Gagliole, un esempio di come scaricare sulle popolazioni i costi della ricostruzione

La trappola della “autonoma sistemazione”


Gagliole, un esempio di come scaricare sulle popolazioni i costi della ricostruzione Credits: amatriceregeneration.ga

In un “rapporto dalle Marche” pubblicato il 23 novembre scorso, Wu Ming aveva denunciato la continua calante attenzione da parte dei mezzi d’informazione mainstream sulla grave situazione delle zone colpite dal terremoto dell’agosto e dell’ottobre scorsi [1]. Dietro la solita fraseologia retorica della “volontà di ritorno alla normalità” si è pian piano voluto nascondere il fatto che di questo ritorno alla normalità non c’è neanche l’ombra. Un “oblio” calato particolarmente in fretta sui tanti piccoli Comuni di Lazio, Umbria e Marche devastate dagli eventi sismici di questa estate-autunno, nonostante la bella e generosa azione dei volontari e delle volontarie delle Brigate di Solidarietà Attiva. Queste ultime sono impegnate un po’ ovunque nel sostegno alle popolazioni colpite attraverso la solidarietà dal basso che sta incalzando non poco l’immobilismo di governo e protezione civile sul terreno proprio del “ritorno alla normalità”, in primis attraverso la riconquista di un’abitazione dignitosa seppur temporanea. Non si tratta di mero assistenzialismo, quindi, ma di promozione di una vera e propria autorganizzazione popolare [2].

La situazione di Gagliole, in provincia di Macerata, può essere presa ad esempio dell’abbandono istituzionale e mediatico: si tratta di un Comune di 640 abitanti, pesantemente colpito dalle scosse del 26 e del 31 ottobre scorsi. All’indomani di queste ultime, gli sfollati erano almeno la metà, ricoverati presso due palestre a Gagliole Alto e nella frazione di Selvalagli. Pochi giorni fa il sindaco ha annunciato con toni trionfalistici che il suo Comune sarebbe il primo ad aver “trovato dimora a tutti gli sfollati” [3]. Peccato che dietro gli annunci ad effetto, dietro le foto fatte vicino ai container o alle roulotte si cela però una verità più amara.

Il Decreto Legge n. 189 del 17/10/2016, (“Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal sisma del 24 agosto 2016”), poi esteso alle zone impattate dalle scosse del 26 e 31 ottobre, prevede (ex art. 5, c. 2 lettera f) un contributo statale fino al 100% delle spese sostenute da chi inoltra una richiesta di “autonoma sistemazione”, cioè nel caso in cui si trovi autonomamente una casa in affitto o una roulotte, senza aspettare i moduli abitativi che il governo sarebbe tenuto a fornire.

Questo comma è stato sostanzialmente utilizzato dal sindaco di Gagliole per convincere la maggioranza delle famiglie sfollate (a parte qualche decina di nuclei familiari che hanno accettato il trasferimento in alcuni alberghi della costa) a sottomettere la richiesta di “autonoma sistemazione”. Dal punto di vista degli e delle abitanti, questa “scelta” è umanamente comprensibile: si tratta di centinaia di persone stanche ed esasperate, spesso con uno o più figli piccoli a carico, che non ce la fanno più a vivere dentro enormi camerate, senza un minimo di privacy e con una dignità e autostima messa molto in discussione dal fatto di non avere più niente, non solo un tetto sulla testa. Una “scelta”, quindi, resa oggettivamente obbligata proprio dai ritardi colpevoli con cui lo Stato sta adempiendo al suo dovere di predisporre i moduli abitativi.

Ma c’è di più: i contributi economici non sono ancora stati erogati per coloro che avevano fatto richiesta a seguito del terremoto di agosto, figuriamoci per quello di ottobre! E ancora: per quanto si potrà sostenere una vita passata in roulotte? Insomma, questa “autonoma sistemazione” è proprio la soluzione ideale per lo Stato centrale e per l’amministrazione comunale, che in questo modo si vedono sgravati delle responsabilità e degli oneri principali per ricostruire paesi, case, comunità e vite. Con il non trascurabile risultato, dal punto di vista politico-sociale, della frantumazione di una popolazione che prima, anche per il solo fatto di trovarsi negli stessi luoghi, poteva molto più facilmente discutere al suo interno, prendere iniziative, mobilitarsi, mettere sotto pressione le istituzioni.

Altri Comuni hanno adottato scelte sicuramente diverse e più conflittuali: sempre nel maceratese, i sindaci di Pieve Torina e Tolentino, ad esempio, sono intenzionati a “individuare soluzioni che consentano un’adeguata sistemazione alloggiativa delle popolazioni, in contesti in cui operino strutture che garantiscano il regolare svolgimento della vita della comunità locale e ad assicurare il presidio di sicurezza del territorio, nonché di scongiurare l’esodo verso altre città” [4].

Questo perché la questione non è solo trovare una casa per poterci andare a dormire o a mangiare. Libertà di scegliere, difendere la propria dignità e l’intimità delle proprie famiglie, deve essere un principio indiscutibile di civiltà, un “diritto umano”.


Riferimenti

1. http://www.wumingfoundation.com/giap/2016/11/nessun-post-terremoto/

2. https://www.facebook.com/terremotocentroitalia/?fref=ts

3. http://www.viverecamerino.it/2016/12/03/gagliole-sistema-tutti-i-suoi-sfollati-in-arrivo-10-roulotte/618355/

4. https://www.facebook.com/terremotocentroitalia/posts/1449284451768233:0

10/12/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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