A oltre un anno dall’entrata della Russia nel conflitto (24 febbraio 2022), a nove anni dall’inizio della guerra in Ucraina (successiva al colpo di Stato di “Euromaidan” del febbraio 2014), lo scontro armato, che sempre più ha assunto le fattezze di una guerra per procura tra gli Stati Uniti e la NATO, da una parte, e la Federazione Russa, dall’altra, sta andando incontro a una nuova, pericolosa, escalation, e a un’inedita, inquietante, minaccia nucleare. A dispetto della propaganda della grande stampa e dei mezzi di informazione dominanti, il cosiddetto “mainstream” informativo, non si tratta del “ritorno della guerra in Europa”, bensì di un’ulteriore escalation chiaramente legata al ruolo e alla presenza USA e NATO che la guerra nel cuore dell’Europa aveva già portato con l’aggressione alla Jugoslavia del 1999, nel contesto della quale, non a caso, la NATO aveva ridefinito il proprio concetto strategico e avviata l’espansione della propria presenza militare sino ai confini della Russia.
Con la ridefinizione del concetto strategico, con il Consiglio Atlantico di Washington (23-25 aprile 1999), appunto nel pieno della guerra di aggressione alla Jugoslavia, si stabilisce infatti, per la prima volta, che “il principio dell’impegno collettivo nella difesa dell’Alleanza si sostanzia in intese concrete che […] mettono le forze della NATO in condizione di portare avanti operazioni d’intervento nelle crisi non previste dall’art. 5 e costituiscono un prerequisito per una risposta coerente dell’Alleanza a tutte le possibili evenienze”. Un attore militare globale, dunque, che si autoattribuisce facoltà di intervento, di ingerenza e di aggressione ai quattro angoli del pianeta, sotto la direzione degli Stati Uniti. La stessa composizione istituzionale, per servire tale rinnovata configurazione strategica, si modifica; la NATO si espande a quasi tutta l’Europa: Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca (1999); quindi Estonia, Lettonia, Lituania, Slovenia, Slovacchia, Bulgaria e Romania (2004), Albania e Croazia (2009), Montenegro (2017) e Macedonia del Nord (2020). È ancora una guerra, dunque, il terreno entro il quale una nuova espansione si viene articolando, visto che, nel corso dell’impegno militare USA e NATO in Ucraina, viene avviato l’iter di adesione alla NATO anche di Svezia e Finlandia.
È proprio nella dinamica del “nuovo ordine globale” e nella fase storica degli anni Novanta, e cioè nelle modalità e nelle ambizioni dell’imperialismo nella sua odierna declinazione (primato del capitale finanziario, tendenza del capitale alla concentrazione monopolistica, acquisizione di nuovi mercati, definizione di nuove sfere di influenza, egemonismo e guerra), che affondano i presupposti dell’attuale configurazione: la piattaforma di Carbis Bay del G7 (2021), per esempio, prospetta, attraverso l’utilizzo degli strumenti del soft power e dell’hard power, la minaccia della creazione di un “rules-based world order”, vale a dire di un ambiguo “ordine mondiale basato sulle regole” nel quale i principi della Carta delle Nazioni Unite sono sostanzialmente bypassati; ma anche il rinnovato sistema militare progettato in chiave anticinese, con l’AUKUS, composto da Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia, e il QUAD, il Quadrilateral Security Dialogue, un compact tipo NATO nell’indo-pacifico. Da una parte, dunque, i principi della Carta delle Nazioni Unite, cui anche il piano in 12 punti della Repubblica popolare cinese per il superamento del conflitto si richiama, quali l’eguaglianza sovrana tra le nazioni, l’indipendenza e l’integrità territoriale di tutti i Paesi, la non-ingerenza nelle questioni interne dei singoli Paesi, la risoluzione pacifica delle controversie e l’autodeterminazione dei popoli. Dall’altra, la “mentalità da guerra fredda” rilanciata dagli Stati Uniti (non solo) a Carbis Bay, con la strumentale contrapposizione tra “democrazie” e “autocrazie” e la minacciosa individuazione della Cina come antagonista strategico.
Nel contesto europeo, l’UE è sempre più corresponsabile del deterioramento della situazione nel senso della guerra, anziché del riorientamento della situazione nel senso della pace. Dapprima, il documento strategico della Bussola Europea con il quale si sancisce la piena complementarietà e interazione strategica tra UE e NATO; quindi la politica, illegale e controproducente, delle sanzioni unilaterali contro la Russia; infine, i continui invii di armi e strumenti militari all’Ucraina, indicano una precisa scelta da parte dell’UE e della maggioranza dei Paesi membri, sempre più a favore della militarizzazione e della guerra, a discapito della pace e della ricerca di una soluzione politica al conflitto. È assai indicativo il fatto che, nel solo 2022, i Paesi europei della NATO, secondo i dati SIPRI, hanno aumentato le spese militari del 13%, raggiungendo un volume pari a 345 miliardi di dollari. Ancora in relazione alle spese militari, la sola spesa militare USA (877 miliardi di dollari) è pari al triplo della spesa militare della Cina e ben dieci volte la spesa militare della Russia. Per intendersi, quasi il 40% dell’intera spesa militare mondiale è dei soli Stati Uniti. La spesa militare italiana ha raggiunto, secondo i dati SIPRI, sempre nel 2022, la cifra record di 33 miliardi di dollari, superando l’1,5% del PIL, e l’Italia ha già speso in sostegno militare diretto all’Ucraina un miliardo; la scelta, anche italiana, delle sanzioni contro la Russia e della fine dell’importazione di gas russo, è tra i motivi della crisi e dell’inflazione; il carovita, con il pesante rincaro anche dei generi di prima necessità, è una conseguenza delle scelte politiche del governo e del suo porsi, nel conflitto in Ucraina, come co-belligerante di fatto, insieme con la NATO, contro la Russia.
Peraltro, gli sforzi politici e diplomatici che provengono soprattutto dall’Est e dal Sud del pianeta non sono isolati e non si limitano al piano cinese per la risoluzione del conflitto o alla più recente iniziativa indonesiana. Ultima in ordine di tempo (giugno 2023), la missione di pace africana (composta dal presidente dell’Unione Africana e presidente delle Comore, Azali Assoumani; il presidente dello Zambia, Hakainde Hichilema; il presidente del Senegal, Macky Sall; il presidente del Sudafrica, Cyril Ramaphosa; nonché rappresentanti di Egitto, Congo e Uganda) è stata accolta dal presidente ucraino Zelensky con dichiarazioni con cui ha espresso di non comprendere la roadmap proposta, di considerare le proposte avanzate irrealistiche e di non volere “sorprese, perché domani parlerete con il terrorista, e questo terrorista vi farà delle proposte”. La stessa delegazione è stata accolta dal presidente russo Putin segnalando che la Russia è “aperta al dialogo costruttivo con chiunque voglia instaurare la pace sui principi di equità e di riconoscimento dei legittimi interessi di tutte le parti”. In una dichiarazione, rilasciata al termine della missione della delegazione africana, il consigliere del presidente Zelensky, Mychajlo Podoljak, ha giudicato “non il loro compito, non al loro livello” la ricerca di una soluzione alla crisi, aggiungendo che, secondo quando riportato, i Paesi africani “vogliono solo essere nello spazio dell‘informazione”.
Di fronte a uno scenario complesso, segnato da contraddizioni e contrapposte propagande di guerra, il ruolo delle forze contro la guerra e per la pace non è più rimandabile. Da più versanti sono state segnalate alcune tra le motivazioni della debolezza in cui si trova il movimento che, in senso ampio e generale, si potrebbe definire “contro la guerra e per la pace”, al cui interno è sempre più urgente e necessario raccogliere tutte le soggettività democratiche, pacifiste e antimilitariste, avanzate, desiderose di impegnarsi su parole d’ordine chiare e piattaforme di mobilitazione credibili. La frammentazione di questo campo sociale e politico, l’assenza di un referente politico organizzato autorevole, conseguente e con una significativa base di massa, l’incompiuta sinergia con il movimento dei lavoratori e delle lavoratrici, senza il quale è velleitario immaginare una proposta, da sviluppare sul terreno del conflitto sociale, capace di affermarsi in maniera incisiva; ma anche il silenzio dei maggiori organi di informazione (esemplare il caso del vero e proprio oscuramento mediatico subito dai referendum contro la guerra, la cui raccolta delle firme è in corso) e le difficoltà di mobilitare su parole d’ordine emergenti e unificanti sono solo alcuni dei motivi di questa debolezza del movimento.
Sempre più urgente diventa dunque la ripresa di un ampio movimento “contro la guerra e per la pace” e di un pieno coinvolgimento dei lavoratori e delle lavoratrici contro la guerra, contro la NATO e contro l’imperialismo: contro l’invio di armi in Ucraina, contro le sanzioni alla Russia, contro la militarizzazione del nostro Paese, a partire dalle scuole e dalle università, contro l’aumento delle spese militari e contro le basi e le servitù militari USA e NATO. Per la pace, per un cessate-il-fuoco e la riapertura di spazi per il dialogo e la soluzione politica del conflitto, per un diverso ruolo dell’Italia nel Mediterraneo e nel mondo, per la riapertura del dialogo e una nuova politica di cooperazione internazionale; per una politica internazionale autonoma, la ratifica del TPAN, il Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari, e una politica economica alternativa, per il salario minimo legale, il ripristino della scala mobile, la nazionalizzazione dei comparti fondamentali della produzione, la lotta contro il carovita, per una programmazione democratica e sociale delle produzioni e dell’economia.
La guerra, nelle sue implicazioni esterne e interne, come violazione della pace e minaccia alla sicurezza e alla libertà dei popoli, come agente della militarizzazione e vettore di soluzioni politiche di contenimento degli spazi democratici e di impoverimento delle masse popolari, e la pace, nel senso della pace positiva, pace come affermazione di diritti, progresso, giustizia sociale, sono dunque i temi di una prossima assemblea pubblica che si terrà a Napoli, giovedì 22 giugno 2023, presso gli spazi di GalleriArt, in Galleria Principe, con il titolo “L’Italia proletaria ripudia la guerra”, un contributo alla ripresa e al rilancio del movimento per la pace e contro la guerra, con il pieno coinvolgimento delle forze sociali più avanzate, nel nostro Paese.
Riferimenti:
Nuovo concetto strategico NATO (1999):
https://www.studiperlapace.it/view_news_html?news_id=natoconcept99
G7 Open Societies Statement (2021):
https://www.consilium.europa.eu/media/50364/g7-2021-open-societies-statement-pdf-355kb-2-pages.pdf
Una bussola strategica per la sicurezza e la difesa (2022):
https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-7371-2022-INIT/it/pdf
“I pericoli della ‘guerra per procura’ in Ucraina”, Affari Internazionali, 28 aprile 2022:
https://www.affarinternazionali.it/i-pericoli-della-guerra-per-procura-in-ucraina
La posizione della Cina sulla soluzione politica della crisi ucraina (2023):
https://www.mfa.gov.cn/eng/zxxx_662805/202302/t20230224_11030713.html
“Indonesia suggests peace plan for Russia-Ukraine War; EU criticises”, The Hindu, 3 giugno 2023:
“Consigliere di Zelensky afferma che la risoluzione del conflitto ucraino "non è al livello" dei paesi africani”, L’Antidiplomatico, 19 giugno 2023:
SIPRI’s research on arms and military spending:
https://www.sipri.org/research/armament-and-disarmament/arms-and-military-expenditure
I quesiti referendari: