Toskanellum, il Patto del Nazareno partorisce mostri anche nelle Regioni

Tra poco meno di un mese, il 21 aprile, la Regione Toscana sarà chiamata dal Tribunale di Firenze a difendere con i propri legali la sua legge elettorale, il cosiddetto Toskanellum, una specie di Italicum in salsa toscana, nato dall’accordo­inciucio dell’estate 2014 tra il segretario regionale del Pd, Dario Parrini, e lo storico proconsole di Denis Verdini, Massimo Parisi, di Forza Italia. 


Toskanellum, il Patto del Nazareno partorisce mostri anche nelle Regioni

La Regione Toscana sarà chiamata dal Tribunale a difendere la sua legge elettorale, il cosiddetto Toskanellum. Una legge peggiore dell’Italicum stesso, nata dall’inciucio PD­-Forza Italia. Le elezioni del 31 maggio rischiano di svolgersi “sub judice”. 

di Beatrice Bardelli

Tra poco meno di un mese, il 21 aprile, la Regione Toscana sarà chiamata dal Tribunale di Firenze a difendere con i propri legali la sua legge elettorale, il cosiddetto Toskanellum una specie di Italicum in salsa toscana, nato dall’accordo­inciucio dell’estate 2014 tra il segretario regionale del Pd, Dario Parrini, e lo storico proconsole di Denis Verdini, Massimo Parisi, di Forza Italia. 

La storia si ripete. Già all’indomani dell’approvazione in aula, la notte dell’11 settembre 2014, quattro consiglieri regionali di minoranza (Monica Sgherri di Rifondazione Comunista, Alberto Magnolfi di NCD, Giovanni Donzelli di Fratelli d’Italia e Giuseppe Del Carlo dell' UdC) decisero di presentare ricorso al Collegio Regionale di Garanzia poiché valutavano il testo “in palese contrasto con i principi costituzionali a cui si richiama lo statuto regionale”. 

Una scelta doverosa contro una legge che in pedissequa continuità con il patto Renzi­Berlusconi partorisce una legge autoritaria e padronale” aveva dichiarato Sgherri ricordando come la Toscana, già con la sua legge elettorale del 2004 che per la prima volta in Italia aboliva le preferenze, era stata apripista di quello che sarebbe stato definito da tutti come il Porcellum, ossia la legge Calderoli del 2005. 

Ma il Collegio di Garanzia, presieduto dal costituzionalista Stefano Merlini, dichiarò la legge “conforme allo Statuto”. Inizialmente i quattro consiglieri decisero di fare un ricorso comune al Tribunale di Firenze per tutelare i diritti violati dei cittadini toscani ma, per strada, Rifondazione Comunista si è ritrovata da sola. Sola in Consiglio Regionale, ma non sola in Toscana. Perché in suo aiuto sono accorsi i comitati per la difesa della Costituzione che hanno attivato una propria rete di conoscenze ed alleanze. In primis l’avvocato Felice Besostri, il killer del Porcellum, a cui è stato affidato l’incarico di stendere il ricorso che è stato firmato da 15 personalità del mondo dell’associazionismo, della cultura e della politica toscana per difendere il principio costituzionale della rappresentatività dei cittadini nelle Istituzioni. I motivi del ricorso sono più numerosi di quelli che hanno condotto alla sentenza della Consulta contro il Porcellum: un abnorme premio di maggioranza, sbarramenti alti e diversificati per partiti o liste che corrono da sole o in coalizione, listini bloccati e senza nomi espressi, voto disgiunto per il candidato presidente e la beffa del ripristino delle preferenze. 

"Si è detto che d’ora in poi i consiglieri regionali verranno eletti con le preferenze ma questo non è vero perché al massimo potranno essere eletti con le preferenze il 10­15% dei consiglieri, non di più" – spiega l’avv. Besostri. "Infatti, caso unico in Italia, tutti i candidati presidenti di tutte le liste che superano la soglia di accesso, saranno nominati consiglieri sulla precedenza dei candidati eletti con la preferenza". Non solo. "In ogni lista e, teoricamente, anche in ognuna delle 13 circoscrizioni elettorali (9 province più 4 circoscrizioni per Firenze), ci saranno 3 candidati regionali il cui nome potrà, per decisione dei partiti, non comparire sulla scheda elettorale (listino bloccato) e che non sono gli stessi per tutta la regione perché la legge prevede che ci si possa candidare al massimo in 2 circoscrizioni".
"Facendo due conti – continua Besostri – e conteggiando il numero dei candidati presidenti e dei tre consiglieri per ognuna delle 13 circoscrizioni, quelli veramente eletti con le preferenze saranno pochissimi. E dal momento che la legge prevede la doppia preferenza di genere, questo sarà un modo per prendere in giro gli elettori in generale e le elettrici in particolare”. 

Entrando nel dettaglio: sono validi solamente i voti dati a liste che ottengano almeno il 5% dei voti, se corrono da sole, ed il 10% se si presentano in coalizione (con almeno un gruppo di liste collegate che abbia superato il 3%). Se la coalizione non dovesse raggiungere tale quota, passerebbe al suo interno solo la lista che abbia superato il 5%, altrimenti tutti i voti andrebbero persi. Inoltre, i seggi da attribuire sono quelli collegati ai voti ottenuti dai vari candidati presidenti per i quali è consentito il voto disgiunto. In questo modo, il controllo del Consiglio potrà essere assegnato ad una lista o coalizione che abbia preso meno voti di altre ma che sia abbinata al presidente vincitore (!). Se un candidato presidente dovesse raggiungere, al primo turno, il 40% dei voti, otterrebbe il 57,50% dei seggi (23 su 40), invece col 45% dei voti otterrebbe il 60% dei seggi in Consiglio (24 su 40). Tuttavia, se nessun candidato presidente dovesse raggiungere il 40% dei voti al primo turno, si andrebbe al ballottaggio dove sarebbe garantito il 57,50 dei seggi (23 su 40) al primo piazzato. Qualunque sia la percentuale raggiunta, anche solo del 20­25%. 

Peggio della Legge Acerbo del 1923, voluta da Mussolini, che garantiva il premio di maggioranza (2 terzi dei seggi) alla lista che superava il 25% dei voti. Alla faccia dei principi della nostra Carta Costituzionale, della sovranità popolare e dell’uguaglianza del voto, personale, libero e diretto! Se il giudice del Tribunale di Firenze dovesse valutare la sussitenza di fondati dubbi di costituzionalità, sospenderà il giudizio chiedendo che la Corte Costituzionale si pronunci in merito. 

Ovviamente, questo non potrà succedere prima del 31 maggio, giorno delle elezioni toscane, che in questo caso si svolgeranno “sub judice”, con una minacciosa spada di Damocle sulla testa. 

27/03/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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