo il principio della correlatività degli opposti;
3) presenti in sé il proprio contrario, per esempio, osserva acutamente Eraclito: “una è la stessa via all’in su e la via all’in giù”, oppure fa riferimento all’arco che nel nome significa vita (bios), ma dà la morte. Si inizia a incrinare l’identità tra essere, pensiero e linguaggio, sulla base della compresenza dei contrari;
4) è diversa a seconda dei punti di vista; per esempio la stessa acqua può essere impura per gli uomini e pura per i pesci, sulla base del principio di relatività.
Quindi elementi, apparentemente antitetici, si rivelano aspetti complementari di un unico flusso che è il divenire stesso. In questa prospettiva tutta la realtà risulta dominata da un conflitto incessante, ma allo stesso tempo pervasa da un ordine razionale: l’armonia tra i contrari che regola il fluire delle cose, concetto ripreso e sviluppato a partire dai pitagorici.
L’universo come Dio-tutto
Eraclito identifica dio con l’universo, inteso come unità di tutti i contrari, mutamento continuo e fuoco generatore. Il dio-tutto che comprende in sé ogni cosa è eterno. Perciò l’universo non è stato creato dagli dèi.
La teoria della conoscenza
Eraclito rivolge una critica radicale agli uomini che si fermano alle apparenze, non indagano a fondo le cose e restano esclusi dalla comprensione dell’autentica legge dell’Uno-tutto, ossia dal logos quale armonia dei contrari. Solo uscendo dal “dormiveglia” quotidiano si possono intendere le leggi oggettive del mondo che, una volta scoperte, si impongono a ogni mente pensante.
La fiducia nell’esperienza
D’altra parte, Eraclito contrappone alla scuola eleatica una concezione della conoscenza che ha fiducia nell’esperienza, tanto che anche la conoscenza razionale mantiene un imprescindibile fondamento empirico.