Come la classe lavoratrice è stata messa da parte

Nessun partito in Gran Bretagna parla, o si appella più, alla classe lavoratrice.


Come la classe lavoratrice è stata messa da parte

NOTA DELLA REDAZIONE: Lo sganciamento tra gli storici partiti politici di sinistra e la classe lavoratrice è un fenomeno storico di grande portata che ha investito tutte le realtà occidentali. Molti osservatori interessati, tirando un sospiro di sollievo, hanno colto la palla al balzo per annunciare frettolosamente la fine delle classi sociali come entità politica collettiva. Uno dei compiti che abbiamo, dunque, è proprio quello di capire la parabola politica della classe lavoratrice e dei suoi partiti di riferimento. Per questo proponiamo la traduzione di una recensione a firma di James Heartfield del libro “The New Politics of Class: The Political Exclusion of the British Working Class”, di Geoffrey Evans e James Tilley, apparsa su Spiked Review.

Come giustamente ricorda Heartfield, le motivazioni del consistente voto operaio per la Brexit non possono essere ridotte solo ad un suo ri-orientamento a destra. Vale qua la pena di ricordare come la Città Futura abbia già presentato le posizioni politiche del Workers Party, partito di classe inglese che ha convintamente fatto campagna per la Brexit. Stiamo inoltre curando per la pubblicazione un approfondimento della questione sindacale nella campagna pro-Brexit a firma di Doug Nicholls, sindacalista inglese, che apparirà in uno dei prossimi numeri. Buona lettura!


I professori scienze politiche ad Oxford, James Tilley e Geoffrey Evans, hanno scritto un accurato studio, basato su dettagliati risultati elettorali, sondaggi e altre analisi statistiche, su come le classi sociali e i voti per i partiti politici interagiscono tra loro. La loro principale tesi è che il sistema dei partiti politici ha teso a scansare gli elettori appartenenti alla classe lavoratrice.

Come essi mettono in luce, c’è stato un cambiamento piuttosto evidente dagli anni ‘60, quando la politica elettorale era prima di tutto indirizzata verso la classe lavoratrice (sulla base della consapevolezza che questa classe era la più numerosa tra le classi e quindi quella fondamentale per la vittoria). Negli anni ‘90 si ha lo spostamento verso i più recenti modelli politici, che si contendono il centro e il voto della classe media. Ad aleggiare sull’intero studio, pertanto, sono le figure di Tony Blair e Peter Mandelson, architetti della transizione del Partito Laburista da un partito che si appellava alla classe lavoratrice, ad uno – il New Labour – che ha abbandonato, tra il 1995 e il 2015, i suoi elettori di riferimento per inseguire le nuove classi medie dei professionisti.

Evans e Tilley esaminano le affermazioni secondo cui non esiste più separazione tra classe lavoratrice e classe media, concludendo che quelle non corrispondono al vero. Molti hanno sostenuto che la ragione della morte della politica di classe è che la vecchia classe lavoratrice non esiste più, che essa è diventata così parcellizzata che non c’è più confine tra essa e la classe media, e che l’identificazione costruita sulla base dei valori è più importante di quella basata sulla classe sociale di appartenenza.

Con grande attenzione, Evans e Tilley mostrano che i lavoratori si identificano fortemente nella classe lavoratrice, più di quanto hanno fatto per decenni. Inoltre, le persone delle classi lavoratrice e media sono molto consapevoli della divisione di classe, e, a seconda della propria appartenenza, sono consapevoli delle disuguaglianze sociali. Gli autori, poi, evidenziano che tra le classi ci sono delle differenze nette riguardo il modo di vedere le cose.

La ricerca di Evans e Tilley è stata completata quando, nel giugno 2016, la Gran Bretagna ha votato per abbandonare l’Unione Europea. Parecchi scienziati sociali hanno provato ad opporsi alla ovvia conclusione che il voto per la Brexit sia stato una espressione del malcontento della classe lavoratrice. Evans e Tilley non sono tra questi. Essi sostengono che “Il voto per la Brexit chiaramente scompiglia quelle spiegazioni sociologiche che ritengono irreversibile il declino dell’influenza delle strutture sociali sulla politica”. Anzi, come essi spiegano: “Mentre il 63% di coloro che appartengono alla classe lavoratrice ha votato per l’uscita, solo il 44% degli appartenenti alla classe media ha fatto lo stesso”.

La stima di Evans e Tilley sull’influenza delle classi sociali sul voto per la Brexit è interessante poiché essi stavano già osservando l’esclusione della classe lavoratrice dalla rappresentanza politica quando il voto per la Brexit ha avuto luogo. Essi hanno esaminato i dati sull’astensione e sul ritorno al voto, invece di gestire i numeri per adattarli ai propri pregiudizi, come molti scienziati politici provano a fare e così hanno evidenziato che la maggior parte dell’aumento di affluenza nel referendum è stata dovuta agli elettori della classe lavoratrice che non avevano votato nelle precedenti elezioni.

Il capitolo più interessante del loro studio riguarda il disallineamento tra classe e voto. Contro molte affermazioni, Evans e Tilley spiegano che la rottura tra il voto della classe lavoratrice e il Partito Laburista non è stato un processo lungo e continuo. Piuttosto, essi evidenziano, c’è stata una forte rottura agli inizi del ventunesimo secolo, in particolare con le elezioni del 2001. In accordo con i dati del British Election Survey, il supporto della classe lavoratrice al Partito Laburista è passato dal 60% nel 1962 a poco più del 20% nel 2015, con gran parte della caduta avvenuta da quando Tony Blair ha rinominato il partito “New Labour”.

Evans e Tilley fanno notare che il voto della classe lavoratrice per i laburisti è diminuito così tanto che non è più possibile parlare di una identificazione di classe nel votare il partito e, sebbene avvenuto troppo tardi per essere incluso nel loro studio, nel 2017 il Partito Conservatore ha ottenuto più voti della classe lavoratrice rispetto al Partito Laburista. Riassumendo la tendenza, Evans e Tilley chiariscono che “il voto di classe è stato ampiamente stabile per mezzo secolo dagli anni ‘40 alla metà degli anni ‘90. Le opinioni [dei votanti] sui partiti si mantengono inflessibili e ci vuole un trauma per cambiale. In Gran Bretagna negli anni ‘90 c’è stato tale trauma. Il Partito Laburista ha radicalmente mutato la propria natura e in un breve periodo di tempo ha reso ciò molto ovvio all’elettorato.

Dall’esito delle elezioni generali del 2015 in avanti possiamo notare che i tentativi del Partito Laburista di spostarsi dalla propria base lavoratrice si sono rivelati nel tempo essere controproducenti. Le aspettative elettorali di Ed Miliband si sono infrante quando molti votanti della classe lavoratrice sono rimasti a casa, abbandonandolo. Evans e Tilley sono abbastanza perspicaci nel notare come altri partiti hanno contribuito a sottrarre voti al Partito Laburista. In Scozia, il Partito Nazionale Scozzese (SNP, Scottish National Party - ndt) ha sconfitto il Partito Laburista ed Evans e Tilley evidenziano che lo SNP “ha contato perlopiù sugli elettori della classe media per lo sfondamento”, ma ciò che maggiormente duole [per il Labour - ndt] è che “nel 2015 solo il 34% della classe lavoratrice scozzese ha riconosciuto il Partito Laburista come un partito della classe lavoratrice”. Diversamente da molti studi, Evans e Tilley mostrano, poi, che “sono stati gli elettori della classe lavoratrice ad essere maggiormente attratti dall’UKIP” prima del referendum sulla permanenza nell’UE.

Dal momento che Evans e Tilley affermano con forza che continua ad esserci appartenenza di classe tra i britannici, la questione allora è capire perché si è verificata quella trasformazione politica che ha portato alla contesa del voto della classe media. Questa è la parte meno di successo del loro studio. Essi dicono che la classe media è più numerosa (principalmente per la crescita di quella che chiamano la Nuova Classe Media – per esempio architetti, docenti e dietisti), e la classe lavoratrice è conseguentemente meno numerosa, e per questo motivo i partiti si sono contesi il voto della crescente classe media. Tuttavia, questo sembra dare troppa rilevanza alla altrui spiegazione della decrescente importanza della classe lavoratrice.

Inoltre, Evans e Tilley sembrano aver completamente ignorato il più importante cambiamento nella coscienza della classe lavoratrice: l’appartenenza e la militanza nel sindacato. Questo può essere osservato nella rovinosa caduta delle iscrizioni al sindacato (scese da 13 milioni nel 1979 a 6,2 milioni nel 2016). Ancora più marcata è la diminuzione del ricorso agli scioperi da parte dei lavoratori, una caduta così grande che i giorni persi per scioperi negli anni ‘70 e ‘80 erano fino a cento volte di più di quelli degli anni recenti (27 milioni nel 1984, 29 milioni nel 1979, ma solo 170.000 nel 2015 e 320.000 nel 2016). Questi numeri sono indicativi di un cambiamento che Evans e Tilley non hanno messo in risalto. Ciò ha meno a che fare con la mentalità e l’identificazione rispetto all’attivismo e alla finalità. Quello che le loro statistiche indicano è la continuità nell’identificazione della classe lavoratrice negli anni ma non mostrano che per una sostanziale, anzi principale, parte della classe lavoratrice organizzata essere classe lavoratrice era più di una condizione: era connesso ad un obiettivo, il socialismo.

Più di ogni cambiamento sociologico nella composizione delle suddivisioni occupazionali nella società britannica, è lidentificazione soggettiva con il cambiamento [la rivoluzione - ndt] che mette la classe lavoratrice al centro del contesto politico nella metà del ventesimo secolo. È stato il collasso di un movimento operaio attivo che ha permesso alla combriccola di Tony Blair di riorientare il partito lontano dalla classe lavoratrice verso una base formata dalla classe media.

Evans e Tilley sono interessanti riguardo i valori della classe lavoratrice. Essi vedono la classe lavoratrice come più socialmente conservatrice perché è meno favorevole all’immigrazione rispetto ad altre classi. Ma poi, come essi stessi evidenziano, nessuna classe sociale è così favorevole all’immigrazione. Essi tendono ad incorporare il risentimento contro l’UE a quello contro gli immigrati, ma i loro stessi numeri mostrano che il risentimento contro l’UE è molto più marcato, suggerendo che l’UE era diventata rappresentativa della professionalizzazione della vita pubblica. Tutto sommato, il popolo lavoratore sta diventando molto più liberale di una volta, con un’apertura considerevolmente maggiore verso l’omosessualità rispetto al passato.

Le opinioni di Evans e Tilley sull’abilità degli attuali dirigenti di partito ad essere attraenti verso il popolo dei lavoratori non sono ottimistiche. Essi notano che Jeremy Corbyn dal punto di vista dell’economia è in linea con gli elettori della classe lavoratrice, ma che il suo partito, per quanto riguarda la visione della società, è più vicino alla Nuova Classe Media che alla vecchia classe lavoratrice. Essi pensano, anche, che l’incerta posizione per il Remain del Partito Laburista fallirà nel fare presa sugli elettori della classe lavoratrice. Nonostante la retorica di “una nazione sola” della leader conservatrice Theresa May, essi si domandano se il resto del suo partito è interessato ai voti della classe lavoratrice. Evans e Tilley sono realistici sulla prospettiva che il vecchio sistema dei partiti si appelli agli elettori della classe operaia, ma noi possiamo assumere dalle recenti sconfitte elettorali che la gran massa del popolo lavoratore non è soddisfatta di essere messa da parte.


James Heartfield è autore di vari libri. Il più recente, The British and Foreign Anti-Slavery Society, pubblicato da Hurst Books.

The New Politics of Class: The Political Exclusion of the British Working Class, di Geoffrey Evans e James Tilley, è pubblicato da OUP Oxford.


La versione originale è stata pubblicata su Spiked Review.
Traduzione in italiano di Marco Beccari
http://www.spiked-online.com/spiked-review

24/02/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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