Il contesto storico
Per comprendere il golpe del 2016 in Brasile è importante analizzare il contesto storico e politico del Paese. Il Partito dei Lavoratori, Partido dos Trabalhadores (PT), di Lula da Silva vinse le elezioni presidenziali nel 2002 e inaugurò un periodo di significative riforme sociali ed economiche. Il governo di Lula (2003-2010) ridusse la povertà (figura 1) [1] e gli squilibri sociali, migliorò l’accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria e promosse la crescita economica (figura 2) [2].
Nel 2010, Dilma Rousseff, membro del PT e vicepresidente di Lula, venne eletta presidente del Brasile (2011-2014). Tuttavia, il secondo mandato di Rousseff (2015-2016) fu caratterizzato da una grave crisi economica, causata dalla riduzione delle quotazioni delle materie prime, e politica, compresa una serie di scandali per corruzione. Nel 2014, un’inchiesta della polizia federale, chiamata Operazione “Lava Jato”, rivelò uno schema di corruzione all’interno della compagnia petrolifera statale Petrobras, coinvolgendo diverse figure politiche e imprenditoriali del Paese.
Dilma, messa in stato di accusa nell’aprile 2016 [3], viene prima sospesa dall’incarico a maggio e poi definitivamente destituita il 31 agosto tramite votazione del Senato [4], senza alcuna condanna giudiziaria a suo carico. L’uscita di scena di Dilma spiana la salita al potere del suo ex vicepresiente Michel Temer del partito di centro PMDB (Partito del movimento democratico brasiliano) che però forma un nuovo governo frutto di un clamoroso ribaltone che esclude il PT e imbarca le forze politiche di destra sollevando proteste e polemiche all’interno e all’esterno del Paese.
Molti sostennero che si trattasse di un golpe, poiché Rousseff era stata eletta democraticamente e le accuse contro di lei di “pedalata fiscale”, cioè di operazioni di credito mascherate [5], una prassi contabile utilizzata da tutti i presidenti brasiliani, non sembravano essere sufficienti per giustificare la sua destituzione. Inoltre, il governo di Temer fu molto controverso. Molti brasiliani lo accusarono di essere un governo illegittimo e di aver preso il potere in modo antidemocratico e l’operato di Temer sollevò il malcontento popolare anche per l’attuazione di politiche neoliberiste, con riduzione della spesa pubblica e aumento delle privatizzazioni.
Si può dimostrare, inoltre, che la classe dirigente che ha condotto l’attacco golpista fosse corrotta se consideriamo che su 38 membri della commissione che votò la destituzione ad aprile 2016, 35 furono indagati per corruzione.
Il ruolo degli Stati Uniti
Gli Stati Uniti hanno fornito un forte sostegno per un cambio di regime che ha posto fine alla lunga fase di governi di centro-sinistra, guidati dal PT (2003-2016), che hanno reso i BRICS un attore fondamentale della scena geopolitica mondiale e fornito un impulso fondamentale al processo di integrazione latinoamericano. I movimenti sociali e i partiti di sinistra in America Latina si sono impegnati al fine di opporsi al golpe in Brasile ed evitare che questo effetto si propagasse negli altri Paesi della macroregione.
L’impeachment ai danni di Dilma Roussef, privo di accuse comprovate o indagini penali concluse, è stato una vera e propria operazione incostituzionale e un colpo di Stato a tutti gli effetti, mirato a rovesciare il risultato delle elezioni. Il sovvertimento non cruento delle istituzioni democratiche in America Latina è detto “Golpe soave”. Nella fattispecie, l’atto eversivo ai danni di Dilma Rousseff muta definitivamente l’assetto geopolitico macroregionale sancendo la conclusione della prima, storica, stagione dei governi progressisti latinoamericani, già in fase declinante dal 2014 sotto la spinta del rallentamento economico e della recessione del 2015 (figura 2 in basso, anni 2014 - 2015).
Dilma scagionata, la notizia è oscurata
Nel 2018, il Pubblico Ministero Federale (Pmf) ha archiviato la denuncia contro Dilma. Organizzazioni, movimenti e analisti internazionali come il Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati sostengono che l’attacco ai danni di Roussef faccia parte di un “Nuovo Plan Condor” pianificato dalle oligarchie, con l’appoggio del potere mediatico e di settori della Magistratura sotto il monitoraggio degli USA al fine di attuare cambiamenti nei governi latino-americani[6], come già avvenuto in Honduras nel 2009 e in Paraguay nel 2012.
All’epoca, e anche nel 2022, quando l’indagine giudiziaria sulle presunte manipolazioni contabili è stata ufficialmente chiusa, in quanto il PMF non ha rilevato alcun reato e neanche nessuna irregolarità amministrativa, la notizia dello scagionamento di Dilma è stata oscurata da media internazionali, europei e italiani. Nel processo, Dilma Roussef è stata accusata da professori di diritto legati al Partito della Socialdemocrazia Brasiliana (PDSB) di centro-destra di aver infranto la legge di responsabilità fiscale con le cosiddette “pedalate fiscali”. Secondo il Pubblico Ministero Federale, le “pedalate” non costituiscono un illecito penale. La notizia della richiesta di archiviazione dell’impeachment avanzata dal Pubblico Ministero è stata ignorata da giornali noti, come Folha de Sao Paulo e Valor Economico.
In conclusione, l’annullamento della condanna di Dilma Rousseff è stato un evento importante per l’affermazione della giustizia e il rafforzamento della democrazia del Paese, ma l’oscuramento della notizia ha sollevato preoccupazioni sulle pratiche dei media mainstream e sulla libertà di stampa internazionale e nel nostro Paese, nel quale quasi nessun organo di informazione ha trattato la notizia [7].
In considerazione del fatto che l’oscuramento mediatico riservato al proscioglimento di Dilma non costituisce certamente un fatto isolato nel nostro Paese, non è probabilmente un caso che l’Italia nel 2022 si trovasse al 58esimo posto nel Mondo per libertà di stampa.
Note:
[1] https://mondoeconomico.eu/archivio/quadrante-futuro/il-brasile-in-ballo.
[2] https://mondoeconomico.eu/archivio/quadrante-futuro/il-brasile-in-ballo.
[3] Il 17 aprile la Camera approva la destituzione con 367 voti a favore e 137 contrari.
[4] Il Senato brasiliano ha approvato la destituzione della presidente Dilma Rousseff con 61 voti a favore e 20 contrari.
[5] La “Pedalata fiscale” non configura illecito penale, decreta il ministero pubblico federale brasiliano.