Pubblichiamo la traduzione di un interessante articolo apparso su Libération tra i due turni delle elezioni legislative francesi. - Traduzione di Laura Nanni
Per principio, lo scrutinio proporzionale si basa su un’idea abbastanza semplice: fare in modo che la diversità degli eletti sia conforme alla diversità delle opinioni dei votanti. Detto altrimenti: tutte le opinioni hanno voce in capitolo, nella misura del loro peso nell’elettorato. Da un altro lato, il vantaggio dello scrutinio maggioritario, è che non si va che in una sola direzione – a costo che ciò dispiaccia a una parte degli elettori. Conformemente alle promesse del candidato Macron, il primo ministro Edouard Philippe ha aperto questo martedì a un cambiamento del sistema elettorale. Teoricamente, si potrebbe anche prendere in considerazione durante il quinquennio, di introdurre una “dose” di proporzionale nell’Assemblea nazionale. Una promessa che non ha niente di nuovo e che solleva numerose questioni.
Oggi: lo scrutinio maggioritario
Attualmente, le elezioni legislative sono ricalcate in Francia sul sistema presidenziale: come il capo di Stato su scala nazionale, i deputati sono eletti in ogni circoscrizione a suffragio universale diretto nel corso di uno scrutinio uninominale in due turni. Piccola difficoltà supplementare, sono selezionati per il secondo turno anche i candidati che hanno raccolto più del 12% degli aventi diritto al voto. E nel finale, il primo arrivato prende tutto (all’occorrenza, un posto da deputato). Dal 2002. l’inversione del calendario elettorale permette al presidente di beneficiare di un vantaggio per far applicare il suo programma.
Risultato: nel 2017, la République en marche ha ottenuto il 32% dei voti al primo turno delle elezioni legislative, e potrebbe prendersi più del 70% dei seggi dell’assemblea al termine del secondo turno domenica 18 giugno. Al contrario, il Fronte nazionale, che ha ottenuto più del 13% dei voti al primo turno, sarà verosimilmente lontano dall’avere il 10% dei deputati. Ben inteso, queste proiezioni falsano un po’ il gioco perché non si può partire dal principio che in un sistema elettorale diverso, il voto degli elettori al primo turno sarebbe identico. Ma se questo sistema, che rafforza il bi-partitismo, è giustificato da una volontà di stabilità, è anche molto spesso rimesso in causa.
Opzione uno: il proporzionale integrale
Il modello specchio sarebbe dunque il proporzionale integrale: ogni partito otterrebbe il numero di seggi corrispondente al suo risultato del primo turno. Questo modello dovrebbe permettere a una più grande parte degli elettori di essere rappresentati, anche se in basse proporzioni e dovrebbe apportare pluralità e dinamismo nei ranghi dei deputati. Tecnicamente, niente è impossibile. In Francia, l’Assemblea nazionale è stata eletta col sistema proporzionale sotto la III Repubblica, durante circa dieci anni, dal 1919 al 1928, poi sotto la IV Repubblica (1946-1958). Sparito con la V Repubblica (1958), il proporzionale non sarà reintrodotto nell’Assemblea che nel 1986, sotto François Mitterrand di cui il programma prevedeva la sua attuazione integrale. Risultato: la prima coabitazione della storia della V Repubblica… e 35 deputati FN nell’Assemblea nazionale. Il nuovo primo ministro, Jacques Chirac, ristabilirà in seguito lo scrutinio maggioritario.
Poiché lo scrutinio proporzionale integrale impedisce quasi sistematicamente che un gruppo detenga la maggioranza assoluta. Nell’ipotesi di un’Assemblea eletta col proporzionale, il partito maggioritario è dunque costretto a formare coalizioni per governare. Per i suoi detrattori, questo sistema, moltiplicando i partiti rappresentati e i giochi di alleanze, favorisce l’instabilità politica. Nel 2012, il vecchio deputato socialista Gérard Gouzes, pur aspirando ad una parte di proporzionale, stimava in una tribuna pubblicata su Libération, che i principali difetti del proporzionale integrale erano: “lo sbriciolamento politico, l’accentuazione del peso degli apparati di partito e l’aggravio dell’incomprensione tra cittadini e politica”.
Opzione intermedia: la “dose” di proporzionale
Un primo filtro consisterebbe nell’esigere che una lista superi una soglia minima, per esempio 5% dei suffragi per essere “qualificata”- è così che funzionano le elezioni europee- o meglio mettere in campo un primo maggioritario. Ma il dibattito porta più spesso, e da tanti anni, a una soluzione intermedia: la “dose” di proporzionale, che permetterebbe in particolare di limitare la strada potenzialmente aperta al FN. François Hollande ci si era impegnato durante la campagna del 2012, lo stesso che Nicolas Sarkozy prima di lui. D’altronde, è uno dei temi difesi da lunga data dall’attuale ministro della Giustizia François Bayrou. Quanto al candidato Emmanuel Macron, lui prevedeva di introdurlo all’Assemblea e anche di estenderlo al Senato, riducendo il numero dei parlamentari. Edouard Philippe, ha, a sua volta, aperto la porta a questa opzione martedì su France Info. “Il presidente della Repubblica si è impegnato a correggere il modo di scrutinio attuale introducendo una dose di proporzionale. Io penso che sia utile”, ha così spiegato il primo ministro.
Concretamente, questa dose significa che una parte dei “seggi” da deputati sarebbe riservata a ogni formazione politica in proporzione ai voti ottenuti dai loro candidati in ogni circoscrizione. La maggioranza dei seggi restando attribuiti allo scrutinio maggioritario. Di che dare soddisfazione a tutti. Salvo che molte delle questioni dovranno essere decise prima di prendere in esame una legge. In primo luogo, bisognerà ridimensionare le circoscrizioni per liberare dei seggi (tanto più se si riduce il numero totale dei parlamentari). In seguito, bisognerà decidere come si fissa questa “dose” di proporzionale: per esempio nel 2012 per la commissione Jospin sul rinnovamento della vita pubblica, era al 10% “al più”, ovvero 58 deputati su 577, altri evocano più volentieri il 20%, addirittura la metà degli eletti. Secondo questo rapporto, due scrutini sarebbero previsti, e ogni elettore potrebbe disporre di due voti al primo turno, uno per lo scrutinio proporzionale e l’altro per il maggioritario, “essendo i due voti indipendenti.
Altro problema: come scegliere i deputati interessati? Poiché come lo sottolinea Didier Maus, specialista di diritto costituzionale intervistato da le Parisien, la “dose” di proporzionale apre al rischio di differenziare “dei deputati territoriali e dei deputati politici”. Infine, bisognerà definire la scala alla quale le liste dei deputati ‘proporzionali’ saranno legati: nazionali, regionali, dipartimentali?
Si è visto, il sistema elettorale delle legislative è già cambiato durante la V Repubblica. Questo cambiamento non implica né referendum, né modifiche della Costituzione. Ma il contenuto preciso di una potenziale legge ordinaria rischia di creare molto scalpore nel dibattito parlamentare.
Articolo apparso originariamente su Libération, traduzione per La Città Futura di Laura Nanni