Lunedì 8 marzo ha avuto inizio la campagna di vaccinazione di massa contro il Covid-19 in Vietnam. La campagna è partita per ordine del primo ministro Nguyễn Xuân Phúc, che ha anche dichiarato un obiettivo assai chiaro: quello di dare la priorità alle famiglie più povere, oltre alle categorie particolarmente a rischio, come gli operatori sanitari, le persone di 65 anni e oltre e coloro che soffrono di malattie croniche che li rendono più vulnerabili alla virus. In seguito verranno vaccinate le altre categorie prioritarie, come militari e forze di polizia, gli insegnanti, il personale diplomatico, i funzionari doganali e dell'immigrazione e coloro che lavorano in servizi essenziali come i trasporti.
A causa del numero limitato di vaccini, il ministero ha deciso di iniziare le vaccinazioni nelle 13 province che hanno registrato il maggior numero di casi positivi sulle 63 che compongono il paese, con priorità data alla provincia di Hải Dương, considerata come l’epicentro della terza ondata, che ha colpito il Paese a fine gennaio.
Il governo vietnamita ha stretto accordi con Stati Uniti, Russia – che di recente ha donato al paese 1.000 dosi dello Sputnik V – e Cina per ottenere una fornitura sufficiente per coprire il 70% della sua popolazione, mentre nel frattempo continua lo sviluppo dei vaccini di produzione locale. A tal proposito, il Vietnam ha recentemente dato inizio alla sperimentazione umana per il Covivac, il vaccino sviluppato dall Institute of Vaccines and Medical Biologicals, il secondo vaccino vietnamita a entrare in questa fase della sperimentazione dopo il Nanocovax, prodotto dalla Nanogen Pharmaceutical Biotechnology, che aveva ricevuto l’approvazione a fine gennaio.
Il governo sta anche pensando a un piano per rilanciare il turismo, che permetterebbe agli stranieri vaccinati di ottenere il visto turistico. Gli stranieri che dispongono di “passaporto vaccinale” dovranno comunque essere sottoposti a quarantena di 14 giorni, in assenza di informazioni sul potenziale rischio di infezione a seguito dell’inoculazione delle due dosi, secondo quanto affermato dagli esperti vietnamiti.
Trần Đắc Phu, consulente presso il Centro operativo di emergenza per la sanità pubblica sotto il ministero della Salute, ha ricordato che il passaporto vaccinale è già stato utilizzato in passato contro una serie di malattie come il colera, la linfoadenite e la febbre gialla. “Tuttavia, il Covid-19 è una nuova malattia infettiva, che richiede vaccini di nuova concezione. Nonostante le varie campagne di inoculazione di massa, l'efficacia dei vaccini contro Covid-19 rimane aperta alla verifica” ha aggiunto Phu. “Diversi vaccini avranno diversi effetti protettivi e non è noto per quanto tempo gli anticorpi contro il nuovo coronavirus saranno presenti nel corpo di una persona già vaccinata.”
Un parere simile è stato espresso anche da Trương Hữu Khanh, capo del dipartimento di malattie infettive e neurologiche dell’ospedale pediatrico n. 1 di Ho Chí Minh City, il quale ha ricordato che ad oggi non esiste un vaccino che garantisca l’immunità al 100%. Khanh ha sottolineato che, se è vero che il Vietnam ha saputo arginare al meglio l’epidemia, registrando appena 2.560 casi positivi, questo vuol dire anche che il paese è ancora molto distante dal raggiungimento dell’immunità di gregge, e che quindi un’apertura improvvisa dei confini potrebbe avere effetti disastrosi. Il Vietnam – va ricordato – ha chiuso i suoi confini nel marzo dello scorso anno e ha vietato l’ingresso di cittadini stranieri ad eccezione di quelli con passaporto diplomatico o ufficiale o di lavoratori altamente qualificati.
Secondo le proposte formulate fino ad ora, il Vietnam potrebbe esentare dalla quarantena coloro che dispongano del passaporto vaccinale e che siano risultati negativi a un test effettuato al momento dell’ingresso nel paese o poco prima. Allo stesso tempo, il Vietnam fornirà un passaporto vaccinale “necessario per i cittadini vietnamiti per viaggiare all'estero o sul territorio nazionale con comodità e sicurezza”, secondo quanto affermato da Trần Đắc Phu.
Con 2.560 casi positivi e solamente 35 decessi, il Vietnam resta ad oggi il paese che meglio di ogni altro ha affrontato l’emergenza pandemica. Anche la cosiddetta terza ondata di Covid-19, che ha avuto il proprio epicentro nella provincia di Hải Dương, sembra essere stata del tutto arginata. A partire dal 18 marzo, sono state interrotte le norme di distanziamento sociale stabilite dall’amministrazione provinciale, allineando la situazione di Hải Dương a quella del resto del paese e permettendo dunque la riapertura delle attività non essenziali. Per il momento, la provincia continuerà a vietare raduni religiosi, eventi sportivi e festival, insieme ad altri eventi “non necessari”, mentre diversi comuni e aree residenziali che devono ancora completare un lockdown di 14 giorni continueranno a seguire il protocollo di distanziamento sociale.
Nguyễn Viết Hải, capo del comitato del Partito di Hải Dương, ha detto che la provincia applicherà le norme fino alla fine del mese e prenderà ulteriori decisioni a seconda degli sviluppi. Tuttavia, i numeri sono assolutamente favorevoli alla riapertura completa: da tre settimane, il numero di casi trasmessi localmente registrati nella provincia si aggira intorno a uno o due al giorno.