"Il leader della France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, ha detto molto chiaramente anche ieri che vuole attuare il suo programma per intero. Ed è un programma incompatibile con la stabilità finanziaria della Francia e con il nuovo Patto di stabilità Ue". Questo il pensiero di Daniel Gros, economista. Tradotto: la democrazia è valida solo se a vincere sono quelle forze politiche che portano avanti gli interessi della borghesia attraverso i cosiddetti programmi di “ristrutturazione”, che puntano a scaricare la crisi sulle classi subalterne, principalmente tagliando il salario sociale (cioè il salario diretto, indiretto e differito) e aumentando l’orario e i ritmi di lavoro. Abbiamo avuto governi tecnici non eletti da nessuno che hanno prodotto le più aggressive e reazionarie politiche economiche dell’ultimo secolo, ma nessun Daniel Gros o qualche altro lacchè della borghesia si è mai indignato per questo.
Guarda caso, invece, quando le forze popolari si concentrano intorno ad un programma minimamente progressista e raggiungono percentuali tali da poter chiedere di governare, allora scoppiano le reazioni più scomposte e inorridite da parte di tutta la feccia imperialista che vive comodamente seduta su montagne di euro. Certo, il successo del “Nuovo Fronte Popolare” sta creando non pochi grattacapi ai borghesucci, e il loro stream informativo si affanna nel descrivere la situazione francese come “drammatica”, “ingestibile” e “ingovernabile”; questo non è che l’ennesimo artificio che la borghesia utilizza in questi casi: convincere i proletari che la loro affermazione politica corrisponde inevitabilmente a gettare il paese nel caos. Ciò equivale ad affermare che la stabilità, la pace e la sicurezza sarebbero obiettivi possibili solo rimanendo nel solco delle politiche di austerità, mentre l’affermazione delle forze di sinistra radicale - e quindi il passaggio alle politiche progressiste, finirebbe per gettare il paese nell’instabilità. Davvero sorprendente tale visione delle cose, visto che proprio i governi della borghesia, oltre a gettare l’Europa sul lastrico economico, ci stanno spingendo sempre più in una guerra mondiale. Alla faccia della pace e della stabilità!
Le elezioni francesi stanno elargendo generosi spunti di riflessione. Spesso anche nell’area della sinistra radicale alcuni intellettuali, forse un po’ troppo presi dal pessimismo della ragione, sono rassegnati all’idea che si sia alle porte di un lungo periodo di reazione, quale determinazione politica necessaria dell’epoca imperialista. Secondo questi intellettuali si dovrebbe accettare l’idea che, nella fase attuale, è nelle cose l’avanzata delle destre. In tal modo, essi assumono un fenomeno accertato e dimostrato scientificamente (in questo caso, il fatto che nell’epoca imperialista le principali politiche non possono che essere di natura reazionaria, nessuna forza politica borghese può realmente sottrarsi a questo programma per evidenti ragioni economiche e, laddove necessario, la borghesia può servirsi anche delle tendenze più retrive per realizzare il proprio programma) trasformando tale giusta linea di analisi in un dogma che deve sempre e necessariamente compiersi. Così, ad ogni elezione, si ripete la cantilena per la quale il proletariato starebbe andando a destra, che ciò sarebbe evidente a partire dalle periferie, e che fenomeni come Vannacci saranno sempre più frequenti etc… Si finisce in questo modo per esaltare più del necessario fenomeni, giustamente preoccupanti, come l’avanzata delle destre, che spesso sono il frutto stesso dell’egemonia delle classi dominanti cui concorrono diversi fattori, quali la passività delle masse e l’assenza di un polo di aggregazione popolare. Sul fenomeno Vannacci, tanto per citare l’esempio più attuale di presunta “svolta a destra del paese”, bisogna tener conto della sua enorme esposizione mediatica. Inoltre non si ha nessuna controprova, cioè non si sa bene cosa poteva succedere se un comunista avesse avuto le medesime possibilità che ha avuto questo insulso personaggio di stare in televisione per anni, propagandando, al contrario delle stupidaggini del generale, politiche favorevoli alle classi popolari come l’abbassamento dell’età pensionabile e l’innalzamento dei salari. Le elezioni francesi mostrano proprio questo e cioè che è possibile, anche rapidamente, cambiare il destino politico di un paese, che appare come inesorabile, con due semplici ingredienti: l’unità delle forze popolari intorno ad un valido programma minimo.