Il museo negato. Il caso della "collezione Torlonia"

A Roma, in via della Lungara, era ospitata la più importante collezione privata d'arte antica del mondo realizzata dal principe banchiere Alessandro Torlonia. Con l'espediente di una licenza per la riparazione di un tetto, le 77 sale del Museo furono trasformate in 91 appartamenti e le 620 opere furono malamente accatastate negli scantinati del palazzo come rifiuti.


Il museo negato. Il caso della "collezione Torlonia"

A Roma, in via della Lungara, era ospitata la più importante collezione privata d'arte antica del mondo realizzata dal principe banchiere Alessandro Torlonia. Con l'espediente di una licenza per la riparazione di un tetto, le 77 sale del Museo furono trasformate in 91 appartamenti e le 620 opere furono malamente accatastate negli scantinati del palazzo come rifiuti. 

di Beatrice Corsetti

Le collezioni d'arte in Italia sono legate indissolubilmente alla storia delle famiglie nobiliari. Dall'800 una delle più potenti protagoniste nella Roma papalina fu quella dei Torlonia.

I Torlonia erano duchi, principi, banchieri, imprenditori, e tutti usarono la banca come società di controllo delle molteplici attività finanziarie costruendo uno dei patrimoni più prestigiosi al mondo, tanto che Sthendal definì il principe banchiere Alessandro homme à argent. La famiglia Torlonia condusse campagne di scavo brutali in siti particolarmente interessanti come la tenuta della Caffarella, la zona tra le ville di Massenzio e dei Quintili sull'Appia, l'area di Tor Pignattara sulla Casilina e di Porto a Fiumicino, le campagne di Vulci e Cerveteri. Gli scavi miravano all'accumulo di opere d'arte come forma di investimento e fu con questa modalità che si costituì la più prestigiosa collezione di statue, che nel tempo si arricchì delle collezioni private svendute ai Torlonia dalle nobili famiglie romane in declino e insolventi con il Banco. Nel 1859 Alessandro, il principe banchiere, fondò il Museo in via della Lungara, nel rione Trastevere, in cui confluirono la splendida collezione Giustiniani, tutte le collezioni acquistate dalla famiglia, nonché i ritrovamenti delle campagne di scavo. Il carattere privato e l'inaccessibilità del museo, confermavano lo scopo speculativo della sua fondazione. La collezione Torlonia è la storia di un museo negato, le cui opere, che non è stato mai possibile ammirare, furono sottratte allo studio, alla classificazione, alla comparazione. Sottratte all'attività di studio, non trovano cenno nemmeno nei manuali si storia dell'arte. 

A nulla valsero i gridi di allarme di Massimo Pallottino sulla stampa nel 1946 sull'abuso del diritto di proprietà e sulla necessità di non sottrarre la collezione all'esame degli studiosi e al godimento del pubblico. Un anno dopo, nel 1947, Ranuccio Bianchi Bandinelli, direttore delle Antichità e delle Belle Arti, per visitare il Museo dovette travestirsi da netturbino e giocare d'astuzia con il custode. Tra i pezzi più rari vi erano opere della scultura greca del IV e V sec.a.c. come L'Hestia Giustiniana, l'atleta di Mirone, il Diadumeno di Policleto, l'Eirene di Cefisodoto, il ritratto ellenistico di Eutidemo di Battriana, affreschi staccati dalle necropoli di Vulci oltre una serie di busti di imperatori di inestimabile valore. Per quantità e livello artistico le opere rappresentano un buon terzo del patrimonio artistico posseduto dalla città di Roma per tradizione, fama e caratteristiche ambientali. Ciò valse alla collezione l'interesse dello Stato italiano tanto che divenne oggetto di notifica da parte del Ministero della Pubblica Istruzione, all'epoca retto da Guido Gonnella, nel 1948; un procedimento amministrativo che vincolava la collezione a criteri di conservazione vista la particolare rilevanza. La collezione, una volta divenuta oggetto di notifica, non solo non poteva essere smembrata ma era soggetta alla vigilanza del Ministero, che per ragioni di pubblica utilità avrebbe potuto disporne l'espropriazione in relazione alla conservazione o incremento del patrimonio tutelato, Un autentico attentato alla collezione fu compiuto negli anni 70 da Alessandro Torlonia, nipote dell'omonimo fondatore del Museo, con il sostegno di società fantasma di Zurigo. Con l'espediente di una licenza per la riparazione di un tetto, circondato il palazzo con una fitta stuoia, le 77 sale del Museo furono trasformate in 91 appartamenti e le 620 opere furono malamente "accatastate l'una sull'altra come rifiuti di magazzino" come riferiva amareggiato Antonio Cederna

La distruzione avvenne impunemente tra il Carcere di Regina Coeli e l'Accademia dei Lincei e nessuno seppe o volle fermare lo scempio che si stava consumando. Italia Nostra ebbe il merito di denunciare quanto stava avvenendo nell'indifferenza generale, con pressanti richieste di attenzione e di intervento rivolte alla Sopraintendenza, al Ministero dei Beni Culturali, al Sindaco di Roma, alle Commissioni Parlamentari. Solo 10 anni dopo Alessandro Torlonia venne condannato con sentenza definitiva pronunciata dalla Corte di Cassazione. Quella sentenza conteneva una indicazione di rilievo: la colpevole condotta del proprietario rendeva possibile l'acquisizione della collezione al patrimonio dello Stato a titolo gratuito in sostituzione della sanzione pecuniaria che Alessandro Torlonia avrebbe dovuto pagare. Su queste premesse giurisprudenziali fu elaborata una proposta di legge presentata da Antonio Cederna nel 1990 che giace nelle aule parlamentari insieme a quella presentata nel 2002 dalla parlamentare Titti De Simone. Nel 2003 la stampa diffuse la notizia che il miliardario Silvio Berlusconi aveva manifestato l'intenzione di acquistare privatamente la collezione per donarla al pubblico. Il binomio Torlonia-Berlusconi richiama nell’immaginario collettivo l’idea di un incommensurabile accumulo di ricchezze e nel contempo la oggettiva difficoltà di accostare questi nomi ad un concetto di sensibilità artistica o di mecenatismo. 

A tutt'oggi nessuna iniziativa di rilievo nè parlamentare nè giornalistica si è avuta intorno alla collezione. Le responsabilità politiche sono più gravi e più deleterie di quelle giudiziarie delle quali si è reso responsabile Alessandro Torlonia. L'incapacità di trovare una soluzione è un'onta per la classe politica che impunemente, su queste vicende, ha disatteso il dettato costituzionale dell'art.9: "La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio artistico della Nazione" . I beni culturali sono beni comuni e devono essere pubblici. Un inspiegabile silenzio continua ad avvolgere le opere d'arte della collezione Torlonia, quasi a tutelarne l'oblio 

(1) Sulla inaccessibilità pubblica della collezione privata Torlonia - http:// www.archiviocederna.it/cederna-web/scheda/archivio/IT-SSBA-RM-AS00132-00132/ Museo-Torlonia.html 

(2) Atto Camera Interrogazione a risposta immediata in Commissione 5-00469 presentata da Titti De Simone lunedi' 10 dicembre 2001 nella seduta n. 072 - http://dati.camera.it/ocd/ aic.rdf/aic5_00469_14

(3) Giallo sulla collezione Torlonia il premier tratta per l' acquisto? - http:// ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/04/23/giallo-sulla-collezione- torlonia-il-premier-tratta.html

20/02/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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