Un viaggio meraviglioso attraverso la pedemontana del Friuli, Claudio e Giuliano ci racconteranno, a puntate, la storia di quei luoghi ma anche la storia delle strade ferrate abbandonate.
reportage/viaggio dal titolo:
“CON L’ECO DEI TRENI”
A piedi sulla strada ferrata
Foto di Giuliano Guida, testi di Claudio C.
C’era una volta la locomotiva, potente, massiccia, simbolo dello sviluppo industriale. Un mezzo di trasporto rivoluzionario che ha cambiato le sorti del modo di spostarsi per uomini e merci.
La storia delle ferrovie in Italia ha inizio il 3 ottobre 1839 con l'apertura del breve tratto di linea di circa sette chilometri da Napoli a Portici. Nel corso dell’ottocento si è avuto un piccolo ma costante incremento delle strade ferrate dovuto a piccole società private finché, sull'ovvia constatazione che per il loro valore strategico le ferrovie non potevano ulteriormente essere lasciate in mano a gruppi finanziari privati, il 1º luglio del 1905 è nata l'Amministrazione autonoma delle Ferrovie dello Stato con cui lo Stato ne assumeva la gestione diretta. Per tutto il novecento si è assistito in tutta la penisola ad uno sviluppo ferroviario ramificato che ha raggiunto borghi e piccoli centri, contribuendo ad unificare concretamente uno Stato che era nato da poco. A partire dagli anni ’60 con lo sviluppo dell'industria automobilistica si è avviato un primo ciclo di dismissione delle linee. Oggi sono circa 6000 i chilometri di binari smantellati, un patrimonio prezioso che nel corso degli anni ha escluso una consistente parte della popolazione dall’utilizzo del treno. Dismissione che a partire dagli anni novanta, in corrispondenza della trasformazione in società per azioni dell’Ente Ferrovie dello Stato e quindi di fatto della sua privatizzazione anche se lo Stato ne resta l’unico azionista, ha subito una forte accelerazione in particolar modo nel corso degli ultimi anni. Non è sicuramente una coincidenza se la privatizzazione, lo smembramento delle ex FS in molteplici società e la creazione della rete ad alta velocità abbiano incrementato tale processo. Basti pensare che anche nelle pubblicità e spot televisivi si sente parlare dei fruitori del treno solo esclusivamente come clienti e non più come viaggiatori o passeggeri, un piccolo dettaglio che però mostra il cambiamento da quello che dovrebbe essere un servizio pubblico garantito a quello che è la vendita di una merce.
Un fenomeno che riguarda indistintamente tutto il territorio nazionale anche se, specialmente recentemente, sono le linee del nord, che poteva vantare una maggiore diffusione e presenza, ad essere principalmente chiuse. Solo negli ultimi cinque anni sono oltre 1000 km e 10 linee ferroviarie secondarie ad essere state dismesse, alcune delle quali con la motivazione che si è sospesa solo la circolazione per problemi infrastrutturali o perché non economicamente vantaggiosa. Ma è una tattica vista diverse volte che, associata purtroppo al progressivo abbandono dei centri minori ed all’incremento dei mezzi su gomma, inizia con l’innalzamento dei tempi di percorrenza, prosegue con l’inserimento di orari inservibili, la riduzione dei fondi alla manutenzione, il passaggio a bus sostitutivi ed infine lo smantellamento definitivo. Si tratta di un patrimonio importante, che si snoda nel territorio e collega città, borghi e villaggi rurali, di opere d'arte (ponti, viadotti, gallerie), di stazioni e di caselli (spesso di pregevole fattura e collocati in posizioni strategiche), che giacciono per gran parte abbandonati in balia dei vandali o della natura che piano piano se ne riappropria. Un patrimonio da tutelare e salvare nella sua integrità, per rimettere in funzione collegamenti esistenti ma abbandonati, per valorizzare le tratte minori situate in aree marginali eppure indispensabili alla mobilità locale, ma anche associandolo a percorsi verdi per la riscoperta e la valorizzazione del territorio ed a un utilizzo del servizio ferroviario legato ad una fruizione ambientale e dei luoghi. Ma c’è un’Italia che resiste a tutto questo, un’Italia fatta di associazioni, comitati, di piccole istituzioni locali che conoscono bene l’importanza e la necessità di salvaguardare il patrimonio ferroviario italiano minacciato dalla logica del profitto e dei continui tagli imposti dalle condizioni della finanza pubblica e di proporre il treno non solo come mezzo di trasporto sostenibile, economico ed universale ma anche come mezzo per scoprire le inestimabili ricchezze naturali ed artistiche di cui siamo ricchi.
E’ con questo spirito che abbiamo deciso, essendo comunque amanti del viaggio lento, del viaggiare per conoscere territori, raccogliere storie, incontrare gente, certi che l’essenza non è arrivare da un punto A ad un punto B ma tutto quello che vi è in mezzo, il percorso che si fa strada e che diventa storia, di camminare lungo una di queste ferrovie. Percorreremo completamente a piedi 74 km della pedemontana del Friuli che dal 2012 sono chiusi alla circolazione dei treni con la motivazione ufficiale di uno smottamento raccontandovi degli uomini, donne e paesaggi che incontreremo in questa avventura.