Il Kenya tra debito pubblico e repressione

In Kenya sono scoppiate le proteste contro la legge finanziaria 2024-2025. William Ruto, presidente del Paese, non l’ha firmata ed ha licenziato quasi tutti i ministri per formare un governo di larghe intese. Il Kenya è uno dei Paesi africani coinvolti nel Piano Mattei per l’Africa del governo Meloni.


Il Kenya tra debito pubblico e repressione

A Nairobi, capitale del Kenya, il 25 giugno si sono avute forti manifestazioni di protesta contro la legge finanziaria 2024-2025 approvata dal parlamento ma non firmata da Presidente, William Ruto. Una parte del parlamento è stato dato alle fiamme ed è stato il più violento attacco alle istituzioni da decenni. Migliaia di persone sono scese in strada per chiedere al governo di non approvare la nuova legge in quanto rappresentava un programma di nuovi aumenti delle tasse su diversi beni primari.

La nuova legge di bilancio era stata voluta dal presidente William Ruto, ma è stata ritirata quasi in tempo reale con lo svolgersi delle proteste, che hanno determinato una vittoria per i manifestanti. Le violente manifestazioni hanno visto i cittadini kenyoti assaltare il palazzo del Parlamento contro questa controversa riforma del bilancio dello Stato. Ruto dopo aver ascoltato i manifestanti ha dichiarato che non voleva più questa legge e non l’ha firmata. La legge è stata ritirata mentre le forze di sicurezza schierate a protezione del Parlamento e del palazzo presidenziale si sono scontrate con i dimostranti sparando candelotti lacrimogeni.

Dimostrazioni analoghe si sono avute anche in altre città, come Mombasa e Kisumu. Il Paese è in una pesante condizione debitoria, anche se l’economia keniana ha dato segnali di ripresa con una tasso di crescita nel 2023 del 5,6%, dovuto al settore agricolo, in seguito alle piogge abbondanti dopo diversi anni di siccità, e a quello dei servizi, come il turismo. Anche l’inflazione ha registrato un calo: nel maggio 2024 era al 5,1%.

Ci sono stati morti e feriti nelle manifestazioni, ma si è tentato di minimizzare. I numeri della protesta sono stati resi noti da un rapporto della Commissione nazionale keniana per i diritti umani (Knchr) che ha smentito le cifre ufficiali delle vittime negli scontri e ha documentato che si sono avuti almeno 39 morti e 361 feriti. La presidente della Knchr, Roseline Adede, durante la conferenza stampa ha affermato che “la Commissione continua a condannare nei termini più forti possibili la violenza ingiustificata inflitta ai manifestanti, al personale medico, agli avvocati, ai giornalisti e a luoghi come le chiese, i centri di emergenza medica e le ambulanze”. I numeri aggiornati della Commissione contraddicono le cifre ufficiali rese note dalla polizia e da fonti del Governo. Il presidente William Ruto aveva citato solo 19 persone morte durante le proteste. Anche il numero degli arresti, secondo le Ong per la difesa dei diritti umani, è stato altissimo e molti di questi sono stati eseguiti ancor prima dell'inizio delle dimostrazioni. Parte della stampa locale accusa le forze dell'ordine di aver attuato veri e propri rapimenti, in particolare di attivisti e influencer di quella che è nota come la Generazione Z, i quali hanno alimentato la protesta via social e tramite i media online.

La repressione in Kenya c’è stata ed è stata di alto livello. La contraddizione è grande in quanto, essendo l’economia del paese in ripresa, non era il caso di fare una legge finanziaria lacrime e sangue. In quello che è stato il disegno della legge finanziaria 2024-2025 il governo keniano voleva raccogliere 2,7 miliardi di dollari tramite tasse aggiuntive per ridurre il deficit di bilancio e l’indebitamento, ma dopo le proteste questo disegno di legge è stato bloccato. Il Presidente Ruto lo aveva redatto su pressione del FMI e doveva diventare la cosiddetta “Finance Bill”, ossia “disegno di legge sulle finanze pubbliche” che prevedeva l’introduzione di nuove tasse con taglio della spesa pubblica per una cifra complessiva di 2,7 miliardi di dollari. Il disegno di legge era arrivato in terza lettura ed era in attesa della sola firma del Presidente, per questo martedì 25 giugno, al culmine delle proteste, i manifestanti sono arrivati ad assaltare il parlamento.

Ruto, successivamente, ha licenziato quasi tutti i suoi ministri per formare un governo di larghe intese. Oltre al Capo della polizia anche il procuratore generale Justin Muturi è stato esonerato dalle sue mansioni con effetto immediato. Ruto ha annunciato anche lo scioglimento di 47 società statali con funzioni sovrapposte per risparmiare denaro ed ha bloccato i fondi per l’ufficio della First Lady, Rachel. I manifestanti hanno accusato i ministri di incompetenza e arroganza e hanno contestato gli sfarzosi stili di vita dei deputati, mentre la popolazione è costretta a combattere giornalmente per sopravvivere:  “le tasse sono troppo alte e il costo della vita è in continuo aumento”. Anche se Ruto ha accantonato la controversa proposta di legge finanziaria, i giovani stanno continuando a protestare contro l’inadeguata governance del Paese. Si tenga conto che l’economia in Kenya è complessa e un governo di larghe intese non è sicuro che potrà rimodulare in breve un equilibrio economico accettabile. Il debito pubblico ammonta a circa 10.000 miliardi di scellini, equivalenti a 71 miliardi di euro, e il bilancio 2024-25, che è stato ritirato, prevedeva una spesa pubblica di 4.000 miliardi di scellini, ovvero a 29 miliardi di euro, e questa è stata un record nella storia economica del Paese. La spesa pubblica dovrà necessariamente essere riconsiderata in ragione del debito pubblico. Il debito pubblico del Kenya è pari al 68% del PIL, superiore al 55% del PIL raccomandato dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale. ll Fondo monetario internazionale aveva sollecitato il governo a tagliare il deficit per ottenere maggiori finanziamenti. E con la finanziaria ritirata, questo è un grosso problema per ricevere prestiti.

In pratica Ruto si è trovato in una situazione difficile per le richieste contrastanti degli  istituti di credito, come il Fondo Monetario Internazionale, e della popolazione, in obiettiva difficoltà economica. Si tenga conto che le misure proposte comprendevano nuove imposte su beni di prima necessità, come pane, olio vegetale e zucchero, e una nuova tassa di circolazione per i veicoli a motore da pagare annualmente, fissata al 2,5% del valore dell’auto. Era stata presa in considerazione anche una tassa ecologica sulla maggior parte dei prodotti manifatturieri, sebbene gli assorbenti igienici e i pannolini fossero stati esentati in un precedente adeguamento legislativo. Il disegno di legge proponeva di aumentare le imposte sulle transazioni finanziarie.

Questo è il quadro economico-politico del Kenya tra debito pubblico e repressione poliziesca in cui si inseriscono i progetti del governo italiano. Com’è noto il Piano Mattei coinvolge anche questo Paese dell’Africa. Tale piano è un progetto strategico di diplomazia, cooperazione, sviluppo e investimenti italiani per rafforzare e rinnovare i legami con questo continente. Dal punto di vista strutturale è un progetto complesso e articolato, le cui differenti ramificazioni verso i Paesi interessati dovranno ancora essere delineate in maniera dettagliata. Al momento, per quel che sappiamo, sono interessati nove Paesi africani che sarebbero coinvolti in progetti pilota: Marocco, Tunisia, Algeria, Egitto, Costa d’Avorio, Etiopia, Kenya, Repubblica democratica del Congo e Mozambico.

Come si vede il Kenya è stato coinvolto in questo progetto, ma niente di più preciso si sa. Sappiamo solo che ci sarà una cabina di regia a guidare il progetto, presieduta dalla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, dal Ministro degli Esteri, da tutti i ministri coinvolti nei progetti e dai dirigenti delle aziende pubbliche e delle istituzioni che collaborano al progetto. Questa cabina di regia dovrà produrre una relazione annuale per tutta la durata del progetto, che sarà quinquennale, con possibilità di rinnovo. I pilastri principali sui quali si vuole concentrare l’azione sono, come dichiarato: Istruzione, Agricoltura, Salute, Energia, Acqua. L’obiettivo generale è quello di costruire una linea di cooperazione che, a detta proprio della Meloni, si dovrà distanziare da quell’approccio predatorio che ha costituito fino ad ora il rapporto tra Occidente e Stati Africani. Però, durante la presentazione del progetto al Senato, il nuovo modus operandi annunciato dalla presidente del Consiglio è stato subito contraddetto dal presidente dell’Unione Africana, Moussa Faki, che ha sottolineato come avrebbe voluto essere consultato nella costruzione del progetto. Questa è una testimonianza che indica come, fino ad ora, non vi sia stato un coinvolgimento diretto dei paesi interessati. Ora ci si chiede quale ruolo potrebbe avere il Kenya in questo Piano Mattei, che ha avuto anche l’approvazione al recente incontro dei G7

Premetto che non credo che la politica degli aiuti internazionali risolverà i problemi dell'Africa in quanto sono decenni che viene applicata e non produce risultati apprezzabili, ma aumenta soltanto i profitti delle multinazionali impegnate. Se si volesse dare realmente un supporto concreto a queste nazioni si dovrebbe agire sul debito cancellandolo e di questo non se ne parla mai nei meeting internazionali. Il ruolo che il Kenya potrebbe avere in questo Piano Mattei potrebbe essere quello di diventare un laboratorio di ricerca economica di come un paese dell'Africa equatoriale, che si trova in crisi economica, possa rimodulare il suo sviluppo per uscire dalla crisi partendo dalle sue attività soprattutto agricole, ma purtroppo è solo teoria in quanto il Piano Mattei si colloca nel tentativo dell'imperialismo occidentale di recuperare terreno in Africa dove sono sempre più presenti russi e cinesi (e turchi in Nord Africa) che offrono condizioni molto più vantaggiose ai Paesi africani. Si tenga conto che il Kenya è attraversato dall'equatore, che com’è noto interessa le terre e/o i mari di 13 territori quali São Tomé e Príncipe, l'isola di Ilhéu das Rolas, Gabon, Repubblica del Congo, Repubblica Democratica del Congo, Uganda e Somalia. Questi territori come il Kenya hanno quasi tutti la necessità di avere una gestione di rilancio dell'economia e il Piano Mattei potrebbe essere uno strumento in quanto, come dichiarato, non è soltanto strutturato sul rilancio della diplomazia ma anche sulla ricerca. Quindi, se si avviassero delle ricerche su quelle aree della Savana caratterizzate da una stagione secca e da una stagione umida che verso le linee dell'equatore sono pressoché desertiche, si avrebbero i limiti entro i quali si potrebbero fare investimenti agricoli sul territorio, ovviamente queste, sono soltanto un'ipotesi di fare investimenti in ricerca sul territorio. Il Kenya non ha le possibilità finanziarie in questa fase per fare investimenti di ricerca su questi territori e un aiuto internazionale potrebbe creare delle sinergie, ma purtroppo nella fase in corso il Piano Mattei ha soltanto un ruolo di pubblicità del governo Meloni. Nonostante la crisi del Kenya sia stata all'attenzione dei media internazionali, la comunità internazionale non ha avuto interesse a rilasciare dichiarazioni presentando progetti di sviluppo. Se si volesse aiutare il continente africano si dovrebbe favorire lo sviluppo di industrie per la lavorazione in loco dei beni agricoli, si pensi al caffè o al cacao che in gran parte viene lavorato all'estero. L'Africa proprio in questo caso è soltanto un fornitore di materie prime a basso costo, mentre il valore aggiunto sulla merce lavorata viene ottenuto dalle industrie occidentali che comprano queste merci a basso costo, le lavorano e le rivendono facendo lauti profitti.

Il Kenya si trova in una condizione economica-finanziaria difficile e ritrovare un equilibrio economico non sarà per nulla facile; tuttavia se realmente ci fossero investimenti con progetti internazionali sul settore dell’agricoltura il Paese potrebbe avere maggiori possibilità di superare la crisi economica in corso. Si ricorda che  l'agricoltura è il pilastro dell'economia del Kenya e contribuisce, direttamente, per il 24% del Pil del paese. Il settore rappresenta il 65% del totale delle esportazioni del Kenya e fornisce oltre il 70% del lavoro che si svolge nelle aree rurali. Certo è vero che la maggioranza dei contadini pratica un'agricoltura di sussistenza, poco redditizia, però i prodotti principali - ovvero mais, miglio, sorgo e riso - sono richiesti a livello mondiale ed esiste anche una ben sviluppata agricoltura delle piantagioni, che è  molto produttiva. Le principali piantagioni sono quelle del caffè, del tè, del tabacco, della canna da zucchero e del piretro. L’equilibrio economico di un paese, soprattutto in un mondo globalizzato come il nostro, è sempre in sintonia con le scelte che si fanno non solo all’interno del paese ma anche nelle aree continentali che lo comprendono. 

29/07/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

Condividi

L'Autore

Felice di Maro

Pin It

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

Newsletter

Iscrivi alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato sulle notizie.

Contattaci: