Il Canada viene generalmente rappresentato dal pensiero unico dominante come un vero e proprio modello di democrazia. Anzi, i sinceri democratici statunitensi, dinanzi alla sistematica violazione nel loro paese dei princìpi fondamentali della democrazia, tendono a idealizzare il modello canadese, quasi si trattasse di un ideale regolativo cui tendere, senza poterlo mai davvero raggiungere.
L’ideologia dominante, però, non si interroga su che tipo di democrazia sia quella canadese e, più nello specifico, non si interroga se si tratti di un modello maggiormente analogo alla democrazia antica o alla moderna. Come è noto, la democrazia antica era fondata sulla schiavitù, la moderna sulla libertà formale degli individui e sulla reale schiavitù del lavoro salariato. Ora, se si citasse in giudizio la “democrazia reale” canadese davanti all’unico reale tribunale dove è possibile giudicare gli Stati, ossia il tribunale della Storia universale, il Canada sarebbe certamente considerato un modello esemplare della così detta democrazia per il popolo dei signori, ovvero la Herrenwolk democracy. Si tratterebbe, da un punto di vista storico, di un modello più simile alla democrazia antica, quella fondata sulla schiavitù, anche se in essa sono naturalmente presenti gli aspetti che rendono la democrazia borghese una forma di dittatura di classe nei confronti delle classi subalterne.
Per altro la democrazia reale canadese storicamente appare decisamente più vicina al modello di Sparta che a quello ben più famoso e celebrato di Atene. In quest’ultimo, come è noto, dalla democrazia erano escluse le donne, i non nati ad Atene, gli schiavi (in generale stranieri) e i lavoratori salariati più umili, come quelli impiegati nelle miniere. Nel modello spartano abbiamo un caso più esemplare della democrazia per il popolo dei signori, ossia per le popolazioni doriche più violente che provenendo dal nord avevano con la forza e la spietatezza ridotto in uno stato di servitù i perieci e in uno stato di schiavitù gli iloti, ovvero le popolazione autoctone del Peloponneso. In tale modello razzista le donne del popolo dei signori spartano godevano di molti più diritti delle donne ateniesi, spesso considerate anche dai massimi intellettuali del tempo più simili agli animali o agli schiavi che ai “veri uomini”.
Anzi, sotto diversi aspetti, il modello canadese è più assimilabile al modello della democrazia per il popolo dei signori statunitense, fondato sul genocidio degli autoctoni, e non a caso assunto come modello dai nazionalsocialisti. Di tale spaventoso genocidio, essendo opera di europei cristiani e liberali, l’ideologia dominante non parla praticamente mai. Tuttavia, i crimini che furono perpetrati sono stati talmente spaventosi e si sono protratti così a lungo nel tempo che alcuni aspetti, i più recenti, di tale genocidio non riescono a rimanere del tutto celati e in rarissime occasioni tendono a riemergere. Nonostante gli spaventosi dati che sono stati ampiamente documentati da pochi coraggiosi storici controcorrente, la democrazia reale canadese non si è mai sognata di istituire un tribunale in grado di giudicare, come a Norimberga, i propri crimini contro l’umanità, individuando responsabili, complici e mandanti. Anzi, dinanzi a questo terrificante genocidio, la “democratica” società canadese si è sostanzialmente auto-assolta, limitandosi a qualche scusa di circostanza.
In particolare, non è stata completamente obliata la vicenda delle leggi razziali e dell’assimilazione forzata di circa un terzo della popolazione autoctona, sopravvissuta ai precedenti massacri. Tutti i bambini di due delle più importanti tribù canadesi furono strappati con la violenza alle loro famiglie, da cui saranno per sempre separati e rinchiusi in dei veri e propri lager, naturalmente gestiti da membri del clero cristiano, le famigerate Residential school, due su tre cattoliche romane, dipendenti direttamente dalla “santa” sede. Da questo punto di vista si potrebbe parlare di “democrazia cristiana reale” o, più semplicemente, di “cristianesimo reale”.
Si calcola che in tali “scuole di concentramento” siano stati rinchiusi fra il 1883 e il 1996 almeno 150.000 bambini strappati con la violenza alle loro famiglie e ai loro popoli. Durante il primo ventennio tali scuole “religiose”, che avrebbero dovuto cristianizzare e civilizzare i figli dei “selvaggi” autoctoni, si rivelarono una via di mezzo fra un campo di concentramento e un campo di sterminio, visto che vi persero la vita poco meno della metà dei bambini internati forzatamente. Naturalmente, si tratta di dati da prendere con le pinze visto che furono forniti dagli aguzzini e non certo dalle vittime. Ad esempio il Montreal Star, quotidiano dei coloni del tempo, nel 1907 calcolava che almeno il 40% dei bambini internati nel ventennio precedente nelle scuole religiose avesse perso la vita.
Le cose non erano destinate a migliorare nei decenni seguenti. Secondo il rapporto di un medico dei coloni, nel primo ventennio del secolo scorso, moltissimo bambini nativi strappati alle famiglie vennero sistematicamente soppressi nelle scuole cristiane, tanto che al loro interno in questo periodo il tasso di mortalità, sempre secondo le stime dei coloni, variava da un minimo di un bambino morto ogni tre, a sei bambini deceduti su dieci, ossia più della metà. Il metodo maggiormente utilizzato per questa replica in grande della strage degli innocenti era la pratica corrente di inserire, fra i bambini sani, dei malati di tubercolosi, lasciando i bambini, che venivano infettati, privi di ogni tipo di cura.
Le scuse ufficiali del governo canadese sono giunte con circa un secolo di ritardo e ben dodici anni dopo che tali scuole di concentramento e sterminio furono chiuse, ovvero poco più di dieci anni fa. Mentre soltanto quest’anno a una minima parte dei morti in questo genocidio, ossia a 28.000 bambini, è stato almeno restituito il nome, anche se le loro salme, occultate chissà dove, non sono in nessun caso state individuate e restituite ai loro cari.
Naturalmente al numero spaventoso di bambini morti, andrebbero aggiunte le sistematiche violenze subite dai sopravvissuti, moltissimi dei quali furono stuprati e in seguito resi sterili, per non consentire la riproduzione di questa “razza di selvaggi”. Naturalmente dietro a questi crimini vi erano al solito motivi di ordine strutturale, ovvero economici. In effetti la legge dei coloni canadesi dava agli istituti religiosi insieme alla tutela dei bambini strappati ai nativi, i diritti di proprietà sulle terre lasciate come riserve a questi ultimi. Trucidando, facendo ammalare o semplicemente lasciando morire questi bambini, gli istituti religiosi potevano lucrare vendendo le residue terre dei nativi alle multinazionali, interessate a portare a termine il depredamento delle risorse degli autoctoni, a cominciare dal legname, contribuendo così alla devastazione dell’ambiente vitale per gli esseri umani. Un capitolo a parte, degno degli abomini dei lager nazisti, riguarda l’utilizzo dei bambini come cavie umane, che i religiosi fornivano ai militari per i loro criminali esperimenti, con sostanziale silenzio-assenso del governo civile.
Per altro le leggi razziali del diciannovesimo secolo, introdotte sempre dagli europei liberali e cristiani, prima fra tutte la Federal Indian Act – che statuisce l’inferiorità morale e legale dei nativi rispetto agli invasori e ai loro discendenti – è tutt’ora in vigore, dal momento che la “democrazia reale” canadese si è ben guardata dall’abrogarla. Allo stesso modo, non è stata abrogata la legge per la sterilizzazione forzata degli autoctoni, entrata in vigore nel 1933, che ha portato alla sterilizzazione di massa dei bambini indigeni non appena raggiungevano la pubertà, ed è ancora in vigore nella British Columbia.
Per altro persino Amnesty International ha documentato e denunciato come, ancora ai nostri giorni, diverse donne native incinte, vengono in modo subdolo sterilizzate, contro la loro volontà, legando le tube alle ignare pazienti negli ospedali canadesi. Per non parlare del numero di stupri e omicidi delle donne native, in massima parte opera dei discendenti dei conquistatori, con percentuali nettamente superiori a quelle subite dalle donne del popolo dei signori.
Per altro i nativi canadesi non riescono a vivere in pace nemmeno ai giorni nostri nelle inospitali riserve in cui sono stati sostanzialmente reclusi dal governo “democratico” occupante. La brama di profitto di pochissimi non conosce limiti nelle “democrazie reali” e così i territori in cui sono confinati i nativi sono sempre più spesso attraversati da maga gasdotti, come l’ultimo in ordine temporale che dovrebbe attraversare l’intera Columbia Britannica.
L’insediamento dell’industria petrolifera ed energetica nei territori indigeni ha spaventosamente incrementato il numero di donne native scomparse e uccise. Le native canadesi, come le statunitensi, non essendo tutelate da un sistema giudiziario spesso connivente e, comunque, inadeguato, divengono facili prede dei coloni maschi impiegati nelle multinazionali petrolifere. Per quanto riguarda gli Stati uniti, dove almeno si è tentato di censire il numero dei casi, si è calcolato che circa l’ottanta per cento delle donne native ha subito violenze e almeno una su due è rimasta vittima di abusi sessuali da parte di maschi non nativi.
Gli autoctoni canadesi che hanno provato a resistere a questa ennesima usurpazione delle loro terre natie, hanno subito delle violentissime repressioni da parte della “democratica” polizia canadese, rese possibili da un sistema giudiziario che tende a etichettare come estremista qualsiasi nativo che partecipi alle proteste. Tanto che una delle recenti vittime della violenta repressione della polizia coloniale ha affermato: “non sorprende molto se il Canada alla fine desidera perseguire la propria agenda di ricerca di profitti e ricchezza, a spese della vita e dei diritti umani”. Il problema, di fondo, resta sempre lo stesso, la democrazia per il popolo dei signori si fonda proprio sul mancato riconoscimento dello statuto di esseri umani agli esclusi dalla “democrazia reale”.