Sciopero generale contro il governo Renzi. E’ solo l’inizio!

Lo sciopero generale del 12/12 ha visto milioni di lavoratori e lavoratrici in lotta e 54 cortei in altrettante città italiane. Tutto ciò non deve segnare la conclusione ma un nuovo inizio della lotta contro il Jobs Act, una lotta che ora deve constrastarne i decreti attuativi, per il ritiro delle indegne misure sul lavoro di questo Governo e per farlo cadere da sinistra.


Sciopero generale contro il governo Renzi. E’ solo l’inizio!

 

Lo sciopero generale del 12/12 ha visto milioni di lavoratori e lavoratrici in lotta e 54 cortei in altrettante città italiane. Tutto ciò non deve segnare la conclusione ma un nuovo inizio della lotta contro il Jobs Act, una lotta che ora deve constrastarne i decreti attuativi, per il ritiro delle indegne misure sul lavoro di questo Governo e per farlo cadere da sinistra. 

Dopo i movimenti per lo sciopero sociale, le lotte dei sindacati di base e lo sciopero dei metalmeccanici della FIOM, alla fine arrivò lo sciopero generale di 8 ore anche della CGIL (e persino della UIL). La grande manifestazione  del 25 ottobre scorso e le accelerazioni di Landini e dei movimenti di lotta sembrano insomma avere messo alle corde il consociativismo e imposto all’agenda della Camusso una mobilitazione contro il governo Renzi, il Jobs Act e la Legge di Stabilità.

Ed è stato un grande sciopero generale, che ha visto un successo ben superiore alle aspettative: adesioni dichiarate del 70% e centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici nei cortei in 54 città di tutta Italia. Non uno sciopero generale prolungato fino al ritiro dei provvedimenti del Governo, ma può essere una giornata da cui ripartire.

La crisi, la disoccupazione, la seria difficoltà a rinunciare a una giornata di salario, non hanno fermato la combattività della classe. Non ne hanno piegato la dignità. Così come non hanno fermato la voglia di manifestare, i tentennamenti precedenti del gruppi dirigente della CGIL, la collusione della CISL col padronato, la propaganda antisciopero dei maggiori mezzi di informazione.

La segretaria generale della CGIL, dal palco di Torino, ha bollato le misure del governo come “un ritorno agli anni ‘20” e ha minacciato di proseguire sul terreno della mobilitazione, se Renzi - come ha già dichiarato -  farà altrettanto nella sua azione di distruzione della contrattazione e dello Statuto dei Lavoratori senza ascoltare le piazze. Contemporaneamente però Camusso ha lanciato ancora un segnale di “dialogo”, sperando in un ritorno alla “concertazione” e chiedendo un confronto col Governo sui decreti attuativi del Jobs Act. Ma la stagione della concertazione ha già portato a esiti disastrosi il movimento dei lavoratori e oggi per fortuna sembra aver fatto il suo tempo, frantumata sugli scogli dell'autoritarismo dei governi delle larghe intese.

Non la pensano comunque allo stesso modo gli strikers dello sciopero sociale che con un blitz al Ministero del Lavoro chiedono le dimissioni del ministro Poletti (coinvolto nello scandalo di “Mafia Capitale” e autore del DL attuativo che precarizza all’infinito i contratti di lavoro), e il ritiro tout court del Jobs Act di cui Poletti stesso è uno degli ispiratori.

Dopo la giornata di sciopero generale deve essere chiaro che l’approvazione parlamentare del Jobs Act non ne conclude affatto la vicenda, perché questa è una legge delega ed ora il Governo deve varare i decreti attuativi. E il movimento si prepara a contrastarlo colpo su colpo anche su questo terreno.

Sappiamo bene che la discesa in campo della Camusso e della CGIL è dettata anche dalle tensioni interne al PD, in cui una parte del gruppo dirigente scalzata dall'attuale capo del Governo, astro nascente del liberismo, cerca di rifarsi utilizzando la leva del rapporto col Sindacato. Per la prima volta, infatti, la CGIL sciopera contro un governo guidato dal partito di “riferimento” ed è proprio questo quadro tradizionale di rapporto subalterno fra Sindacato e PD che la lotta di classe in atto potrebbe travolgere per sempre. Come testimoniano i fischi e le contestazioni dei manifestanti a D'Alema al corteo di Bari.

E sta proprio qui la grande importanza di questo sciopero generale.

La “voglia di sciopero” è cresciuta nella consapevolezza del cosiddetto “popolo della sinistra” dopo che il fumo delle promesse renziane ha cominciato a diradarsi ed è rimasto l’arrosto immangiabile di misure filo-padronali come il Jobs Act, il Decreto Lupi, il Piano Casa, la cancellazione dell’articolo 18 e ora, a quanto pare, anche una nuova stretta sulle pensioni.

La verità è che tra la variegata composizione sociale del moderno proletariato e questo Governo nessuna concertazione è più possibile. Troppo distanti gli interessi del primo dagli obiettivi reazionari del secondo, troppo arrogante e troppo obbediente alla Confindustria e alla BCE.

Questo è il vero centro del problema. La grande giornata di mobilitazione del 12/12 ha un senso di svolta se rappresenterà un punto di rilancio della battaglia per il ritiro delle indegne misure sul lavoro di questo governo e per farlo cadere da sinistra, attraversando lo spazio che si è creato con l’insofferenza montante verso le misure di Renzi e contro i diktat provenienti dalla Germania e dalla BCE.

Uno spazio da riempire subito, con un’opposizione di classe nel Paese, non lasciando nessuna agibilità a Salvini e alle ipotesi populiste e fasciste.

13/12/2014 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Andrea Fioretti

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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