L'Università, la ricerca e il compito dei comunisti

Perché un collettivo universitario comunista? Per un’università pubblica di qualità che garantisca il diritto allo studio, un unico contratto di lavoro a tempo determinato per i precari, il finanziamento della ricerca pubblica, una pianificazione delle assunzioni nelle Università e negli Enti pubblici di ricerca, la democrazia negli Enti di Ricerca e nell'Università.


L'Università, la ricerca e il compito dei comunisti

Perché un collettivo universitario comunista? Per un’università pubblica di qualità che garantisca il diritto allo studio, un unico contratto di lavoro a tempo determinato per i precari, il finanziamento della ricerca pubblica, una pianificazione delle assunzioni nelle Università e negli Enti pubblici di ricerca, la democrazia negli Enti di Ricerca e nell'Università.

di Andrea Ilari *

PREMESSA
In questi mesi il governo Renzi ha compiuto un attacco, senza precedenti in questo paese, contro i diritti dei lavoratori. La CGIL, il più grande sindacato italiano, da anni aggrappata alla concertazione e ostaggio delle burocrazie sindacali vicine al PD, è stata praticamente costretta a dichiarare uno sciopero generale. 

L'attacco ai diritti dei lavoratori si realizza quasi sempre storicamente nei momenti di crisi del capitalismo e spesso le riforme del mondo del lavoro si accompagnano a riforme del mondo della scuola e della formazione e della ricerca scientifica. Così “La buona scuola” di Renzi vuole eliminare una volta per tutte dissenso e democrazia nella scuola pubblica, dando ai dirigenti scolastici, selezionati spesso con procedure a dir poco ambigue, potere di vita e di morte sugli insegnanti. 

Anche il mondo dell'università e della ricerca è sotto attacco da anni. Berlinguer prima, la Moratti poi ed infine la Gelmini hanno di fatto squalificato le università italiane e dato un duro colpo alla ricerca pubblica. Infatti, il capitale ha approfittato della mancanza di un partito di classe forte e organizzato per tagliare le materie di base nell'università, quelle che davano agli studenti italiani una notevole preparazione e gli strumenti per studiare le materie complementari, oltre a dar loro modo di sviluppare maggiore senso critico. La logica dell'apprendimento, dunque, è stata piegata a quella del mondo produttivo italiano con effetti devastanti per la formazione delle giovani leve e per lo sviluppo economico del paese. 

La riforma Gelmini ha eliminato la figura del ricercatore universitario a tempo indeterminato rendendo molto difficile il reclutamento dei giovani anche perché il turnover nelle università italiane è di media inferiore al 20 %. Negli EPR (Enti Pubblici di Ricerca) la situazione non è più rosea, il regime di blocco delle assunzioni che vige dal 2001 non consente una pianificazione delle stesse e ha creato generazioni di precari. 

La situazione dei giovani ricercatori è particolarmente drammatica: le leggi dello Stato (legge 30 in cima a tutte) e i regolamenti interni delle fondazioni che erogano fondi di ricerca (AIRC e Telethon ad esempio) fanno sì che i giovani ricercatori vengano assunti a tempo determinato con diverse formule: co.co.co, co.co.pro, assegni di ricerca, contratti di ricerca a tempo determinato, borse di studio. Queste ultime sono particolarmente devastanti perché consentono l'assunzione di personale qualificato per anni senza contributi né versamenti pensionistici. Molte di queste forme contrattuali prevedono il blocco della borsa in caso di malattia o gravidanza (non essendoci versamenti il lavoratore non ha di fatto sostentamento nel periodo della gravidanza e/o malattia). 

I finanziamenti alla ricerca pubblica erano basati fino al 2001 sui PRIN (Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale), che sono passati da 128 milioni di euro nel 2001 a 0 nel 2013. Parte dei soldi sono stati dirottati sui progetti SIR “Scientific Independence of young Reseachers” (49 milioni per tutti i campi dello scibile) e, considerando che a ogni ricercatore che sarà finanziato saranno dati 1 o 2 milioni di euro, è chiaro che il finanziamento riguarderà solo 20 ricercatori italiani, e gli altri? 

I ricercatori italiani con pochi mezzi e per niente aiutati dai loro Enti devono necessariamente tentare di farsi finanziare dalla Comunità europea. Ma anche i progetti europei sono spesso finalizzati alle logiche di mercato, tagliando di fatto finanziamenti alla ricerca di base, quella che ha consentito il progresso dell'umanità. Paesi come la Francia e la Germania, dove c'è un forte finanziamento da parte dello Stato della ricerca di base, sono paesi ancora competitivi, mentre l'Italia è ormai destinata ad essere il “fanalino di coda” della ricerca europea. 

A questa situazione disastrosa tentano di rispondere i sindacati presenti nel comparto Università e Ricerca, ma con un'ottica spesso corporativa e slegata dalla situazione generale del paese. Sempre con la stessa logica nascono qua e là coordinamenti di precari che vogliono giustamente la stabilizzazione. Chiaramente, però, non si può risolvere il problema dei precari se non si risolve più in generale quello dell'Università e della Ricerca. Di qui la necessità di creare un nucleo di ricercatori a tempo indeterminato e precari, docenti e studenti che si riconosca nell'ideale comunista. 

PERCHÉ UN COLLETTIVO UNIVERSITARIO COMUNISTA
La nostra idea è quella di creare un nucleo di persone che operino a diverso livello nell'Università e Ricerca per stimolare una riforma necessaria dell'insegnamento universitario e della ricerca pubblica, che vada in senso diametralmente opposto rispetto alle riforme varate dai governi degli ultimi trent'anni. La visione marxista della società fa chiaramente capire che non si può risolvere il problema dei precari se non si risolve quello del diritto allo studio o del finanziamento alla ricerca.
La nostra lotta si deve necessariamente articolare su diversi punti: 

  • 1. UNIVERSITÀ CHE GARANTISCA IL DIRITTO ALLO STUDIO
    Le tasse universitarie stanno aumentando di anno in anno. La maggior parte delle facoltà ha il numero chiuso. Il risultato è che l'università è sempre più di classe e tende ad escludere i giovani meno abbienti. Chiediamo, quindi, investimenti per garantire il diritto allo studio ai meritevoli, con borse di studio e alloggi per i fuorisede. 
  • 2. UNIVERSITÀ PUBBLICA DI QUALITÀ A partire dalla riforma Berlinguer del 3+2, l'insegnamento universitario è peggiorato. L'eliminazione di ore di insegnamento di matematica e fisica nella facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali nei primi tre anni ha di fatto impoverito la preparazione di generazioni di studenti. Oltre il danno c'è stata la beffa, perché alla semplificazione dei corsi non ha fatto seguito l'aumento dei laureati. Chiediamo il ritorno a un'università libera e di qualità in cui non ci sia obbligo di frequenza e in cui si insegni per preparare giovani intellettuali e non per produrre laureati ignoranti. 
  • 3. UN UNICO CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO PER I PRECARI
    I ricercatori precari sono assunti con diversi tipi di contratto. Chiediamo l'assunzione dei precari con un'unica forma contrattuale che garantisca loro i versamenti INPS e, quindi, la retribuzione in caso di malattia. La borsa di studio, usata per anni come contratto per ricercatori esperti, dovrebbe essere data a studenti non laureati o a dottorandi, ovvero a chi si deve effettivamente formare, e dovrebbe essere tassativamente vietata per chi ha già un dottorato di ricerca. 
  • 4. PIANIFICAZIONI DELLE ASSUNZIONI NELLE UNIVERSITÀ E NEGLI ENTI PUBBLICI DI RICERCA (EPR)
    Dobbiamo stimolare e unificare le lotte sindacali negli EPR e nelle Università per lo sblocco delle assunzioni a tempo indeterminato e la ripresa del normale turnover in tutte le università italiane. Solo così si potrà risolvere il problema di molti precari operanti negli EPR e nelle Università, oltre a dare un futuro certo all'università e alla ricerca in generale. 
  • 5. FINANZIAMENTO DELLA RICERCA PUBBLICA
    La ricerca scientifica e la conoscenza sono lo strumento per accrescere cultura e consapevolezza nei cittadini e pertanto costituiscono la base su cui costruire la società che vogliamo. La ricerca scientifica è inoltre un settore strategico per lo sviluppo tecnologico del paese. Occorre, quindi, da un lato stimolare gli investimenti pubblici da parte del governo e portare l'investimento ad almeno il 3 % del PIL, dall'altro ritornare a forme di finanziamento della ricerca che consentano il finanziamento del numero più alto possibile di ricercatori. Solo così si potrà garantire la crescita della scienza nel nostro paese, in termini qualitativi e quantitativi, e si potrà garantire la libertà di ricerca che è fondamentale per il progresso della società. 
  • 6. DEMOCRAZIA NEGLI ENTI DI RICERCA E NELL'UNIVERSITÀ
    La condicio sine qua non per rinnovare e rilanciare l'Università e la Ricerca in Italia è la battaglia per la democrazia. Lo spazio di discussione nelle università deve essere aumentato. Dobbiamo aumentare le occasioni di confronto tra docenti, studenti e personale universitario. Se all'Università, perlomeno, tutte le cariche sono elettive, compreso il Rettore, negli Enti pubblici di ricerca i ricercatori ed il personale sono esclusi dalle “camere dei bottoni”. Presidente e consiglio di amministrazione del CNR (il più grande ente di ricerca italiano) sono nominati dall'alto. Il nuovo statuto del CNR finalmente (che deve essere approvato) prevede l'elezione di un rappresentante dei ricercatori nel consiglio di amministrazione, ma esclude completamente il personale dai consigli scientifici che dovrebbero indirizzare la ricerca dell'intero ente con i piani strategici. 

Gli obiettivi che ci siamo prefissi non riguardano solo il diritto dei lavoratori, ma anche il diritto allo studio, la concezione della ricerca scientifica e i finanziamenti alla stessa ed è per questo che non possono essere raggiunti dai soli sindacati che sono spesso divisi tra loro e lavorano a “compartimenti stagni”.

Nonostante la contiguità tra Università la Sapienza di Roma e CNR, nonostante i precari passino spesso da contratti universitari a contratti CNR e viceversa, nonostante le problematiche della ricerca siano le stesse, gli attivisti dei diversi sindacati presenti in queste due istituzioni non si parlano né interagiscono. 

Il nostro compito dunque appare chiaro: dobbiamo unificare le lotte dei lavoratori e delle lavoratrici delle Università e della Ricerca per poter restituire al paese e, in particolare, alla nostra classe maggiormente vessata un futuro migliore. Un primo passo è stato fatto in questa direzione ed è rappresentato dall'esperienza dal laboratorio formazione dello Strike meeting che mette insieme lavoratori, precari e non, studenti e disoccupati e che proprio sabato 14 febbraio a villa Mirafiori a Roma ha cercato di far parlare insieme studenti e lavoratori dei problemi dell'Università e della Ricerca. 

*Comunisti Università e Ricerca 

20/02/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Andrea Ilari

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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