La visita di tre giorni tenuta dal presidente cinese Xi Jinping a Mosca ha rappresentato il primo vero passo concreto verso la soluzione della crisi ucraina. Dopo la pubblicazione, lo scorso mese, del documento intitolato “La posizione della Cina sulla soluzione politica della crisi ucraina” [1], la Repubblica Popolare ha fatto seguire i fatti alle parole, mentre l’Occidente collettivo a guida statunitense continua a perorare la causa del conflitto armato. La visita diplomatica assume un’importanza ancora maggiore, in quanto primo viaggio all’estero di Xi Jinping dopo la sua elezione per un terzo mandato consecutivo alla guida del Paese [2].
A seguito dell’incontro tra Xi Jinping e Vladimir Putin, la Repubblica Popolare Cinese e la Federazione Russa hanno rilasciato una dichiarazione congiunta firmata dai due leader, nella quale esprimono la propria posizione sempre più unitaria di fronte alla guerra ibrida condotta dall’imperialismo atlantista. Sulla questione ucraina, in particolare, le due parti hanno sottolineato che i colloqui rappresentano l’unica soluzione alla crisi, e hanno chiesto il rispetto delle preoccupazioni di sicurezza di tutti i Paesi nel risolvere la questione. La Russia, che per bocca di Putin ha espresso un giudizio positivo circa il piano di pace formulato dalla Cina, ha affermato di essere impegnata a riprendere i colloqui con il governo di Kiev il prima possibile.
Naturalmente i due presidenti hanno anche affrontato questioni riguardanti i rapporti bilaterali, infatti la dichiarazione congiunta sottolinea l’accordo raggiunto per approfondire il partenariato strategico globale tra Mosca e Pechino. A tal proposito, Xi ha affermato che la Cina è pronta ad espandere la cooperazione con la Russia nei settori del commercio, degli investimenti, della catena di approvvigionamento, dei mega progetti, dell'energia e dell'alta tecnologia.
“La fiducia reciproca di alto livello e le relazioni mature costruite tra i leader cinese e russo dimostrano che i legami bilaterali possono resistere agli impatti dei profondi cambiamenti che il mondo sta vivendo in questo momento”, ha commentato Li Haidong, professore presso l'Istituto di relazioni internazionali dell'Università Cinese degli Affari Esteri. Secondo l’analista cinese, le relazioni sino-russe hanno resistito anche alla prova della crisi ucraina, dimostrando la comune intenzione dei due Paesi di promuovere una maggiore democrazia nelle relazioni internazionali incentrate sul multipolarismo.
Coerentemente con i principi teorici della propria politica estera, la Cina dimostra di essere pronta a svolgere un ruolo costruttivo nel promuovere la soluzione politica della crisi ucraina, poco dopo aver ottenuto un altro grande successo diplomatico, quello dello storico accordo tra Iran e Arabia Saudita [3]. Oltretutto, la posizione della Cina è condivisa dalla maggioranza della comunità internazionale, composta da Paesi che oppongono la prosecuzione del conflitto e le politiche guerrafondaie del blocco atlantista: “La maggior parte dei paesi sostiene l'allentamento delle tensioni, sostiene i colloqui di pace ed è contraria ad aggiungere benzina sul fuoco. Un esame della storia mostra che i conflitti alla fine devono essere risolti attraverso il dialogo e la negoziazione”, secondo le parole pronunciate dallo stesso Xi Jinping.
Al contrario della coerenza cinese, gli Stati Uniti e le principali potenze occidentali palesano una grande ipocrisia nel momento in cui parlano di pace e democrazia ma non fanno altro che alimentare la guerra e sostenere i gruppi neonazisti in Ucraina. "Gli Stati Uniti affermano di voler fermare le guerre, ma sono stati coinvolti praticamente in tutti i conflitti e le guerre in Europa e in effetti in tutto il mondo con solo poche eccezioni. Gli Stati Uniti affermano di voler difendere la pace, ma il mondo non ha ancora visto nessuno sforzo reale da parte loro che sia pensato per la pace, mentre continuano a riversare armi sul campo di battaglia", ha commentato Wang Wenbin, portavoce del ministero degli Esteri cinese.
Tutti questi fattori hanno fatto perdere appeal internazionale agli Stati Uniti, che oramai vengono considerati come un partner inaffidabile da gran parte della comunità internazionale. In Africa, Asia e persino America Latina, il “giardino di casa” di Washington, i governi si rivolgono sempre più a Mosca e Pechino, considerandoli come interlocutori più seri e affidabili. Il fatto che l’Arabia Saudita, storico alleato degli USA in Medio Oriente, abbia deciso di accettare la mediazione cinese e di raggiungere un accordo con l’Iran dimostra come persino Riyadh non sia più pronta ad obbedire pedissequamente agli ordini dei nordamericani. Allo stesso modo, la presidente honduregna Xiomara Castro ha recentemente dichiarato che il suo governo sarebbe pronto ad inaugurare le relazioni bilaterali con la Repubblica Popolare Cinese, con conseguente disconoscimento di Taiwan [4].
Pur non essendo direttamente coinvolta nel conflitto, la Cina sta facendo grandi sforzi per la risoluzione della crisi ucraina: “La comunità internazionale ha ora grandi aspettative che la Cina faciliti il dialogo per la pace, il che riflette la delusione nei confronti degli Stati Uniti e dell'Occidente, nonché il loro sincero apprezzamento per le azioni della Cina”, si legge in un editoriale pubblicato il 22 marzo dal Global Times. “Il successo della mediazione cinese nella ripresa delle relazioni diplomatiche tra Iran e Arabia Saudita ha aumentato la fiducia internazionale nella diplomazia cinese e ha dimostrato l'immenso valore dell'Iniziativa di sicurezza globale cinese. Sebbene la questione ucraina sia diversa dalla questione Arabia Saudita-Iran, richiede anch’essa il sostegno della visione di una sicurezza comune, globale, cooperativa e sostenibile, nonché di insistere su un dialogo e un negoziato paritari, razionali e pratici”.
Note:
[1] La Cina propone dodici punti per la pace in Ucraina.
[2] Xi Jinping ufficialmente confermato Presidente della Repubblica Popolare Cinese.
[3] Accordo Iran-Arabia Saudita, grande successo della diplomazia cinese.
[4] Cina e Honduras verso la riapertura delle relazioni diplomatiche.