Recensioni di classe 36

Brevi e mordaci recensioni di classe a serie tv e film da vedere e da evitare


Recensioni di classe 36 Credits: https://leganerd.com/2022/01/04/snowpiercer-3-nuovo-trailer-per-il-serial-in-arrivo-a-fine-gennaio/

Snowpiercer 3x10, voto: 8+; la terza stagione riprende con episodi di alto livello che rimettono al centro il conflitto sociale e, in primo luogo, la resistenza contro l’oppressione classista del grande capitalista. La serie riesce così a garantire godimento estetico lasciando al contempo molto su cui riflettere agli spettatori, anche su problematiche sostanziali. L’aspetto meno convincente è l’eliminazione da parte del grande capitalista delle differenze sociali, in quanto impone un regime totalitario di tipo dispotico in cui tutti divengono suoi subalterni.

Il terzo e il quarto episodio approfondiscono le dinamiche del conflitto sociale con un'analisi accurata, problematica e dialettica dei diversi tipi sociali. Resta la difficoltà di un po’ tutta l’arte contemporanea di rappresentare dinamiche collettive e di classe attraverso dei personaggi individuali, che finiscono per svolgere una funzione troppo preminente, irrealistica e poco verosimile.

Nel quinto e sesto episodio emergono le contraddizioni in seno al popolo nel conflitto fra il principale dirigente rivoluzionario e il tipico esponente dell’individualismo anarcoide. In questa occasione emerge l’intrinseca debolezza del ceto sociale che dovrebbe costituire la base di massa delle forze rivoluzionarie dove sembra prevalere, almeno al livello di coscienza sociale, il sottoproletariato. Del resto il processo rivoluzionario in atto non dà nessun valore e importanza alla formazione dell’uomo nuovo. In tal modo le sue basi restano decisamente fragili e ciò non può che favorire le forze della reazione.

Dopo sei episodi molto densi ed estremamente coinvolgenti, tutti incentrati sul conflitto sociale. il settimo episodio vira sull’onirico e finisce con l’annoiare. Nell’ottavo episodio la serie torna a essere estremamente coinvolgente e anche commovente, anche se le dinamiche del conflitto sociale finiscono per lo più sullo sfondo.

Anche gli ultimi due episodi confermano l’ottimo livello di questa terza stagione della serie. Il conflitto sociale, come è giusto che sia, torna a essere centrale e determinante. Altrettanto importante è la centralità che assume, anche qui in modo decisamente realistico, lo spirito dell’utopia e il principio-speranza in un mondo radicalmente migliore. Molto interessante anche lo scontro fra due blocchi sociali in una situazione di dualismo di potere e la centralità che assume la lotta per l’egemonia sui decisivi ceti intermedi, cui fanno riferimento, per lo più, tanto gli apparati repressivi quanto gli intellettuali e i tecnici. Molto interessanti anche le riflessioni sulla grandezza e i limiti della democrazia, sugli alti fini che giustificano i mezzi indispensabili al loro raggiungimento e sulla necessaria dialettica fra capacità politica di egemonia e di costruire alleanze fra classi differenti e preparazione militare necessaria a impedire la violenza degli apparati repressivi del potere. Peccato che l’essenziale catarsi finale - pur non rendendo l’ultimo episodio unicamente funzionale ad allungare il brodo in vista di possibili nuove stagioni – non vada al di là di una lenta riconquista delle condizioni precedenti di vita.

Il capo perfetto di Fernando Leon De Aranoa, con Javier Bardem, commedia, Spagna 2021, mattatore ai premi Goya, candidato in praticamente tutte le categorie, ha vinto il premio di miglior film, regista, sceneggiatura, montaggio, miglior attore, etc., voto: 7,5. Ottimo film di denuncia del paternalismo viscido e infame dei padroni dal presunto volto umano. Il film svela in modo molto efficace e realistico la vera natura necessaria del padronato. Peccato che in questa tragicommedia manchi la necessaria catarsi.

Illusioni perdute di Xavier Giannoli, drammatico, Francia 2021, miglior film francese e film in generale con più riconoscimenti ai premi Cesar 2022, voto: 7+; film interessante e significativo in primo luogo per aver avuto il coraggio e la capacità di prendere come soggetto uno dei grandi capolavori del romanzo realista di Balzac. Certo, per quanto il film riesca nell’ardua impresa di non sfigurare rispetto al proprio soggetto, il romanzo resta decisamente più interessante, profondo, realista, significativo e attuale. Il film è molto utile se spinge a leggere o rileggere questo e gli altri capolavori di Balzac, mentre diventa decisamente dannoso se fa credere che non sia necessario risalire all’originale dopo aver visto la sua pur dignitosa versione cinematografica.

Apollo dieci e mezzo - A Space Age Childhood di Richard Linklater, animazione, Usa 2022, distribuito su Netflix, voto 6,5; film decisamente piacevole e ben realizzato formalmente, animato da una vivace ironia, contribuisce a smontare alcuni aspetti del sogno americano. Peccato che finisca solo con lo sfiorare delle tematiche sostanziali, finendo con il contribuire al riflusso nel privato e alla narrazione piuttosto romantica di esperienze soggettive vissute dal regista.

Lunana – Il villaggio alla fine del mondo di Pawo Choyning Dorji, drammatico, Bhutan 2019, voto: 6,5; film interessante, coinvolgente e anche commovente, fa riflettere su problematiche significative quale il ruolo dell’insegnante. Purtroppo non affronta le questioni fondamentali economiche, sociali e politiche e offre un’immagine edulcorata, irrealistica e inverosimile della vita nei più sperduti villaggi di montagna.

La tana di Beatrice Baldacci, drammatico, Italia 2021, voto: 6+; film che nonostante sia realizzato con pochissimi mezzi, risulta intrigante e godibile. Ben girato, senza cadute nel grottesco e nel postmoderno, il film resta purtroppo confinato, pur affrontando tematiche sostanziali, nell’eticità immediata della famiglia, rimanendo del tutto incapace di sviluppare la dimensione sociale e politica della vicenda. Infine, fornisce una visione idilliaca e del tutto irrealistica della grettezza del mondo del piccolo contadino.

American Crime Story, serie televisiva giunta alla terza stagione, ognuna indipendente dalle altre, è intitolata Impeachment e composta da dieci episodi. In Italia la stagione è andata in onda in prima visione sul canale satellitare Fox, voto: 5. Interessante serie che denuncia il livello infimo dal punto di vista culturale della popolazione statunitense, l’attitudine da predatore sessuale del presidente Clinton e come la destra repubblicana abbia strumentalizzato il caso per portare acqua al mulino della propria politica reazionaria. Ancora una volta dobbiamo purtroppo constatare come il nostro Paese e, più in generale, il continente europeo, siano indietro rispetto agli Stati Uniti d’America per quanto riguarda una rappresentazione critica della realtà da parte degli audiovisivi. In Italia sarebbe letteralmente impensabile una serie del genere. La serie sviluppa una significativa indagine psicologica e sociologica da cui emergono i grandi limiti, l’ipocrisia e il moralismo della società statunitense. Più la serie va avanti e più perde di mordente, in quanto ben dieci episodi incentrati esclusivamente su questa vicenda sono davvero troppi, anche perché non si allarga l’analisi critica sulle colpe di fondo dei Clinton e dei loro accusatori repubblicani, o sul personaggio di estrema destra che strumentalizza Monica Lewinsky. Inoltre la serie è troppo incentrata su quest’ultima figura e sull’interpretazione adialettica e apologetica che se ne dà. Gli ultimi episodi sono del tutto superflui, utili solo per allungare in modo tafazziano il brodo. La serie finisce così con il divenire sempre più noiosa, in quanto i dieci episodi dovevano essere ridotti a un massimo di quattro. Peraltro diviene sempre più chiaro che la pretesa dei repubblicani di fare la storia con l’impeachment a Clinton era solo una distopia. Interessante come la sorte dei principali protagonisti di questa tragicommedia hanno dei destini del tutto conformi alla posizione che occupano nella piramide sociale. I più deboli, anche se principalmente vittime, finiscono rovinati, i più ricchi e potenti anche se decisamente più colpevoli fanno carriera. Emerge infine tutto l’assurdo puritanesimo degli statunitensi, che fa il gioco, con la sua ipocrisia, dell’imperialismo americano e dei falchi repubblicani, in quanto lo scandalo sessuale svia dalle gravissime colpe reali della presidenza Clinton e rafforza l’opposizione di destra che anche sulla questione femminile ha posizioni decisamente più reazionarie dei democratici.

Annette di Leos Carax, con Adam Driver e Marion Cotillard, musical drammatico, Francia e Usa 2021, miglior regia a Leos Carax al festival di Cannes 2021, ai premi Cesar 2022 e ai Lumiere Awards 2022, in questi ultimi due concorsi si è aggiudicato diversi altri premi e candidature, voto: 5. Film senza dubbio sopravvalutato per la completa affermazione attraverso la guerra fredda dell’ideologia conservatrice e reazionaria formalista da tempo dominante anche nella pseudo sinistra europea. Il film è infatti un puro esercizio di stile, con alcune trovate interessanti e curiose, ma è decisamente postmoderno e irrazionalista nel contenuto.

Il giovane Wallander 2x6, voto: 4,5; consueta serie poliziesca di “sinistra”, che dimostra bene cosa sia l’imperialismo di “sinistra” o democratico. Così si decide con convinzione di lavorare con dedizione negli apparati repressivi dello Stato imperialista, con l’illusione autoconsolatoria che possa essere lo strumento giusto per far prevalere la giustizia sull’ingiustizia. In tal modo si mistifica la natura di classe dello Stato, quale strumento di dominio e di dittatura della classe dominante sulle classi subalterne. Tutto il resto è sostanzialmente noia, dal momento che purtroppo siamo da tempo abituati a queste assurde pretese di rappresentare un impossibile imperialismo dal volto umano.

Nel secondo e terzo episodio la serie degenera sempre di più. Oltre alla noia abbiamo le tipiche chicche dei sinistri pentiti, con il giovane poliziotto che sceglie questa strada in reazione al padre rivoluzionario, presentato come un nichilista. L’amico immigrato che è fiero di lavorare in polizia per difendere la grande civiltà che lo ha accolto e difendere la propria famiglia, mentre il padre è morto combattendo. Abbiamo infine la solita logica fascistoide per cui l’“eroe” sarebbe l’agente che non rispetta alcun regolamento, contro i dirigenti che cercando di limitare i danni creati da questo genere di poliziotti, farebbero “politica”, il che sarebbe un imperdonabile errore.

La seconda stagione prende finalmente quota a partire dal quarto e quinto episodio in cui cominciano a comparire aspetti sociali dell’indagine in corso con significativi colpi di scena. La realtà si mostra essere ben diversa dalle apparenze. La povera vittima innocente dimostra di essere tutt’altro che innocente. Il disadattato condannato per il delitto, sulla base dei pregiudizi della polizia e della fretta di sbattere il mostro in prima pagina, dimostra di essere diverso dall’animale con cui le frettolose indagini lo avevano bollato. Alla base del terribile delitto sembra esserci la regia di un membro delle classi dominanti, con forti coperture negli alti piani dell’apparato repressivo dello Stato.

La chiusura non riserva sorprese. Piuttosto penosa la scena del giovane eroe caucasico che “salva” il collega ex profugo, anche perché il motivo principale del suo stare male consisteva nel fatto che il giovane Wallander lo aveva abbandonato nel momento di necessità, per portare avanti un’azione sconsiderata per porsi ancora una volta al di là della legge in senso sostanzialmente nietzschiano.

Un eroe – A Hero, di Asghar Farhadi, drammatico, Iran 2021, distribuito da Amazon, voto: 4; film fatto alla maniera di Ladri di biciclette, perde tutti gli aspetti genuini del neorealismo italiano divenendo patetico, eccessivamente lungo e di fondo “finto”. Del tutto immeritato il premio speciale della giuria al festival di Cannes.

The Boys Presents: Diabolical 1x8, voto: 3; serie di animazione tutta incentrata su un cinismo da cretini che porta, sin da subito, alle più estreme conseguenze. La serie si rivela ben presto del tutto insostenibile.

The Great seconda serie in dieci episodi, voto: 1. Al contrario della prima serie, la seconda è assolutamente insostenibile e inguardabile. Perde qualsiasi riferimento agli eventi storici, qualsiasi realismo e verosimiglianza. Perde l’aspetto tragico e drammatico, divenendo una commedia dozzinale, che non fa ridere e alquanto scurrile. Al fondo vi è l’ormai consueta russofobia, che porta a rappresentare tutti i russi, compresi i bambini innocenti, come dei folli, incivili, sadici e sanguinari.

27/05/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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