La terra promessa (Bastarden) di Nikolaj Arce, biografico, Danimarca 2023, miglior attore europeo a Mads Mikkelsen, miglior direttore della fotografia europeo e miglior costumista agli European Film Awards, nella short list per gli Oscar come miglior film straniero, voto 9. Ottimo film storico, rigoroso, ben interpretato, emozionante, bello e con un contenuto davvero significativo. Tocca in modo valido e realistico delle questioni sostanziali come il classismo, lo sfruttamento, il razzismo.
Daily Alaskan (Alaska Daily) è una serie televisiva statunitense creata da Tom McCarthy, disponibile su Disney+; voto: 9. La serie, che ha come protagonista Hilary Swank, affronta una questione sostanziale come la strage di donne native non indagate dagli apparati repressivi dello Stato. Gli altri aspetti che tocca risultano ambigui. La protagonista indaga su un generale statunitense che sta per essere nominato segretario di Stato, ma ha compiuto dei crimini contro l’umanità, però la sua fonte viene considerata inaffidabile. Il team di giornalisti indaga su un piccolo ristorante che sembra sia stato fatto chiudere da una grande multinazionale di hamburger, ma poi si viene a sapere che è stata la piccola proprietaria a creare, poco credibilmente il caso. Mentre i prodotti della multinazionale vengono presentati come gustosissimi. Infine i giornalisti indagano sul più potente capitalista del posto che ha utilizzato fondi pubblici per fini privati, per pagare la casa in cui nascondere l’amante omosessuale, salvo poi farlo sgomberare dalla polizia quando si viene a trovare in difficoltà finanziarie. Il facoltoso uomo avvisa la giornalista che il suo scoop avrebbe rovinato la vita della sua famiglia, la reporter è convinta dalla collega ad andare avanti, ma l’incriminato si suicida. Peccato, perché la serie sembrava in grado di toccare argomenti sostanziali garantendo un certo godimento estetico agli spettatori.
La terza e quarta puntata segnano un salto di qualità anche perché chiariscono gli aspetti ambigui precedenti. Si vuole dare una precisa deontologia professionale del giornalista che deve mirare a far conoscere la realtà, mantenendo sempre il beneficio del dubbio e una disposizione garantista. Si denunciano a ragione le malefatte degli apparati repressivi dello Stato e il greenwashing dei democratici. Si denuncia anche l’ecoterrorismo. Anche in questo caso sorgono però dei dubbi, visto che si denunciano a ragione alcuni rischi dell’ecologismo, senza però mostrare l’importanza che ha la lotta per la difesa dell’ambiente.
Nel quinto e sesto episodio la serie diviene sempre più interessante e avvincente. Non solo tocca moltissimi temi sostanziali in modo intelligente, ma è molto realistica e dialettica nella rappresentazione dei personaggi e mira sempre ad andare alla radice delle problematiche che affronta, superando i pregiudizi e le apparenze. Nella serie resta ferma la denuncia del sistema nel suo complesso, della classe dirigente e dominante, alle quali si contrappone una alternativa possibile attraverso, in primo luogo, una redazione giornalistica che, nonostante tutte le difficoltà, fa onestamente il suo mestiere e, in secondo luogo, attraverso le comunità dei nativi, che svolgono un’importante funzione sociale. Molto significativa la disparità di trattamento dinanzi alla morte dei media e delle istituzioni, per cui la morte in diretta di una caucasica crea un dispiegamento sconsiderato di mezzi e risorse, anche quando non ci sono speranze di salvare una vita, mentre quando scompare l’ennesima nativa non si fa assolutamente nulla.
Nel sesto e settimo episodio la serie diviene ancora più complessa, dialettica e avvincente. Particolarmente significativa è l’analisi del tipico terrorista bianco proletario di estrema destra. Per quanto le sue azioni siano criminali, egli è anche una vittima degli intellettuali di destra che lo fomentano e del sistema che ha prodotto il suo immeritato licenziamento. Inoltre, dal momento che le imprese utilizzano la questione ambientale per giustificare i licenziamenti, diversi estremisti di destra ignoranti che hanno perduto il lavoro danno credito alle concezioni negazioniste. Altrettanto significativa è la denuncia dei terribili danni che provoca la libertà di religione negli Stati uniti, con sette di criminali e sadici che commettono i peggiori abusi sugli ignari fedeli.
Nell’ottavo e nono episodio la serie diviene ancora più notevole, nella critica del potere politico ed economico costituito, degli apparati repressivi dello Stato, dell’ideologia dominante, del razzismo e del machismo. In particolare, emerge come i grandi capitalisti fanno affari attraverso la corruzione del potere politico. La cultura patriarcale dominante protegge di fatto gli uomini che fanno violenze sulle donne. Infine, l’impunità diviene di fatto assoluta quando la violenza colpisce le donne native. Ci sono migliaia di casi e, nella sola capitale dell'Alaska, una nativa sparisce ogni settimana. Infine, emergono tutti i limiti del sistema giudiziario che o non indaga quando si tratta di crimini ai danni dei più deboli e anche quando è costretto a intervenire incolpa ingiustamente gli umiliati e offesi che, difesi da un avvocato d’ufficio, si trovano costretti a patteggiare delle pene detentive, sebbene innocenti. Anche perché nel momento in cui il sistema è costretto a intervenire, agisce sbattendo in prima pagina il mostro, cioè il diseredato.
Negli ultimi due episodi la serie diviene quasi perfetta, denunciando come la violenza verso le donne più deboli potrebbe essere facilmente contrastata, se solo ci fosse la volontà politica. Peraltro i servizi sociali essenziali di fatto non funzionano se non consentono la massimizzazione dei profitti privati, anche se quest’ultimissimo aspetto non è approfondito. Emerge invece come la ristrutturazione dell’informazione gestita dal capitale privato porti a licenziamenti e ad assumere direttori della destra radicale populista. Piuttosto discutibile è la conclusione con il capitalista buono che finanzia un giornale che non fa sconti al potere, in contrapposizione al capitalista cattivo. Dall’altra parte nella società capitalista i giornali sono tutti privati e quasi tutti controllati da capitalisti.
Questo mondo non mi renderà cattivo è una serie animata italiana del 2023 scritta e diretta da Zerocalcare per la piattaforma di streaming Netflix, voto: 9. La serie è divertente e lascia anche riflettere lo spettatore su tematiche sostanziali e tabù per la cultura italiana mainstream. Da questo punto di vista quello di Zerocalcare è un contributo indubbiamente prezioso. Resta il limite della sinistra radicale italiana di rischiare di scadere nel minoritarismo.
Come spesso avviene il secondo episodio è di livello decisamente inferiore al primo. Gli aspetti più significativi passano in secondo piano ed emergono gli elementi più discutibili, di un discorso che rischia di essere troppo criptico e autoreferenziale.
Con il terzo e quarto episodio la serie decolla anche perché viene messo al centro il tema centrale, cioè come la destra populista e demagogica speculi sui disagi dei quartieri proletari per fomentare la guerra fra poveri. Davvero illuminante la rappresentazione delle tre forze principali politiche parlamentari italiane, la destra, la pseudosinistra e i qualunquisti 5 Stelle. Molto significative anche le riflessioni autocritiche del protagonista.
La quinta e sesta puntata si mantengono a un livello molto elevato e dimostrano lo stile militante di Zerocalcare, più unico che raro. La serie riesce così a essere al contempo molto istruttiva, divertente e godibile esteticamente.
Tutta la bellezza e il dolore di Laura Poitras, con Nan Goldin, documentario, Usa 2022, leone d’oro a Venezia, diverse nomination a miglior documentario, fra le quali quella ai premi Oscar, voto: 9-. Cosa più unica che rara un gran bel film vince il leone d’oro alla mostra di Venezia. Il film riesce a essere ottimo sia dal punto di vista del contenuto che della forma. Per il suo contenuto rivoluzionario ha avuto una pessima distribuzione, a partire dall’Italia. Il film è appassionante e lascia davvero molto su cui riflettere allo spettatore. Mostra come nonostante tutto il sistema – dalle leggi, alle istituzioni ai tribunali – difendano a spada tratta anche gli aspetti più palesemente criminali del capitalismo, la determinazione alla lotta paga sempre. Unico limite del film è il considerare acriticamente gli aspetti irrazionali della sinistra dell’imperialismo e il non comprendere gli aspetti criminali della prostituzione e ancora più dei bordelli.
C’era una volta in Italia – Giacarta sta arrivando di Federico Greco, Mirko Melchiorre, documentario 2022, con Vittorio Agnoletto, Ivan Cavicchi, Ken Loach e Roger Waters, voto: 8,5. Ottimo ed efficacissimo film di denuncia delle politiche neoliberiste di privatizzazione della sanità e degli spaventosi disastri che hanno provocato. Le interviste e gli intervistati sono molto efficaci, come i materiali di montaggio e la lotta concreta che ha portato all’occupazione di un ospedale fatto chiudere dalle politiche neoliberiste dell’Unione Europea. Il film è stato censurato in ogni modo, per impedirne la distribuzione e la visione. Contiene delle accuse molto significative alle responsabilità dell’Unione Europea e del centrosinistra. Unici limiti del documentario sono una caduta piuttosto pesante nella posizione complottista e antiscientifica contraria alle vaccinazioni oltre a delle piccole sbavature sovraniste. Per il resto il documentario è molto coinvolgente e lascia davvero tanto su cui riflettere agli spettatori. Del resto è uno dei rarissimi film che pone al centro il reale motore della storia delle società classiste, cioè il conflitto sociale.
Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese, con Leonardo DiCaprio, Robert De Niro, drammatico, Usa 2023, durata 206 minuti, voto: 8,5. Film bello, ben girato, ottimamente recitato, avvincente, di denuncia, in grado di toccare questioni sostanziali in modo realista. Scorsese meriterebbe l’oscar insieme agli interpreti del film. Peccato che, come di consueto, manca del tutto nel cinema statunitensi una reale prospettiva di superamento. Anche perché, al di là della tragica storia di questo paese, si finisce per individuare come soluzione l’inchiesta del Fbi che porta all’arresto di alcuni criminali, diretta da un criminale ben più pericoloso e spaventoso come J. Edgar Hoover.
Anche io di Maria Schrader, drammatico, Usa 2022, voto: 8+; film molto bello, intenso, centrato su una questione di sostanziale importanza: lo sfruttamento sessuale essenzialmente delle donne nei luoghi di lavoro da parte, nella stragrande maggioranza dei casi, di padroni maschi. Finalmente si pone al centro del film un aspetto essenziale del conflitto sociale e si dimostra anche come sia possibile vincere, almeno una battaglia importante come questa, che porta alla condanna di un predatore sessuale e permette di far emergere il problema. Nel film ci sono diversi spunti per ampliare e rendere emblematica la vicenda trattata. Emerge, innanzitutto, che tutto il sistema è, o quanto meno era, organizzato per coprire, a tutti i livelli, anche legali, le violenze sessuali, soprattutto dei padroni maschi verso le loro dipendenti, quasi sempre donne. Si denuncia anche che tale sistema di sfruttamento anche sessuale è, di fatto, sistematicamente presente in moltissimi luoghi di lavoro. Inoltre, emerge che sui set del cinema, campo su cui si è deciso di indagare, si tratta di una prassi sistematica. A questo punto, però, il film non ci svela una serie di interrogativi che qualsiasi persona razionale e schierata per l’emancipazione del genere umano non può non domandarsi. Perché questo scandalo che potenzialmente doveva travolgere un intero sistema si è fermato con la sacrosanta condanna di un produttore ebreo di film progressisti? Perché al contrario Trump la ha fatta franca? Ma soprattutto, visto che si trattava di un problema sistematico sui set e, più in generale, nei luoghi di lavoro come mai non si è andati avanti nell’indagine e della denuncia. Inoltre, tutto il sistema costruito per coprire questi casi come mai non è stato più precisamente denunciato e, soprattutto, smantellato? Perché anche questo ottimo film di denuncia non è stato per niente pubblicizzato persino dall’unico quotidiano sedicente comunista italiano? Perché è uscito in pochissime e scomodissime sale? Perché sin dal titolo, dal momento che si anglicizza tutto, non si è scelto, per attirare l’attenzione sull’importanza del tema trattato, il titolo Me too, piuttosto che il del tutto anonimo Anche io. L’impressione che si ha, anche leggendo gli esiti dell’indagine alla fine del film, è che si è fatto di tutto per far apparire il predatore sessuale, ebreo produttore di film progressisti, come la mela marcia, eliminata la quale il sistema sarebbe stato in grado di autosanarsi. Tanto più che, non solo non si individuano altri responsabili, ma il silenzio mafioso che nasconde questa forma estrema di sfruttamento nei luoghi di lavoro viene, ancora una volta, riaffermato.
Till – Il coraggio di una madre di Chinonye Chukwu, drammatico, Usa 2022. Il film ha ottenuto una candidatura a BAFTA, è stato premiato a National Board, ha ricevuto due candidature a Critics Choice Award, una candidatura a SAG Awards, voto: 8+. Denuncia di grandissimo rilievo di quale era la condizione degli afroamericani negli Stati Uniti alla metà degli anni cinquanta, in cui era diffusa e impunita negli Stati del Sud la barbara pratica del linciaggio. A farne le spese erano tanto membri della chiesa che si battevano per consentire agli afroamericani di godere realmente dei diritti politici, quanto dei bambini colpevoli unicamente di aver, nel caso specifico, fatto un complimento a una donna caucasica. Molto interessanti in quanto questi eventi avvengono sostanzialmente nello stesso momento in cui le truppe del Patto di Varsavia intervengono in Ungheria, su invito del capo dello Stato, per impedire che le forze al governo rendessero il paese neutrale in piena guerra fredda. Mentre la condanna di questa azione repressiva è universalmente sostenuta nel mondo occidentale, si tende a dimenticare che la potenza a capo dell’occidente, che ha scatenato la guerra fredda, non puniva gli assassini degli afroamericani, persino quando rapivano, torturavano e uccidevano persino un bambino colpevole esclusivamente di non aver un’attitudine completamente assoggettata ai caucasici.
Rustin di George C. Wolfe, biografico, drammatico, storico, Usa 2023, disponibile su Netflix. Il film ha ottenuto 1 candidatura a miglior attore a Colman Domingo a Premi Oscar, 2 candidature a Golden Globes, 1 candidatura a BAFTA, 2 candidature a Critics Choice Award, 1 candidatura a SAG Awards, voto: 8+. I film storici su delle lotte per l’emancipazione del genere umano sono sempre i più significativi in una prospettiva marxista. Il film ricostruisce bene alcuni momenti fondamentali della lotta contro l’aparthied negli Usa e accenna anche alla lotta contro l’oppressione degli omosessuali. Il film è realistico, con personaggi tipici, unico neo è che non si mostrano le contraddizioni e i limiti del movimento non violento.
Cile - Il mio paese immaginario di Patricio Guzmán, documentario, Cile 2022, voto 8+. Film molto interessante ed emozionante, è in grado di assicurare godimento estetico, lasciando allo spettatore da riflettere su contenuti sostanziali. Al centro del documentario vi è la fondamentale questione del rapporto fra spontaneismo e direzione consapevole, affrontata concretamente nelle grandiose mobilitazioni popolari che hanno scosso il Cile fra il 2019 e il 2021. Naturalmente il regista, da piccolo borghese di sinistra, esalta lo spontaneismo e la mancanza di direzione consapevole come se fosse qualcosa di nuovo, di moderno. Al contrario, si tratta di qualcosa di estremamente arcaico che ci riporta alle grandi ribellioni contadine del medioevo, le quali, proprio perché prive di direzione consapevole, sono state tutte represse e hanno portato solo indirettamente a un progresso. Allo stesso modo, nella storia più recente del Cile, con il venir meno dello spontaneismo rivoltoso popolare, le forze della reazione rischiano di imporsi nuovamente.
Viaggio a Tokyo di Yasujirô Ozu, drammatico, Giappone 1953, disponibile su Nexo, voto: 8+. Grande classico di Ozu, uno dei film essenziali della storia del cinema, riproposto in versione restaurata meritoriamente nelle sale. Il film merita certamente di essere rivisto più volte e non perde mai valore, in quanto ogni volta si colgono nuovi aspetti. Il limite del film consiste nel non prendere in considerazione il conflitto sociale.
The Dropout miniserie drammatica televisiva statunitense del 2022, creata da Elizabeth Meriwether, ha ottenuto 2 candidature fra cui miglior miniserie e film per la tv e vinto un premio ai Golden Globes, ha vinto 2 Critics Choice Award fra cui miglior miniserie, 1 candidatura a SAG Awards, 1 candidatura a Writers Guild Awards, ha vinto un premio ai Producers Guild per il miglior produttore in una miniserie, disponibile nella piattaforma streaming Disney+, come “Star Original”, voto: 8+. Tratta, per quanto incredibilmente, da una storia vera, la miniserie smaschera il sogno americano di divenire miliardari partendo dal basso. La protagonista della scalata sociale è assolutamente priva di scrupoli, di morale e arrivista. L’unica cosa che conta per lei è fare profitti nel minor tempo possibile. Al solito manca un personaggio positivo, da contrapporre alla protagonista e manca l’effetto di straniamento per cui, per quanto controvoglia, lo spettatore tende, almeno in parte, a parteggiare con la criminale al centro della vicenda.
La serie si conferma avvincente e in grado di toccare questioni sostanziali come il funzionamento attuale sempre più marcio del modo di produzione capitalistico nella sua fase di putrefazione. Da un lato vediamo come si inasprisca in modi sempre più totalitari la schiavitù dei lavoratori salariati, dall’altro vediamo come il meccanismo della concorrenza porti, necessariamente, chi vuole avere successo – in un sistema come quello imperialista in putrefazione – a utilizzare i mezzi più sporchi e truffaldini. L’aspetto che si rischia di perdere nella serie è che il caso trattato potrebbe essere considerato l’eccezione mentre, in realtà, per chi conosce in modo un minimo critico, anche per averci lavorato, il mondo delle imprese private si tratta, piuttosto, della regola.
Finalmente, andando avanti nella serie, appaiono dei personaggi positivi che, pur con tutte le loro contraddizioni, rappresentano una sana antitesi alla hybris del potere e della ricchezza rappresentata dalla protagonista. Quest’ultima è una figura molto interessante – ben interpretata e dialetticamente rappresentata – in quanto incarna in pieno tutte le mistificazioni del sogno americano. Si tratta piuttosto dell’incubo del profitto a ogni costo, che porta l’individuo che lo vive a eliminare ogni sentimento, compassione, grandi ambizioni, interessi, hobby e, persino, a rinunciare a godersi la vita in quanto tutto deve essere sacrificato alla ricerca del profitto immediato e privato. La protagonista mostra nel modo migliore come le destre sfruttino, nel senso della rivoluzione passiva, le lotte per l’emancipazione, in questo caso degli emarginati e delle donne. Le destre offrono una emancipazione illusoria, in cui gli esclusi per venire accettati devono schierarsi dalla parte e al servizio di chi si batte per la disemancipazione del genere umano. Saggiamente la serie offre un personaggio femminile e di emarginata opposta alla protagonista, che riesce ad affermarsi proprio mantenendo il valore fondamentale di contribuire alla reale lotta per l’emancipazione del genere umano, che non può che venire dal basso e non mediante la cooptazione all’interno della classe dirigente e dominante. Molto ben rappresentata la figura del politico statunitense, considerato protagonista della vittoria nella guerra fredda, che oltre a essere un completo idiota privo di ogni morale, sostiene la diabolica arrivista contro il proprio stesso nipote, per ripulirsi l’immonda coscienza. Un altro aspetto significativo è che l’impresa truffaldina della protagonista sia stata acriticamente sostenuta e occultata da importanti uomini del mondo economico e politico statunitense come Bill Clinton e Kissinger. Interessante anche la figura del nipote del boss della destra repubblicana, che mostra come l’uomo sia sempre libero e, quindi, responsabile delle proprie scelte. Infine, incredibile che tale vicenda e questa significativa serie non sia mai stata presa in considerazione dall’unico giornale di “sinistra” in Italia, i cui critici cinematografici, esemplari della rovinosa deriva a destra dell’intellighenzia di sinistra del paese, passano il tempo a esaltare gli aspetti più reazionari dell’industria culturale imperialista, non dando, paradossalmente, nessuno spazio agli intellettuali statunitensi che, al contrario degli italiani e degli europei, sono in grado di assumere un’attitudine critica verso il sistema.
Nella serie emerge come alcuni dei massimi uomini politici statunitensi, sia repubblicani che democratici, fra i quali Biden e Obama, oltre ad alcuni dei più grandi imprenditori, a partire da Murdoch, che controlla buona parte dei mezzi di comunicazione di massa, abbiano investito, sostenuto e coperto l’enorme truffa denunciata dalla serie. Peccato che presumibilmente, per motivi cronologici, non appaia che molti esponenti di punta dell’amministrazione Trump erano parte integrante, sebbene in modo indiretto, di questa spaventosa e criminale truffa, che colpiva i più deboli, i malati. Anche perché diversi esponenti del governo Trump venivano proprio dal mondo delle grandi imprese che avevano investito in questa spaventosa truffa che, peraltro, era stata più o meno inconsapevolmente coperta anche da alti esponenti dell’apparato militare.
Nella serie si presenta la protagonista come una tipica espressione del sogno americano, una persona che si è fatta da sé grazie alla sua determinazione e alla sua forza di volontà, una outsider, mentre in realtà era figlia e nipote di “grandi” imprenditori e di persone legate al potere politico. Non si tratta di un particolare secondario, in quanto la protagonista e i suoi sostenitori erano in parte giustificati dalla serie in quanto venivano presentati come degli outsider. Mentre emerge molto chiaramente come la truffatrice protagonista della serie e diversi suoi sostenitori utilizzassero, nel modo più spregiudicato, il tema dell’emancipazione della donna, bollando tutti i critici come misogini. Infine, emerge con chiarezza come tali personaggi negativi, nonostante il loro temporaneo successo, non solo non facciano nulla per favorire, pur essendo donne e talvolta le prime donne, l’emancipazione femminile, ma siano del tutto deleterie anche da questo punto di vista. Del resto il fatto che la prima donna che dirige in età molto giovane una grande azienda viene denunciata e condannata come truffatrice – al punto che si vede costretta a ritirarsi dal mondo degli affari e, per rimanere a galla, a sposare un grande ereditiere – non può che favorire le forze che si battono per la disemancipazione della donna.
Prigione 77 di Alberto Rodríguez, thriller, Spagna 2022, 14 nomination ai premi Goya 2023, fra cui miglior film e migliore regia, voto 8. Film realistico di denuncia, appassionante sulla tragica situazione classista nelle carceri, sulle violenze degli apparati repressivi dello Stato e sulla lotta di massa dei detenuti contro tale sistema, fra le fine del regime fascista di Franco e l’avvento della liberaldemocrazia. Peccato che alla fine, non trovandosi una soluzione collettiva, si ripieghi su soluzioni individualiste. D’altra parte, si tratta di una conclusione realista che lascia intendere che anche la soluzione individualista è in realtà prodotta dalla lotta collettiva. Ciò non toglie che il finale resta un po’ deludente.
Perry Mason è una serie televisiva statunitense del 2020 creata da Ron Fitzgerald e Rolin Jones, distribuita da su Sky Atlantic, voto: 8. La seconda stagione della serie parte in sordina. Non si introduce nulla di sostanziale da giustificare la prosecuzione della prima stagione, pensata inizialmente come una miniserie.
Il secondo episodio è decisamente superiore al precedente. Si introducono tematiche sostanziali, a partire dai danni che provoca la separazione delle carriere dei magistrati, che porta i pubblici ministeri a cercare di sbattere il prima possibile il mostro in prima pagina per fare carriera, sfruttando gli istinti più bassi del volgo. In tal modo, non solo personaggi che compiono violazioni minori della legge, ma anche coloro che aiutano i più deboli della comunità, con metodi illegali, vengono perseguitati. Gli immigrati – costretti a sopravvivere nelle baraccopoli dopo essere stati sgomberati dalle proprie abitazioni, per far posto alla speculazione edilizia – sebbene innocenti, rischiano di essere condannati in modo sbrigativo alla pena di morte, anche perché non hanno soldi per pagarsi un valido avvocato. Tanto più che indagando appena un po’ viene fuori che il ricco molto popolare che è stato ucciso era in realtà un criminale e truffatore, implicato in vicende criminali. Nel film sono anche presenti, sebbene non in primo piano, le discriminazioni cui sono soggetti gli afroamericani.
Il terzo e quarto episodio finiscono per rendere la vicenda troppo intricata e difficile da seguire. Restano degli aspetti, anche se più marginali, significativi, come la figura dell’antagonista ricco petroliere e in grado di controllare l’opinione pubblica per i suoi corrotti e criminali interessi privatistici.
Il quinto e sesto episodio divengano molto avvincenti e anche interessanti. Per quanto le più significative questioni sostanziali tendano a rimanere un po’ sullo sfondo, l’impostazione di fondo resta molto significativa. Particolarmente interessante la caratterizzazione del figlio del grande petroliere e criminale che, per le sue sconsiderate azioni estremiste di destra, mette in difficoltà i grandi affari loschi del padre. Significativa anche la denuncia del consigliere politico implicato nella corruzione con il grande capitale a spese delle classi sociali subalterne.
Gli ultimi due episodi sono interessanti, ben congeniati e lasciano emergere questioni sostanziali. Il crimine vero risiede ai piani più alti, nonostante le apparenze di raffinata cultura. Subito dopo viene il capitale finanziario di estrema destra. Entrambi sono in loschi e vietati affari con l’apparente nemico, sebbene il suo militarismo, imperialismo e ultranazionalismo ne fanno, di fatto, un alleato. Poi viene il potere arbitrario del fascismo, protetto dai poteri forti solo sino a che non diviene un peso ingombrante da scaricare. Poi abbiamo il sistema, cioè un democratico stato di polizia, con le autorità impegnate a punire solo i pesci piccolissimi, proteggendo di fatto i grandi. Abbiamo poi i politicanti che fanno affari con i pescecani, usando gli apparati repressivi dello Stato contro i poveri. La cattiveria di questi ultimi, che ha il fondamento nelle loro terribili condizioni di vita, resta l’ultimo tassello. Per questi ultimi c’è il carcere duro, da cui non si esce.
Painkiller di Peter Berg, Dan Skene, serie tv drammatica, Usa 2023, in sei episodi, disponibile su Netflix, voto: 8. Molto godibile, ben girata, decisamente interessante, avvincente e di denuncia, mostra adeguatamente tutti gli aspetti spaventosamente classisti degli Usa. Le puntate dalla terza alla quarta sono certamente valide, ma finiscono con l’essere troppo complesse e difficili da seguire. Le ultime due puntate si confermano di buon livello anche formale, con un montaggio significativo. Tuttavia emerge il limite principale, cioè impostare la lotta contro l’azienda responsabile di tale spaventosa strage come una lotta condotta da una generosa, ma necessariamente limitata burocrate, senza affrontare la questione dell’importanza di una mobilitazione collettiva.
L’odore della notte di Claudio Caligari, con Valerio Mastandrea, drammatico, Italia 1998, disponibile su RaiPlay e Prime, riproposto nelle sale in versione restaurata, voto 8-. Film bello, avvincente, emozionante, ben girato e interpretato lascia molto su cui riflettere allo spettatore. Mette in evidenza diverse problematiche sociali in modo realistico e con personaggi tipici. Peccato che manchi completamente un esempio positivo di reale emancipazione dalla borgata attraverso il lavoro e il conflitto sociale.
1923 serie televisiva statunitense drammatica e western del 2022 creata da Taylor Sheridan con Harrison Ford, in otto episodi, nomination miglior serie drammatica e miglior attrice in una serie televisiva drammatica a Helen Mirren a Golden Globes 2024, vincitrice in tale categoria a Critics Choice Super Awards 2023, disponibile su Paramount, voto: 8-. Formalmente la serie non convince del tutto in quanto appare a tratti troppo caricata e violenta, ma dal punto di vista del contenuto è più unica che rara, come denuncia della reale storia statunitense e dello sfondo storico dell’epopea della conquista del West. Si denuncia realisticamente il genocidio dei nativi e le scuole-lager cattoliche in cui venivano rinchiusi e dove subivano ogni sorta di soprusi gli amerindi stappati con la violenza alle famiglie. Si denuncia lo spaventoso razzismo che penalizza anche i caucasici che subiscono violenze indiscriminate perché hanno sposato donne di altre etnie. Emerge bene il ruolo criminale delle banche, molto più raffinato e pericoloso di chi le svaligia. Si mettono in luce, anche se con alcune ambiguità, gli aspetti contraddittori dei coloni lanciati alla conquista del West, in cui convivono lo spirito democratico che si oppone alle oligarchie, ma anche aspetti profondamente fascisti fondati sulla Herrenvolk democracy (democrazia per il popolo dei signori). Emerge il profondo classismo e il costitutivo conflitto di interessi alla base dell’apparato giuridico, oltre che il profondo fascismo degli apparati repressivi dello Stato.
Infiltrati alla casa bianca - White House Plumbers di David Mandel, serie tv biografica, drammatica, storica, Usa 2023, disponibile su Sky, nomination miglior attore miniserie o film tv a Woody Harrelson a Golden Globes 2024, nomination miglior attore secondario miniserie o film tv a Justin Theroux ai Critics Choice Award 2024, voto: 8-. Serie che descrive in modo realistico quanto reazionario poteva essere il partito Repubblicano già ai tempi di Nixon. La serie riesce a denunciare il profondo fascismo statunitense con una efficace satira sociale che riesce a essere divertente, lasciando al contempo parecchio su cui riflettere agli spettatori. Peccato che l’immedesimazione con i protagonisti e il tono da commedia brillante, a tratti, non permettano di assumere uno sguardo sufficientemente critico su dei personaggi storici davvero terrificanti.
Amira di Mohamed Diab, drammatico, Egitto, Giordania 2021, voto: 8-. Tragedia molto realistica e per diversi aspetti tipica, denuncia gli effetti mostruosi dell’occupazione della Palestina e come questa tragica condizione finisce per incattivire, in modo irrazionale, lo stesso popolo costretto a sopravvivere sotto il dominio straniero. Peccato che, per quanto realistica, nella grandiosa tragedia delineata nel film non ci sia una catarsi. Molto significative le riflessioni sui genitori biologici e su chi, di fatto, ne ha svolto le veci.