L’ambasciatore siriano all’ONU parla del terrorismo e del funzionamento degli organismi internazionali

Le dichiarazioni di Bashar Al Jaafari nel contesto del vertice dei paesi non allineati


L’ambasciatore siriano all’ONU parla del terrorismo e del funzionamento degli organismi internazionali

Credo che l’obiettivo della Città Futura non sia quello di rincorrere gli ultimi avvenimenti, ma quello di riflettere sugli eventi che sono trascurati o completamente dimenticati dai mass media egemonici. È questo il caso del XVII vertice dei paesi non allineati, tenutosi tra il 13 e il 18 settembre nell’isola Margarita in Venezuela, che ha assunto la presidenza dell’organismo dopo l’Iran nei prossimi tre anni. Tale dimenticanza è stata sottolineata da Geraldina Colotti in un articolo del 15 settembre la quale ha dedicato all’avvenimento anche articoli successivi. I punti rilevanti del documento finale, steso alla conclusione dell’incontro, sono riportati anche nel sito dell’associazione Marx XXI; documento nel quale si indica una serie di linee di azione per il futuro, tra le quali menzioniamo la volontà di procedere alla rifondazione dell’ONU, di fomentare la democratizzazione della comunicazione sociale, di difendere la pace, favorendo la risoluzione dei conflitti per via diplomatica.

I paesi non allineati rappresentano il 55% della popolazione mondiale e si richiamano alla Conferenza afroasiatica di Bandung, tenutasi nel 1955, nella quale i fondatori del movimento si espressero contro il colonialismo e si coalizzarono per combattere la povertà e il sottosviluppo.

Quanto al risultato dell’iniziativa, sostenuta dal Venezuela e dal suo presidente Nicolás Maduro, le informazioni sono di segno diverso. C’è chi parla di successo e chi, invece, ne sottolinea il fracaso, giacché al vertice avrebbero partecipato solo 15 dei presidenti dei 120 paesi invitati. Evidentemente tale giudizio, espresso dagli oppositori di Maduro, esprime fastidio e preoccupazione suscitati dalla possibilità che si consolidi un sistema di relazioni internazionali fondato sulla multipolarità, che rafforzerebbe la Repubblica Bolivariana fondata da Hugo Chávez.

Per stabilire quale sia la valutazione più adeguata di tale evento occorre tenere conto del fatto che il Movimento dei paesi non allineati (MNOAL) comprende organismi politici assai diversi come, per esempio, Cuba, il Venezuela, la Bolivia, l’Azerbaijan, la Bielorussia, la Giordania, la Corea del nord, l’Arabia Saudita [1], il cui viceministro degli esteri ha partecipato alla cumbre, esprimendo il suo sostegno alla causa palestinese. Aggiungo, inoltre, che la Cina e il Brasile aderiscono come paesi osservatori. Tale eterogeneità dovrebbe farci interrogare sull’identità degli intenti dei firmatari dichiarata nel documento finale. Eterogeneità messa in evidenza anche dalla Colotti, la quale segnala gli interessi contraddittori e conflittivi emersi nel dibattito tenutosi nell’isola Margarita.

Nonostante questi temi siano di grande rilevanza, in questo breve intervento non mi occuperò di tale significativa riunione, rimandando agli ottimi articoli di Geraldina Colotti; preferisco concentrarmi su un aspetto ancora più marginale, dal punto di vista massmediatico, e per questo più significativo: la conferenza stampa data dall’ambasciatore siriano presso l’ONU Bashar Al Jaafari nel contesto del vertice. E ciò perché le parole dell’ambasciatore indicano in maniera chiara e netta cosa sta dietro al fenomeno del terrorismo e, allo stesso tempo, illuminano la doppia faccia di quelle potenze, anche incorporate nel MNOAL, che dichiarano di volerlo combattere. Infatti, a una domanda fattagli da una giornalista, egli ha risposto che alcuni paesi appartenenti a tale organismo finanziano movimenti terroristici in vari paesi, quali Siria, Iraq, Libano, Egitto, Ciad, Nigeria etc.; ha aggiunto che ciò è a tutti noto e che ha inviato 650 note ufficiali al Segretario generale e al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite su questo problema dall’inizio della crisi siriana. In tali note erano contenute prove dell’appoggio dato da paesi, che si muovono a livello regionale e internazionale. Ha indicato i paesi che finanziano il terrorismo in Siria e in Iraq, identificandoli nel Qatar, Turchia, Arabia Saudita, Giordania e Israele. Il Qatar pagherebbe le cure che vengono somministrate ai terroristi feriti accolti in Israele, il quale avrebbe contatti diretti con quelli che operano nel sud della Siria. Ha accusato, inoltre, gli Stati Uniti, la Francia e l’Inghilterra di essere le potenze pianificatrici del fenomeno, operando dietro le quinte. E ha aggiunto che ad Amman è stata costituita una sala operativa, che intraprende iniziative e tiene sotto controllo quanto avviene nella regione. Lavorano in tale organismo membri dell’intelligence statunitense, britannica, francese, saudita, turca, giordana e israeliana.

A parere di Al Jaafari i paesi occidentali, presenti nel Consiglio di sicurezza dell’ONU, sono degli ipocriti, giacché hanno approvato 13 risoluzioni per combattere il terrorismo, la cui prima clausola dà sostegno all’indipendenza, sovranità e integrità della Repubblica di Siria, ma di fatto operano in senso contrario. D’altra parte, essi controllano la presa delle decisioni nell’ambito dell’organismo internazionale, giacché i posti chiave stanno nelle loro mani. Per esempio, l’incaricato degli affari politici è statunitense, quello per le questioni umanitarie è inglese, le operazioni di pace sono affidate a un francese, mentre il responsabile dei diritti umani è un giordano. A suo dire, questi personaggi impediscono che le risoluzioni prese per combattere il terrorismo in Siria siano rese operative. Queste considerazioni inducono l’ambasciatore siriano ad auspicare la ristrutturazione dell’ONU e dei suoi organismi decisionali per far sì che il processo di formulazione delle risoluzioni e della loro messa in pratica non sia monopolizzato dalle potenze occidentali e dai loro stretti alleati. Tale auspicio corrisponde all’impegno indicato nel documento finale adottato dai vari paesi presenti in Venezuela.

Al Jafaari ha poi sottolineato che i mezzi di comunicazione di massa occidentali chiamano Stato islamico il Daesh, mentre esso non è né Stato né islamico, e che i documenti del Consiglio di sicurezza lo definiscono un’organizzazione terroristica. In questi stessi documenti le altre organizzazioni terroristiche sono definite “agenti senza Stato”, e in particolare i terroristi operanti in Siria sono chiamati “opposizione armata moderata”. E tutto ciò in contraddizione con l’atteggiamento che adottano le potenze occidentali quando dei terroristi colpiscono obiettivi nei loro territori (come negli Stati Uniti, in Francia e in Belgio), provocando stragi sanguinose. In questo caso i leader di questi paesi parlano a chiare lettere di terrorismo ed esprimono una condanna netta e dura, proclamando che esso sta attaccando l’Occidente nei suoi stessi fondamenti.

Infine, Al Jafaari ha detto di sperare che i paesi aderenti al MNOAL rispettino e mettano in pratica i vari punti dell’accordo raggiunti, manifestando dunque qualche perplessità sul futuro.

Le dichiarazioni dell’ambasciatore siriano, che successivamente ha anche denunciato l’attacco statunitense all’esercito siriano di pochi giorni fa seguito da un’iniziativa dei terroristi [2], mostrano come le due categorie del “successo” e dell’”insuccesso” siano inadeguate per comprendere l’esito del vertice dei paesi non allineati. Infatti, il fenomeno del terrorismo e la politica concreta adottata dai paesi menzionati dall’ambasciatore siriano fanno pensare ad un’adesione di facciata di taluni agli impegni presi nel vertice. Da ciò si può ricavare che questo significativo avvenimento – come ogni altro fatto storico – costituisce il risultato di tendenze contraddittorie e conflittuali e che il gioco complesso tra molteplici fattori determinerà quale di queste sarà vittoriosa. In questo senso, la vittoria della tendenza autenticamente innovatrice potrà dare un contributo a quel complesso processo, dal quale – in seguito al declino statunitense e all’emergere di altre potenze a livello internazionale – potrebbe scaturire un mutamento dei rapporti di forza e l’affermarsi del multipolarismo. E ciò – lo speriamo – potrebbe dare impulso alla costruzione di un assetto mondiale più equilibrato e bilanciato, nel quale i gravi problemi dell’umanità potrebbero trovare una soluzione, sia pure non a breve termine.

Note:

[1] La sua posizione è alquanto ambigua, dato il suo stretto legame con gli Stati Uniti e con l’Occidente, condiviso da paesi quali l’Egitto, la Giordania e gli Stati del golfo. Probabilmente la sua presenza si deve al fatto che del movimento fanno parte altre potenze a lei circonvicine come la Siria e l’Iran, la cui influenza il regime saudita intende controbilanciare.

[2] Secondo Al Jafaari tale susseguirsi di eventi mostrerebbe l’esistenza di una coordinazione tra gli Stati Uniti e il Daesh.

01/10/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Alessandra Ciattini

Alessandra Ciattini insegna Antropologia culturale alla Sapienza. Ha studiato la riflessione sulla religione e ha fatto ricerca sul campo in America Latina. Ha pubblicato vari libri e articoli e fa parte dell’Associazione nazionale docenti universitari sostenitrice del ruolo pubblico e democratico dell’università.

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