Sono molte le forze politiche a Destra e a Sinistra che vogliono rompere con l'Unione Europea e con l'Euro, ma le prospettive non sono le medesime. Da una parte chi, come il Front National e la Lega Nord, puntano alla mera sovranità nazionale: ovvero la subordinazionae dei loro lavoratori alle diverse borghesie nazionali. Dall'altra la prospettiva della sovranità popolare e quella internazionalista di una nuova ALBA euromediterraea. Una parte importante di questa partita si giocherà il prossimo anno nel nostro paese con il referendum confermativo della contririforma costituzionale di Renzi.
di Stefano Paterna
L'Unione Europea viene avvertita come una gabbia in sempre maggior misura dai popoli che vivono nel suo ambito. Solo che molti soggetti assai diversi tra loro si cimentano intorno al chiavistello per forzarlo: Podemos in Spagna, il Partito Comunista Portoghese, il Front National in Francia, il Movimento Cinque Stelle e la Lega Nord in Italia, l'Ukp britannico di Nigel Farage alleato di Grillo nel Parlamento Europeo, ecc. In qualche misura anche la volontà della Syriza di qualche tempo fa (pre-accettazione del memorandum imposto da Bruxelles e da Berlino) di spezzare l'austerità imposta al popolo greco era il sintomo di un tentativo di cambiare il volto del Vecchio Continente.
Ma se rompere la camicia di forza di un organismo burocratico che impone la recessione forzata (soprattutto ai paesi del Mediterraneo) attraverso strumenti come il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio in Costituzione è ormai una priorità politica, questo elemento non è di per sé sufficiente a delineare l'identità della forza politica che se ne fa promotrice. A dimostrarlo, peraltro, sono innanzitutto i nomi delle organizzazioni appena citate.
Aperta la gabbia se ne può uscire verso Destra o verso Sinistra e le due direzioni si individuano facilmente attraverso le priorità e le parole d'ordine dei diversi soggetti politici: sovranità nazionale o sovranità popolare? I due concetti che spesso ormai vengono usati come sinonimi, in realtà non sono affatto sovrapponibili.
E non lo sono sia per ciò che hanno rappresentato nella storia, sia per la loro declinazione attuale.
La sovranità popolare è collegata strettamente al principio democratico del suffragio universale sancito inequivocabilmente dal combinato disposto della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino francese del 1793 e della Costituzione della Repubblica Francese dello stesso anno: entrambe approvate da quella Convenzione che, composta da Robespierre e Marat, proclamò la Repubblica e vinse l'assalto delle monarchie europee reazionarie.
Al lato opposto c'è la sovranità nazionale, la cui bandiera fu innalzata, non per caso, due anni prima nella moderata e censitaria Costituzione francese del 1791, ispirata dall'abate Sieyés.
Ma venendo ai nostri giorni la divaricazione di prospettive appare più evidente: la Destra politica europea, in salsa francese con le due Le Pen, o ex lombarda e ora troglodito-nazionalista alla Salvini, pesca i suoi consensi anche nella pancia delle classi popolari e dei lavoratori. Settori di proletariato sfiduciati dalle Sinistre più o meno radicali e duramente colpiti dalla crisi economica, si appigliano con disperazione alla demagogia nazionalista del “padroni a casa nostra”. Ma è piuttosto evidente che la casa rimarrà “nostra” solo per chiudere la porta a chi vi sta di fuori, mentre per quel che riguarda l'assenza di diritti e i lavori più faticosi o pericolosi, quelli rimarranno di spettanza dei proletari nostrani anche nel progetto di Europa di queste forze nazionaliste. Se, infatti, i consensi vengono anche dalla pancia e dalla propaganda di uno stato sociale da rilanciare, il cervello di partiti come il Front National, la Lega o Fratelli d'Italia è orientato innanzitutto alla salvaguardia e alla protezione di settori di imprenditoria danneggiati dalla concorrenza estera, dal ruolo sempre più subordinato delle diverse economie nazionali rispetto a quella tedesca e più in generale dalla divisione internazionale del lavoro. Solo entro i limiti dei successi di questi settori di borghesia nazionale verranno ridistribuite le briciole ai propri lavoratori.
Si tratta di una scelta miope e di fiato piuttosto corto che ha in previsione comunque un inevitabile scontro cruento tra i diversi capitalismi nazionali e, ancor prima, la trasformazione delle singole società europee in un'ottica securitaria: xenofoba, tradizionalista, probabilmente anche antisemita e certamente una più profonda subordinazione del ruolo delle donne.
Per questo motivo i comunisti e le sinistre anticapitaliste europee devono rialzare di nuovo la bandiera della sovranità popolare da tempo gettata nel fango dalle forze politiche dominanti in Europa che siano di Centro-sinistra o di Centro-destra. Ma per farlo devono ripulire questa consegna da ogni parvenza di sudiciume nazionalista. La rottura con l'Unione Europea e con la sua moneta Euro non può che avvenire sulla base della ricostruzione di una sovranità popolare a livello dei singoli paesi e della difesa delle diverse costituzioni antifasciste nate dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ma la nostra prospettiva rimane internazionalista e innanzitutto aperta alla collaborazione con i partiti comunisti e di Sinistra che per primi riusciranno in quello in cui Syriza ha fallito: rompere la gabbia dell'Ue. Il passo immediatamente successivo è quello di costruire un'area euromediterranea di integrazione democratica, economica e culturale dei popoli: una nuova ALBA che risponda all'Alleanza Bolivariana per la quale tanto si è speso il presidente Chavez.
I compiti che ci aspettano sono molti e richiedono, tanto per cambiare, tutta la capacità di lavoro e di impegno di cui solo i comunisti sanno dare prova nei momenti storici decisivi. Il prossimo anno ci aspetta la battaglia sul referendum confermativo contro la riforma voluta dal giovane Renzi per stravolgere la Costituzione. Quello sarà il primo banco di prova per la parola d'ordine della sovranità popolare. Ma anche in caso di vittoria sarà necessario rimettere in campo energie e intelligenze per rilanciare un nuovo modello di democrazia partecipativa e diretta (con meccanismi che possano includere ad esempio il ritiro del mandato da parte degli elettori) di cui si possono solo abbozzare i profili, ma che di certo includa il rilancio di un modello elettorale proporzionale.